Il ministro israeliano estremista che sta ridisegnando la Cisgiordania
Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze, sta usando leggi e procedimenti burocratici per impedire a ogni costo la nascita di uno stato palestinese
Negli scorsi mesi, mentre era in corso la guerra nella Striscia di Gaza, il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich è riuscito a espandere in maniera decisa l’influenza e il controllo di Israele sulla Cisgiordania, un territorio che secondo la comunità internazionale appartiene ai palestinesi ma che Israele controlla quasi per intero.
Grazie alle pressioni di Smotrich e di altri estremisti ebraici, il governo israeliano di Benjamin Netanyahu ha aumentato in maniera eccezionale la legalizzazione, l’approvazione e la costruzione di nuove colonie israeliane in Cisgiordania, con l’obiettivo esplicito di rendere impossibile la creazione di uno stato palestinese.
Smotrich è il leader del Partito Sionista Religioso, un minuscolo partito radicale che ha appena sette seggi nel parlamento israeliano ma che è essenziale per la tenuta del fragile governo di Netanyahu. Smotrich sta usando abilmente le leggi esistenti e le procedure burocratiche per aumentare il controllo israeliano sulla Cisgiordania, requisire territorio palestinese, legalizzare le colonie illegali e portare avanti quella che lui stesso ha definito una «vittoria tramite colonie», cioè un’annessione di fatto della Cisgiordania a Israele che non passi per vie diplomatiche ma per un controllo capillare del territorio.
La Cisgiordania è un territorio che, agli occhi della comunità internazionale, appartiene ai palestinesi, e che assieme alla Striscia di Gaza dovrebbe costituire la base di un futuro stato palestinese. Nonostante questo, la Cisgiordania è in gran parte controllata da Israele e sottoposta a un sistema legislativo separato da quello israeliano. Le colonie sono insediamenti abitativi che da decenni vengono costruiti da israeliani con l’obiettivo di impossessarsi di quanto più territorio possibile della Cisgiordania. Israele ha in parte incoraggiato e approvato la costruzione di colonie, anche se distingue tra colonie legali, costruite con l’approvazione dello stato, e colonie illegali, cioè costruite su iniziativa di gruppi israeliani spesso estremisti.
Per la gran maggioranza della comunità internazionale, tutte le colonie israeliane in Cisgiordania sono illegali.
Benché il termine possa far pensare a insediamenti temporanei, le colonie sono in realtà piccole città, con costruzioni in muratura, infrastrutture e giardini. Anche quelle illegali sono spesso dotate di tutte le infrastrutture, come acqua corrente ed elettricità, fornite senza grosse obiezioni dallo stato israeliano.
Benjamin Netanyahu, che ha governato Israele in varie fasi dal 1996 e per un totale di 16 anni finora, è sempre stato favorevole alle colonie e alla loro espansione, a cui ha contribuito attivamente. Ma alla fine del 2023 Netanyahu è diventato primo ministro del governo più di estrema destra della storia del paese, la cui maggioranza dipende dal sostegno di partiti ultraortodossi, nazionalisti ed estremisti. Alcuni noti politici radicali hanno ottenuto posti di prestigio e potere nel governo, e hanno iniziato a usarli per cambiare dall’interno le politiche israeliane. Smotrich è ministro delle Finanze e al tempo stesso sottosegretario alla Difesa, e la combinazione di queste due cariche gli dà enormi poteri sulla gestione delle colonie.
Smotrich ha ottenuto il suo ultimo successo questa settimana, quando è riuscito a ottenere l’approvazione dal governo di una nuova grande colonia israeliana in Cisgiordania, che sarà costruita interamente su territorio patrimonio dell’UNESCO.
Festeggiando l’autorizzazione della nuova colonia, Smotrich ha scritto su X: «Continueremo a combattere l’idea pericolosa di uno stato palestinese e a creare fatti sul terreno». Con «fatti sul terreno» intende l’idea di creare condizioni tali in Cisgiordania da rendere impossibile la creazione di uno stato palestinese. «Questo è l’obiettivo della mia vita», ha aggiunto Smotrich.
