Sono iniziati i nuovi colloqui per un cessate il fuoco a Gaza, ma Hamas non c’è
Sono visti come molto urgenti per via delle crescenti tensioni tra Israele e Iran, ma diversi fattori suggeriscono che difficilmente saranno risolutivi
Giovedì a Doha, in Qatar, sono iniziati nuovi colloqui per trovare un accordo che porti a un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. I negoziati vanno avanti da mesi, ma fin qui hanno concluso poco: su questi nuovi colloqui c’è da una parte una grande attenzione, per via delle crescenti tensioni tra Israele e Iran nelle ultime settimane, e dall’altra grande incertezza sulla possibilità che possano effettivamente portare a qualcosa, soprattutto perché Hamas ha deciso di non partecipare.
Ai colloqui partecipa invece Israele, insieme alle delegazioni dei paesi che ormai da mesi stanno lavorando come mediatori: gli Stati Uniti, che portano avanti maggiormente gli interessi di Israele, e il Qatar e l’Egitto, che invece rappresentano gli interessi di Hamas. L’incertezza sui colloqui comunque non dipende solo da Hamas: nelle negoziazioni di questi mesi anche Israele ha mantenuto una posizione molto rigida e poco aperta a compromessi.
Il motivo per cui questa fase dei negoziati è percepita come molto urgente sono gli avvenimenti delle ultime settimane: a fine luglio Israele ha ucciso il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, e da giorni ci si aspetta che l’Iran – che sostiene e finanzia Hamas – attacchi in qualche modo Israele come ritorsione per quell’omicidio. Oltre che dall’Iran peraltro ci si aspettano azioni militari anche da parte di Hezbollah, gruppo radicale libanese alleato dell’Iran di cui sempre in queste settimane Israele ha ucciso uno dei leader.
I negoziatori sperano insomma che un accordo per il cessate il fuoco possa ritardare o almeno mitigare l’attacco iraniano, che gli Stati Uniti ritengono probabile avvenga proprio in questa settimana. Un attacco di questo genere verosimilmente provocherebbe un’ulteriore risposta da parte di Israele e un pericoloso allargamento della guerra nella regione. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha detto che si aspetta che una tregua a Gaza possa contribuire a ridurre le tensioni ed evitare un attacco da parte dell’Iran. Alcuni funzionari iraniani che hanno chiesto di restare anonimi hanno detto a Reuters che l’Iran sarebbe disposto a evitare nuove tensioni o a moderare molto la propria risposta, se fosse trovato un accordo per il cessate il fuoco.
L’assenza di Hamas da questi colloqui era stata annunciata alcuni giorni fa da Ahmad Abdul Hadi, un funzionario di Hamas in Libano, ed è stata poi confermata da vari altri rappresentanti del gruppo. Abdul Hadi l’aveva motivata dicendo che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu «non è interessato a raggiungere un accordo che ponga completamente fine all’aggressione, ma sta ingannando ed eludendo e vuole prolungare la guerra, e perfino espanderla a livello regionale».
Il fatto che Hamas non partecipi lascia quindi un certo scetticismo su queste negoziazioni, ma allo stesso tempo non va necessariamente visto come una completa indisponibilità a trattare e non significa che i colloqui non serviranno a niente: dall’inizio della guerra i leader di Hamas non hanno mai incontrato quelli israeliani, ma si sono sempre affidati alla mediazione del Qatar e dell’Egitto, che quindi possono essere legittimamente visti come rappresentanti della posizione di Hamas. Lo stesso Abdul Hadi ha detto che, pur non partecipando, Hamas è disposta a dialogare sulla base delle eventuali proposte che usciranno dalle trattative a Doha. Un funzionario che sta lavorando ai negoziati ha detto al Washington Post che Hamas ha fatto sapere al gruppo di negoziatori di essere disposta a incontrarli, se dai colloqui emergerà una posizione di Israele ritenuta accettabile.
La base di accordo su cui si sta lavorando è ancora quella proposta da Biden lo scorso maggio, che prevedeva un cessate il fuoco di sei settimane con un rilascio graduale degli ostaggi israeliani da parte di Hamas e un ritiro delle truppe israeliane dalle zone popolate della Striscia di Gaza. In base a questo accordo inoltre Israele dovrebbe permettere il ritorno al nord dei civili palestinesi scappati nel sud della Striscia per evitare i bombardamenti israeliani.
Durante l’ultima sessione di negoziazioni a giugno, che si era tenuta a Roma, il governo israeliano si era imposto per mantenere il controllo a tempo indeterminato di una zona cuscinetto al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, e aveva imposto nuove onerose condizioni al rientro dei civili nel nord della Striscia. Sono entrambe posizioni che Hamas ritiene inconciliabili con le proprie.
L’uccisione di Haniyeh ha cambiato molto le cose sui negoziati anche da un punto di vista decisamente pratico: negli ultimi mesi infatti era stato il più importante negoziatore palestinese nelle trattative per un cessate il fuoco, a cui aveva anche partecipato di persona. Ora non solo non c’è più Haniyeh a negoziare, ma al suo posto il leader di Hamas è diventato l’intransigente capo militare Yahya Sinwar, che è nascosto da mesi nei tunnel sotto alla Striscia di Gaza. È insomma anche possibile che al momento Hamas non possa presentare qualcuno che vada a negoziare con la sufficiente autorità a nome di tutto il gruppo.