La megattera più anziana del mondo ha un’età sorprendente

Fu avvistata per la prima volta nel 1972 e al contrario di molti altri esemplari è sopravvissuta alla caccia, alle navi e al cambiamento climatico, inaspettatamente

Una megattera vicino a Cabo San Lucas, nel sud della Baja California, il 26 febbraio del 2024
(REUTERS/ Carlos Perez Gallardo)
Una megattera vicino a Cabo San Lucas, nel sud della Baja California, il 26 febbraio del 2024 (REUTERS/ Carlos Perez Gallardo)
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Che le megattere potessero vivere fino a oltre cinquant’anni finora era stato solo ipotizzato, ma adesso ce n’è la prova. A luglio il ricercatore di cetacei all’Università delle Hawaii Adam A. Pack ha individuato durante una spedizione nel sud dell’Alaska quella che si ritiene essere la più anziana megattera vivente di cui si abbia traccia: è un maschio, viene chiamato Old Timer, che si può tradurre come “veterano”, ed era stato avvistato per la prima volta nel 1972.

Come ha spiegato il New York Times, è sorprendente che sia vissuto così a lungo, visto che qualche decennio fa la popolazione mondiale della specie era stata decimata soprattutto dalla caccia, e che in anni recenti molti altri esemplari non sono sopravvissuti alle diverse minacce a cui sono stati esposti: come il transito delle navi, le reti per la pesca a strascico in cui spesso rimangono impigliati, e poi il cambiamento climatico e le grandi ondate di calore che negli ultimi anni hanno ucciso molti uccelli e mammiferi marini, comprese le megattere.

Le megattere (Megaptera novaeangliae) sono grandi cetacei diffusi in tutti gli oceani. Si cibano di pesci e piccoli crostacei (krill) in acque fredde, mentre per la riproduzione si spostano in quelle tropicali o subtropicali. Hanno una lunghezza che va dagli 11 ai 17 metri e possono pesare fino a 40 tonnellate; non sono dotate di denti, bensì di una specie di frange, dette fanoni, che servono per filtrare acqua e cibo.

Un po’ come tutti i cetacei sono difficili da individuare, osservare e studiare, ma si riescono a distinguere grazie ad alcune loro caratteristiche fisiche: in particolare la colorazione del corpo e le cicatrici o i bordi frastagliati della pinna caudale, quella che alcuni pesci hanno sulla coda e che li aiuta a spostarsi nell’acqua. È proprio grazie al confronto tra le foto d’archivio e quelle scattate a luglio nelle acque del Frederick Sound, un fiordo nel sud dell’Alaska, che Pack può dire di aver visto Old Timer. La sua coda è quasi del tutto nera, con una serie di pigmenti bianchi verso le estremità, ed è la stessa che sempre Pack aveva visto nel 2015 nelle acque di Petersburg, non lontano da Frederick Sound.

Considerando che quando era stato visto per la prima volta era già sviluppato, deve avere almeno 53 anni: questo rende Old Timer «la più vecchia megattera di cui si abbia notizia al mondo» ha detto Pack, che è co-fondatore e presidente del Dolphin Institute, un’organizzazione non profit che si occupa di cetacei.

Old Timer era stato fotografato per la prima volta nel 1972 nel canale di Lynn, a nord di Juneau, la capitale dell’Alaska, e fa parte di un gruppo che trascorre l’inverno nella zona delle Hawaii e l’estate nel nord-est dell’oceano Pacifico. I cetacei di quest’area sono studiati fin dagli anni Settanta grazie al lavoro di Louis Herman, autore delle migliaia di fotografie che nel tempo hanno permesso ad altri scienziati di individuare gli animali e osservare i loro comportamenti e le loro rotte migratorie.

Pack, un ex studente di Herman, ha definito il nuovo avvistamento «rincuorante», perché potrebbe significare che anche le megattere più anziane riescono a essere resilienti.

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Al momento secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura – l’ente riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione – esistono circa 84mila individui di megattera, e la popolazione della specie è in crescita. Tuttavia la maggior parte di quelle che ci sono in giro oggi è nata alla fine degli anni Ottanta, quando a causa della caccia erano arrivate a essere meno del 10 per cento di quante fossero nell’Ottocento, correndo il rischio di estinguersi.

Negli ultimi decenni la popolazione è tornata ad aumentare principalmente per due ragioni. La prima è l’introduzione di una moratoria alla caccia alle balene per fini commerciali che è tuttora in vigore (con l’eccezione di Islanda, Norvegia e Giappone, per fattori storici e culturali). La seconda, almeno in parte, è il riscaldamento globale, che ha aumentato di circa 80 giorni il periodo dell’anno in cui il mare è senza ghiaccio e quindi gli animali possono trovare cibo più facilmente (in parte, appunto: gli effetti più estremi del cambiamento climatico continuano a essere molto dannosi anche per loro).

In questi anni Pack e altri ricercatori hanno sfruttato uno strumento di riconoscimento messo a disposizione da una piattaforma che raccoglie più di un milione di foto per analizzare l’andamento della popolazione di megattere nel Pacifico settentrionale. Nel 2012 nell’area erano stati individuati circa 33.500 individui, in aumento rispetto a quando il progetto era cominciato, nel 2002. Tra il 2012 e il 2016 tuttavia è stato notato un declino che finora gli scienziati si sono spiegati con una serie di estati in cui l’acqua dell’oceano aveva temperature più alte della norma.

Ted Cheeseman, uno dei fondatori della piattaforma e coinvolto nelle ricerche, ha detto che il fenomeno deve ancora essere approfondito, ma che in generale «se l’acqua è più calda vuol dire che c’è meno cibo disponibile, e che quello che c’è è più sparso e più in profondità». La situazione sembra essere preoccupante soprattutto alle Hawaii, dove nel 2021 la popolazione di megattere era calata del 34 per cento rispetto al 2013. Tornando a Old Timer, una delle ipotesi di Pack è che «sia stato in giro abbastanza a lungo da riuscire ad adattarsi quando le risorse di cibo sono limitate»: non è comunque chiaro se si possa dire lo stesso anche per altre megattere.