Da quando Smotrich è al governo, le autorità israeliane hanno approvato la costruzione di 12 mila nuove case di coloni in 18 mesi, contro le 8 mila approvate nei due anni precedenti. Il governo ha aumentato inoltre i sequestri di territorio palestinese e la legalizzazione di colonie precedentemente considerate illegali.
Il suo successo più importante, tuttavia, Smotrich l’ha ottenuto a giugno, quando è riuscito a trasferire grosse responsabilità della gestione della Cisgiordania dall’autorità militare (che amministrava la regione in quanto sotto occupazione) a un’autorità civile all’interno del ministero della Difesa, che è stata messa sotto il controllo di un suo stretto alleato ed ex colono, Hillel Roth. Trasferire l’amministrazione di ampi poteri in Cisgiordania a un’autorità civile (soprattutto se gestita da estremisti ebraici) consente di rendere più facile e rapida l’approvazione e la costruzione di nuove colonie, di infrastrutture, di barriere in territorio palestinese.
Grazie a provvedimenti burocratici come questo Smotrich è riuscito a cambiare profondamente la gestione delle colonie, in una maniera pianificata e intenzionale. Durante una conferenza tenuta a giugno, che sarebbe stata a porte chiuse ma di cui una ong israeliana ha ottenuto un audio, Smotrich ha detto che il suo obiettivo è generare «cambiamenti strutturali che modifichino il DNA del sistema per molti, molti anni», e che per farlo è necessario «immergere [le misure] nel contesto legale e politico, in modo che non si possa dire che stiamo facendo un’annessione» della Cisgiordania.
La Cisgiordania fu conquistata militarmente da Israele nel 1967, durante la Guerra dei sei giorni, e rimase sotto occupazione militare per quasi trent’anni. Tra il 1993 e il 1995 gli accordi di pace di Oslo tra israeliani e palestinesi stabilirono la divisione della Cisgiordania in tre aree: un’area A (18 per cento del territorio), sotto il controllo dell’Autorità palestinese, un’area B (22 per cento del territorio) sotto un controllo condiviso palestinese-israeliano e un’area C (60 per cento del territorio) sotto il controllo dell’esercito israeliano. L’accordo prevedeva che Israele avrebbe ceduto «gradualmente» tutto il territorio ai palestinesi, ma questo non è avvenuto, anzi: oggi Israele esercita un potere quasi completo sul territorio e i cittadini palestinesi sono soggetti alla legge militare israeliana nella quasi totalità della Cisgiordania.
L’espansione israeliana in Cisgiordania, oltre che tramite l’occupazione militare, si è servita anche di strumenti burocratici: a partire dal 1967 Israele ha istituito parchi naturali nelle regioni abitate da palestinesi per impedire l’ampliamento dei loro insediamenti, ha dichiarato aree militari ampie porzioni di territorio, ha costruito barriere e piazzato checkpoint per limitare la libertà di spostamento, e soprattutto ha autorizzato la costruzione di centinaia di colonie.
La questione delle colonie è complicatissima, ma semplificando molto si può dire così: fino alla metà degli anni Novanta Israele incoraggiò attivamente e sostenne la fondazione di colonie in Cisgiordania, che molto spesso erano piazzate strategicamente per interrompere la contiguità territoriale degli insediamenti palestinesi e per controllare le migliori risorse naturali. A partire dal 1996 il governo interruppe la costruzione di nuovi insediamenti, ma continuò implicitamente a sostenere quelli illegali. Di recente il governo Netanyahu ha abbandonato questa politica, è tornato a sostenere esplicitamente la costruzione di nuovi insediamenti e ha legalizzato migliaia di colonie illegali.
I coloni occupano spesso i territori della Cisgiordania con la violenza, monopolizzando per esempio la gestione delle fonti d’acqua, oppure circondando con i propri insediamenti i campi e le case dei palestinesi, isolandoli e costringendoli a spostarsi. Molto spesso sono sostenuti e difesi dall’esercito. Oggi i coloni in Cisgiordania sono circa 500 mila, più altri 200 mila a Gerusalemme est.
Dopo l’inizio della guerra a Gaza sono aumentati gli scontri armati anche in Cisgiordania, molti dei quali sono stati messi in atto da coloni che hanno attaccato insediamenti palestinesi. Dall’inizio della guerra a oggi in Cisgiordania sono stati uccisi almeno 600 palestinesi e 18 israeliani.