Un’altra Olimpiade senza medaglie d’oro per l’India
Il paese più popoloso al mondo a Parigi 2024 ha vinto solo 6 medaglie e non è mai riuscito ad avere successo ai Giochi olimpici: perché?
Uno degli aspetti che risaltano maggiormente osservando il medagliere delle Olimpiadi di Parigi, che si sono concluse la scorsa domenica, è il basso numero di medaglie ottenute dall’India: ne ha vinte soltanto 6, nessuna delle quali d’oro. È un dato notevole, soprattutto se si considera che l’India è il paese più popoloso al mondo (secondo le stime ha superato la Cina nel 2023), in cui vive quasi un miliardo e mezzo di persone. Eppure nel medagliere è arrivata al settantunesimo posto, dietro a paesi con pochi milioni di abitanti, come ad esempio la Georgia.
In realtà, anche se a prima vista può apparire sorprendente, l’insoddisfazione per gli insuccessi degli atleti e delle atlete indiane alle Olimpiadi è abbastanza antica: negli ultimi cinquant’anni l’India ha vinto una medaglia d’oro olimpica soltanto in tre occasioni (Mosca 1980, Pechino 2008 e Tokyo 2020), e i risultati faticano ad arrivare nonostante i frequenti investimenti sullo sport decisi dal governo indiano negli ultimi anni.
Il più grande insuccesso dell’ultima edizione dei Giochi, anche se dovuto a una questione regolamentare e non sportiva, è stato probabilmente quello della lottatrice Vinesh Phogat, che aveva raggiunto la finale della lotta libera femminile dominando il torneo in maniera quasi incontrastata, ma che poi era stata squalificata per aver superato di cento grammi la soglia di peso della sua categoria (50 chili).
Un altro atleta indiano che prima delle Olimpiadi veniva considerato il favorito per vincere l’oro era Neeraj Chopra, che a Tokyo aveva vinto la medaglia d’oro nel lancio del giavellotto e che arrivava a Parigi da campione del mondo nella sua disciplina. Alla fine però è arrivato secondo, perdendo contro il pachistano Arshad Nadeem, che in questo modo è diventato il primo atleta del suo paese a vincere una medaglia d’oro in uno sport individuale. La vittoria di Nadeem è stata percepita come un ulteriore smacco per l’India, vista la grande rivalità sportiva con il Pakistan e i difficili rapporti che i due paesi hanno da più di settant’anni.
Per quanto riguarda gli sport di squadra, a Parigi l’India ha deluso le aspettative anche nell’hockey su prato, uno sport in cui storicamente ha una grande tradizione: 8 delle 10 medaglie d’oro olimpiche che il paese ha vinto in tutta la sua storia provengono da questa disciplina. Fino a una cinquantina d’anni fa l’India era considerata una delle squadre di hockey su prato più forti al mondo, se non la più forte in assoluto, ma dopo l’ultimo successo ai Giochi di Mosca del 1980 ha faticato a ripetersi ed è stata superata da altre squadre nazionali, in particolare dai Paesi Bassi. Alle Olimpiadi di Parigi è arrivata terza, perdendo in semifinale contro la Germania e vincendo la finale per il bronzo contro la Spagna.
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L’entusiasmo è stato risollevato in parte dalle prestazioni della tiratrice Manu Bhaker, che ha disputato un’ottima Olimpiade vincendo due bronzi (nella pistola da dieci metri femminile e a squadre miste) e diventando un simbolo nazionale: è stata infatti la prima tiratrice indiana di sempre a vincere una medaglia olimpica.
Considerando la storia del paese alle Olimpiadi, il bilancio delle medaglie ottenuto ai Giochi di Parigi è comunque tra i migliori di sempre dal punto di vista quantitativo (cioè prendendo in considerazione il totale delle medaglie vinte, a prescindere dal fatto che si tratti di ori, argenti o bronzi): l’India aveva ottenuto 6 medaglie soltanto in un’altra occasione (a Londra, nel 2012) e aveva fatto meglio soltanto tre anni fa a Tokyo, quando ne aveva vinte 7 (di cui una d’oro).
