70 anni di Sports Illustrated, che rischiava di non arrivarci
Nacque nel 1954 e cambiò il giornalismo sportivo, diventando un simbolo della cultura pop statunitense: di recente è scampata a una grave crisi finanziaria
Il 16 agosto del 1954, settant’anni fa, fu esposta per la prima volta nelle edicole americane una rivista sportiva destinata ad avere una popolarità enorme: Sports Illustrated. Costava 25 centesimi e aveva in copertina la foto di una partita di baseball tra i Milwaukee Braves e i New York Giants giocata nel giugno di tre anni prima. L’aveva scattata il fotografo sportivo Mark Kauffman, e raffigurava tre giocatori di baseball in delle pose ormai molto familiari agli appassionati: il terza base dei Braves Eddie Mathews in fase di battuta, il ricevitore dei New York Giants Wes Westrum e l’arbitro Augie Donatelli.
Negli anni successivi Sports Illustrated sarebbe diventata la rivista di sport più famosa al mondo e più in generale un simbolo della cultura pop statunitense. Sports Illustrated continua a uscire ancora oggi, anche se con una periodicità diversa (mensile, e non più settimanale) e con una disponibilità di risorse molto ridotta rispetto al passato, dovuta anche a un lungo stato di crisi che a gennaio era culminato nel licenziamento di 110 persone tra redattori e dipendenti della rivista. In quel momento sembrò che la rivista potesse smettere di essere pubblicata, almeno in formato cartaceo, ma poi a fine marzo una nuova società era riuscita a ottenere la licenza per la pubblicazione di Sports Illustrated e da allora le cose sono cambiate.
Sports Illustrated nacque da un’iniziativa del giornalista statunitense Stuart Scheftel, che nel 1936 aveva creato un’omonima rivista dedicata allo sport, ma con un taglio molto differente: usciva una volta al mese e si occupava principalmente di attività per il tempo libero (soprattutto la pesca) e di sport che ai tempi avevano un seguito molto circoscritto come la boxe, il tennis e soprattutto il golf, praticato professionalmente dallo stesso Scheftel.
Diciott’anni dopo decise di adottare dei cambiamenti per creare un nuovo Sports Illustrated, dedicato a un pubblico generalista e quindi incentrato sugli sport più seguiti negli Stati Uniti, ossia il baseball, il basket e il football americano. Il primo sconvolgimento fu la scelta di adottare una periodicità diversa e di pubblicare la rivista settimanalmente. L’intuizione di Scheftel fu un successo: le poche riviste sportive che uscivano in quel periodo avevano una periodicità mensile, e di conseguenza seguivano i principali eventi in modo molto discontinuo. Sports Illustrated invece usciva ogni settimana, e in questo modo riusciva a intercettare il pubblico che voleva leggere notizie o approfondimenti sportivi con una certa regolarità.
Inoltre, Scheftel si premurò che la rivista fosse non soltanto interessante da leggere, ma anche piacevole da sfogliare e bella da guardare. Fin dalla sua prima uscita Sports Illustrated si distinse infatti per le sue peculiarità estetiche, come l’inserimento di foto a colori e la grande attenzione nella scelta della copertina, che veniva affidata stabilmente a fotografi di grande talento e inventiva come Heinz Kluetmeier, John Iacono, John G. Zimmerman e Robert Beck, oggi considerati tra i più importanti del settore.
L’altra grande intuizione di Scheftel fu quella di studiare delle iniziative editoriali in grado di generare una certa attenzione attorno alla rivista, come per esempio le classifiche e i premi. Ogni anno dal 1954 Sports Illustrated sceglie lo “Sportivo dell’anno”, una specie di riconoscimento con cui la rivista premia l’atleta che considera più influente in una particolare annata. Il primo a riceverlo fu il mezzofondista inglese Roger Bannister, che nel 1954 divenne il primo uomo a correre un miglio piano (circa un chilometro e mezzo) in meno di quattro minuti. L’ultimo a ricevere il riconoscimento, in ordine di tempo, è stato l’ex giocatore di football Deion Sanders.
Negli anni al premio per lo “Sportivo dell’anno” sono stati affiancati altri riconoscimenti che hanno contribuito ad aumentare la popolarità di Sports Illustrated. Nel 1999 per esempio rivista nominò il pugile Muhammad Ali “Sportivo del secolo”, mentre nel 2009 e nel 2019 pubblicò delle classifiche dedicate ai 20 migliori sportivi di ciascun decennio.
Dal 1964 Sports Illustrated pubblica anche la cosiddetta Swimsuit Issue, ossia un numero speciale che viene pubblicato ogni anno e che, come suggerisce il nome, è contraddistinto dal fatto di avere in copertina la foto di una modella in costume da bagno. La Swimsuit Issue fu introdotta per la prima volta da André Laguerre, che fu direttore di Sports Illustrated tra il 1960 e il 1974 e che ebbe un ruolo fondamentale nel determinare l’identità della rivista.
Per una trentina d’anni la Swimsuit Issue ebbe grande successo, ma dall’inizio degli anni Duemila ha iniziato a essere sempre più criticata. È considerata un’iniziativa fondamentalmente sessista, che restituisce un’immagine stereotipata delle donne e dell’estetica femminile: questo perché, per molti anni, le donne che finivano in copertine venivano fotografate solo seminude o in pose ammiccanti. Anche per questo motivo, negli ultimi anni Sports Illustrated ha provato a cambiare la percezione del pubblico verso la Swimsuit Issue con alcune iniziative editoriali in controtendenza rispetto al passato: per esempio, l’edizione del 2024 aveva in copertina la conduttrice 69enne Gayle King.
Recentemente Sports Illustrated ha avuto anche molte traversie editoriali che ne hanno minacciato l’esistenza: il suo editore originale, ovvero il grande gruppo che pubblicava il settimanale Time, era stato acquistato nel 2017 dalla società editoriale Authentic Brands Group, che poi aveva venduto Sports Illustrated a un’altra azienda interessata a sfruttarne il brand, la quale a sua volta aveva affidato la pubblicazione della rivista a un gruppo editoriale minore, Arena Group. Tutti questi passaggi non avevano giovato alla rivista: a gennaio del 2024 Arena Group – a sua volta in grosse difficoltà finanziarie – non aveva pagato la sua licenza di pubblicazione alla società proprietaria, che gliel’aveva quindi revocata.
A questo sviluppo era seguito prima il licenziamento di gran parte dei giornalisti e dipendenti di Sports Illustrated e poi, a marzo, l’annuncio alla redazione che la rivista avrebbe smesso di essere stampata, e che quindi avrebbe continuato l’attività soltanto online. Non successe, perché sempre a marzo fu sottoscritto un accordo con cui Authentic Brands Group affidò i diritti editoriali della rivista a Minute Media, una società di media digitali focalizzata sullo sport. Non è chiaro quale sia lo stato di salute finanziaria attuale della rivista: a marzo Minute Media aveva detto di avere intenzione di «espandere globalmente» Sports Illustrated, e di volerne differenziare i contenuti puntando soprattutto sulla pubblicazione di brevi video. Aveva anche detto che, entro la fine dell’anno, avrebbe riassunto una parte dei dipendenti licenziati da Arena Group.