Perché Ferragosto è il giorno di vacanza per eccellenza

Più che l'assunzione di Maria c'entra un servizio di treni istituito dal regime fascista per stimolare il turismo di massa 

Una spiaggia vista dall'alto il 15 agosto 2021, a Siracusa 
(Fabrizio Villa/Getty Images)
Una spiaggia vista dall'alto il 15 agosto 2021, a Siracusa (Fabrizio Villa/Getty Images)
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Ferragosto, che cade ogni anno il 15 agosto, è il giorno festivo più noto delle estati italiane. È una festa religiosa cattolica, in cui si celebra l’Assunzione in cielo di Maria, la madre di Gesù. Ma in Italia Ferragosto è diventato il giorno di riposo estivo per una ragione slegata dalla Chiesa: un servizio di treni istituito durante il regime fascista per favorire il turismo di massa, inaugurato nell’agosto nel 1931.

Il servizio si chiamava Treni speciali celeri per servizi festivi popolari ma è più noto come Treni popolari, o Treni popolari di Ferragosto, ed è considerata la prima iniziativa pubblica per stimolare il turismo di massa in Italia.

Fu inaugurato il 2 agosto del 1931 per iniziativa del ministero delle Comunicazioni, allora guidato da Costanzo Ciano, che era anche il consuocero di Benito Mussolini (l’anno prima suo figlio Galeazzo aveva sposato la figlia di Mussolini, Edda). Il servizio collegava una serie di città italiane con partenze a intervalli regolari per tutto il periodo estivo e a prezzi calmierati: per il regime fu un modo di guadagnare consensi in maniera tutto sommato facile, perché permise a molte persone non ricche di prendersi una vacanza (durante il fascismo il sistema economico italiano rimase modesto e arretrato, mentre aumentarono le disuguaglianze economiche).

Quello sul turismo ferroviario è un ambito di studi poco conosciuto. Generalmente, nel sapere comune, si tende ad attribuire al fascismo il merito di aver dotato l’Italia di una rete ferroviaria articolata e funzionante: in realtà una rete ferroviaria piuttosto estesa era già stata realizzata con vari investimenti e progetti dalla fine dell’Ottocento in poi. Anche a fini turistici: fu proprio alla fine dell’Ottocento che nacquero realtà come il Touring Club o il Club Alpino Italiano, così come le guide turistiche (una delle più note dell’epoca fu scritta da Carlo Collodi, l’autore di Pinocchio) e le edicole nelle ferrovie.

– Leggi anche: Cosa c’è al piano di sopra delle piccole stazioni?

Il turismo ferroviario fu favorito a suo tempo anche dall’urbanizzazione, che alimentò il desiderio di evadere temporaneamente dalla città, per chi poteva farlo, e dall’unificazione del Regno d’Italia, dopo la quale vennero aboliti una serie di controlli doganali interni, che garantirono una maggiore libertà di circolazione. Sempre tra fine Ottocento e inizio Novecento i vari governi che si succedettero lavorarono e investirono sulla rete ferroviaria, coinvolgendo studiosi e avviando iniziative culturali, aprendo sedi delle Ferrovie dello Stato all’estero.

Il Fascismo non contribuì in maniera decisiva alla realizzazione della rete ferroviaria, ma cercò di rendere il turismo un fenomeno di massa per ragioni economiche e di propaganda. I Treni popolari vennero presentati, raccontati e promossi come un modo per animare le città, valorizzare il territorio nazionale e dare a chi lavorava tutto l’anno guadagnando poco la percezione di fare una esperienza “da ricchi”.

I Treni popolari furono inaugurati il 2 agosto del 1931, dopo mesi in cui il regime aveva lavorato a una politica di sconti, concessioni e incentivi per favorire il turismo interno al paese. Esisteva già da anni l’Opera Nazionale Dopolavoro, associazione istituita dal regime nel 1925 per organizzare il tempo libero delle persone e che dava diritto a sconti per gli iscritti. Gli sconti e le concessioni riguardavano famiglie italiane e turisti stranieri, con sconti fino al 40 per cento per i biglietti di andata e ritorno nei giorni festivi in determinati centri a cui il regime riconosceva un’importanza storica o turistica.

Con l’istituzione dei Treni popolari gli sconti sui treni raggiunsero l’80 per cento del prezzo ordinario per i vagoni di terza classe, che sarebbe stata abolita soltanto nel 1956. I biglietti erano rivolti a singole persone, famiglie o aziende che organizzavano i viaggi dei propri lavoratori in comitiva. Fu da subito un successo: secondo dati citati in uno studio di Andrea Giuntini, esperto della storia ferroviaria italiana che insegna all’Università di Modena e Reggio Emilia, solo nella prima estate, tra il 2 agosto e il 20 settembre del 1931, quasi mezzo milione di persone utilizzò gli sconti. L’anno successivo il periodo dei Treni popolari venne esteso dal 5 giugno al 18 settembre, con una media di 58 gite al giorno e i treni sempre al completo, per un totale di centinaia di migliaia di passeggeri.

I Treni popolari venivano chiamati Treni popolari di Ferragosto anche perché verosimilmente il fatto che il 15 agosto fosse una data mobile che in certi anni poteva consentire un “ponte” spingeva molti a prenotare in quelle date. Secondo la Stampa poi in alcuni periodi poi ci furono offerte calmierate limitate ai giorni 13, 14 e 15 agosto.

Le tratte erano varie e collegavano le principali città italiane tra loro, o con città più piccole: il giorno in cui fu inaugurato il servizio, per esempio, da Roma si poteva raggiungere Nettuno o Gaeta, da Milano Venezia e Savona, da Torino Albenga e Aosta, da Bologna Pesaro e Pracchia, da Taranto Bari e da Caserta Napoli.

Nelle varie località turistiche, le Case del fascio (le sedi locali del partito fascista) istituirono un servizio di vigilanza per verificare che i negozi non alzassero i prezzi approfittando dei flussi turistici, e che le osterie e le trattorie esponessero indicazioni chiare con menù a prezzo fisso.

Il numero di persone che usufruivano del servizio crebbe ogni anno: sempre secondo dati citati da Giuntini, passarono dalle 459.887 del 1931 al milione e 226.261 del 1938, anche grazie al fatto che il servizio fu promosso dai giornali dell’epoca, che il regime utilizzava solitamente per diffondere la propria propaganda.

Il servizio dei Treni popolari terminò il 3 settembre del 1939, con l’inizio della Seconda guerra mondiale. Il turismo di massa che permise di sviluppare fu comunque limitato a chi viveva in città e lavorava nelle fabbriche e negli uffici: per chi abitava in campagna o nei centri più piccoli e periferici l’abitudine alle vacanze e i mezzi per poterle fare arrivarono soprattutto nel Secondo dopoguerra.