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Dopo la deludente performance ai Giochi di Rio del 2016, in cui l’India ottenne soltanto una medaglia d’argento e una di bronzo, il primo ministro Narendra Modi aveva deciso di investire maggiormente sullo sport con l’obiettivo di formare atleti e atlete più competitivi, anche per promuovere meglio il paese a livello internazionale. Uno dei problemi dello sport indiano è infatti che, storicamente, il sistema sportivo è stato poco sovvenzionato a livello nazionale, ed è stato spesso colpito da alcuni episodi di corruzione. Per esempio, nel 2012 il Comitato olimpico internazionale sospese il Comitato olimpico indiano per non aver rispettato i criteri nell’elezione del suo presidente.
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Come ha detto Rajendra Mal Lodha, ex giudice della Corte Suprema dell’India, sia l’organismo di controllo del cricket (lo sport più popolare nel paese), sia diverse federazioni risentono di problemi di corruzione, nepotismo e poca trasparenza, oltre che della cattiva gestione delle finanze. Più in generale, secondo Lodha il problema è che le leggi che regolamentano gli sport in India non sono molto stringenti e quelle che esistono non vengono applicate in maniera efficace.
Per risolvere questi problemi e riabilitare l’immagine dello sport indiano, negli ultimi anni il governo ha investito risorse importanti: oltre ad aver formato una lega professionistica di kabaddi (un antico sport di contatto molto popolare in diversi paesi del sudest asiatico), ha destinato consistenti fondi allo sviluppo di molte discipline, come per esempio gli sport di tiro. Per rendere l’idea, nel 2008 alle qualificazioni per il tiro a segno prima delle Olimpiadi di Pechino parteciparono 800 persone, mentre a quelle per i Giochi di Tokyo più di ventimila. Questi investimenti hanno migliorato la competitività degli atleti e delle atlete indiane, ma per avere risultati significativi sarà probabilmente necessario aspettare ancora molti anni.
Intervistato dalla CNN, il giornalista sportivo Boria Majumdar, autore del saggio Dreams of a Billion: India and the Olympic Games, ha detto che, quando si parla degli scarsi risultati dell’India alle Olimpiadi, si compie spesso un errore di percezione. Infatti, anche se l’India è il paese più popoloso del mondo, l’accesso allo sport è ancora molto poco egualitario: «Quando la gente dice 1,4 miliardi di persone e solo sei medaglie dice una cosa totalmente sbagliata, perché 1,39 miliardi di persone non hanno accesso alle strutture sportive». Inoltre, ha aggiunto Majumdar, l’India invia molti meno atleti e personale di supporto ai Giochi rispetto alle squadre più competitive come quella statunitense. A Parigi c’erano 117 atleti indiani, mentre quelli statunitensi erano più di 600 (la delegazione italiana invece era composta da poco più di 400 atleti e atlete).
Il saggista Ronojoy Sen, autore di Nation at Play: A History of Sport in India, ha citato altri due fattori, uno culturale e l’altro di giustizia sociale. Il primo ha a che fare con la concezione dello sport in India, che a differenza di altre superpotenze come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina non ha mai considerato le Olimpiadi come un’occasione per affermarsi sul piano internazionale. L’altro riguarda l’accesso agli alimenti. Secondo il Global Hunger Index del 2023, un indice che serve a misurare la fame nel mondo, in India un terzo dei bambini sotto i 5 anni soffre di rachitismo a causa della malnutrizione. In queste condizioni formare una generazione di atleti e atlete competitive è ovviamente difficilissimo, anche perché il regime alimentare ha un’importanza pari all’allenamento.
Un altro motivo delle deludenti prestazioni dell’India alle Olimpiadi è che gli sport più praticati nel paese non sono riconosciuti come discipline olimpiche. Il caso più emblematico è quello del cricket, lo sport antenato del baseball diffuso perlopiù nei paesi del Commonwealth britannico. L’India è con largo distacco il paese in cui questa disciplina è più praticata: organizza il campionato più importante, ha gli atleti più forti ed è la squadra vicecampione del mondo in carica. Ai Giochi di Los Angeles il cricket sarà inserito tra le discipline olimpiche, e verosimilmente l’India punterà moltissimo alla vittoria della medaglia d’oro.