Il caso di una specializzanda stuprata e uccisa in ospedale che sta causando grosse proteste in India
Mercoledì a Calcutta e in diverse altre città decine di migliaia di persone hanno manifestato contro la violenza di genere
Mercoledì sera a Calcutta, nello stato indiano del Bengala occidentale, decine di migliaia di persone (in gran parte donne e ragazze, ma anche uomini) hanno partecipato a una manifestazione contro la violenza di genere. La marcia è stata organizzata in reazione a un omicidio molto violento avvenuto sempre a Calcutta negli scorsi giorni, e sul quale da giorni vanno avanti varie forme di protesta: nella notte tra giovedì 9 e venerdì 10 agosto una specializzanda trentunenne era stata stuprata e uccisa nell’ospedale in cui lavorava.
La famiglia della donna, di cui non è stato diffuso il nome, ha detto di aver inizialmente ricevuto una chiamata dal grosso ospedale pubblico in cui la donna lavorava, il RG Kar Medical College and Hospital, in cui dicevano di aver trovato il suo cadavere e sostenevano che probabilmente si era suicidata. Stando alle testimonianze delle ultime persone che l’avevano vista, dopo un turno di 36 ore la donna era andata in una sala seminari dell’ospedale per dormire, dato che non c’era un’area di riposo designata: la mattina dopo era stata trovata morta lì.
Quando la famiglia era arrivata in ospedale aveva dovuto aspettare ore prima di poter vedere il corpo della donna e poi per ottenere un’autopsia: i risultati dell’autopsia si conoscono perché sono stati poi descritti dalla famiglia stessa in un rapporto consegnato alle autorità e il cui contenuto è stato diffuso sui giornali. Secondo l’autopsia la donna sarebbe stata strangolata dopo «un attacco brutale e violento», aveva ferite alle orecchie che suggerivano che potesse essere stata imbavagliata, morsi sul collo e le gambe «divaricate di 90 gradi» in un modo innaturale e forzato. L’autopsia dice anche che nel suo corpo è stata trovata una quantità di sperma tale da far pensare a uno stupro di gruppo.
La polizia del Bengala occidentale nel weekend ha arrestato un uomo che lavorava come volontario nell’ospedale, che aveva accesso a gran parte della struttura. L’uomo era stato accusato in passato di violenza da altre donne. Secondo la famiglia però le autorità non starebbero facendo abbastanza per cercare altri potenziali responsabili, benché ci siano secondo loro sufficienti indizi da far pensare che il crimine sia stato commesso da più persone.
La grande marcia di mercoledì sera a Calcutta è stata organizzata per sostenere la famiglia, chiedere un maggiore impegno della giustizia in questo caso e protestare contro i molti casi di violenza documentati sia nei confronti delle donne che nei confronti delle persone che lavorano nel settore della sanità pubblica nel paese. Nel 2022, secondo i dati del National Crime Records Bureau indiano, in India sono stati denunciati in media 90 stupri al giorno. È probabile che la cifra reale sia molto più alta, dato che le violenze sessuali vengono denunciate meno di altri tipi di crimini per via di un diffuso stigma, paura di ritorsioni e scarsa fiducia negli agenti delle forze dell’ordine, che in passato sono più volte stati responsabili di stupri nei confronti delle donne che andavano in commissariato a denunciare.
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Le operatrici e gli operatori sanitari in India sono particolarmente soggetti a casi di violenza, sessuale o meno: l’anno scorso nello stato del Kerala un’altra specializzanda di 23 anni era stata pugnalata a morte con forbici chirurgiche da un paziente. Il caso più noto però risale al 1973 ed è quello di Aruna Shanbaug, un’infermiera di un importante ospedale di Mumbai che venne violentata e strangolata da un inserviente nell’ospedale in cui lavorava e che è rimasta in stato vegetativo per via dei gravi danni cerebrali riportati fino alla sua morte, nel 2015.
Mercoledì sera decine di migliaia di infermiere, dottoresse, ragazze e donne di ogni età hanno marciato a Calcutta e in numero minore in varie altre città del paese, utilizzando lo slogan “Reclaim the night” (traducibile più o meno come “riappropriamoci della notte”), nato nel contesto del movimento di liberazione delle donne nel Regno Unito tra gli anni Settanta e gli anni Novanta e poi adottato dai movimenti femministi di vari paesi per rivendicare il diritto delle donne di esistere e sentirsi sicure negli spazi pubblici, anche di notte.
La marcia è stata in larga parte pacifica, pur utilizzando a tratti toni molto duri: vari cartelli chiedevano per esempio la castrazione e la pena di morte per i responsabili di stupro. Un piccolo gruppo di uomini non identificati ha però fatto irruzione nell’ospedale dove è stata uccisa la specializzanda e ha saccheggiato l’ala dedicata al pronto soccorso. In città ci sono stati piccoli scontri con la polizia, che ha sparato gas lacrimogeni sulla folla, e sono state danneggiate alcune auto.
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