Per ora i minori ucraini della Valle Imagna resteranno dove sono
Il tribunale dei minorenni di Brescia ha revocato il decreto per il loro rimpatrio, dopo che le associazioni che se ne occupano avevano presentato decine di richieste di protezione internazionale
Mercoledì pomeriggio il tribunale per i minorenni di Brescia ha revocato il decreto di rimpatrio emesso a fine luglio nei confronti dei 57 minori ucraini che da marzo 2022 sono ospitati in tre comuni lombardi della Valle Imagna, nel bergamasco: Rota d’Imagna, Bedulita e Pontida. Il rimpatrio è stato temporaneamente sospeso, non si sa per quanto, dopo che le associazioni che si stanno occupando di quei bambini e di quelle bambine avevano presentato decine di richieste di protezione internazionale.
I minori in questione, che hanno dai 6 ai 17 anni, erano arrivati dall’orfanotrofio di Berdyansk, città portuale ucraina sul mar Nero occupata dall’esercito russo, e il loro futuro in Italia era in discussione da circa un anno.
Facevano parte di una delegazione originaria di 115 minori, che in parte sono poi rientrati in Ucraina. Accogliendo le ripetute richieste del governo ucraino, il tribunale per i minorenni di Brescia aveva stabilito che anche i minori ancora presenti in Italia dovessero essere rimpatriati, ma la decisione era stata fin da subito molto contestata dalle associazioni che se ne stanno occupando. Secondo queste associazioni il rimpatrio dei e delle minori avrebbe bruscamente interrotto un graduale processo di inserimento che in questi oltre due anni ha coinvolto scuole, famiglie e istituzioni di tutta la valle, e avrebbe esposto i minori ai rischi di un paese in guerra.
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Il 25 luglio scorso, accogliendo le molte richieste del governo ucraino, il tribunale aveva autorizzato il rimpatrio dopo aver chiesto una serie di garanzie sulla loro collocazione. I bambini e le bambine sarebbero dovuti tornare in Ucraina entro l’inizio della scuola a settembre, nelle due strutture in cui erano stati rimpatriati gli altri: una vicina al confine con la Romania, quindi a sud ovest dell’Ucraina, e l’altra a Oleksandrija, molto più vicina alla linea del fronte (si trova a meno di tre ore in auto da Dnipro e da Zaporizhzhia).
Da allora, attraverso i loro tutori, le associazioni avevano presentato una trentina di richieste di protezione internazionale per i minori descrivendo il ritorno in Ucraina come un rischio per la loro incolumità, data la guerra ancora in corso e le forti incertezze sul suo sviluppo. Gli educatori e le educatrici italiane, che erano rimaste in contatto con i minori nel frattempo tornati in Ucraina, avevano inoltre evidenziato quella che consideravano l’inadeguatezza delle strutture di collocazione finale in Ucraina, generalmente sicure, ma con frequenti cali di corrente, allarmi per possibili bombardamenti e rifornimenti di cibo non troppo vari.
Mercoledì il tribunale per i minorenni di Brescia ha infine revocato i decreti di rimpatrio precedentemente emessi, e ha disposto che i minori restino in affidamento ai servizi sociali che se ne stanno occupando, nelle stesse strutture in cui sono rimasti finora: la casa di accoglienza Stella Mattutina di Rota d’Imagna, un’ex scuola elementare di Bedulita e l’abbazia di Pontida.
La revoca del decreto di rimpatrio è temporanea, e nel frattempo verranno valutate le richieste di protezione internazionale. Non sono state presentate per tutti i minori, ma il tribunale ha comunque sospeso il rimpatrio per tutto il gruppo: dal loro arrivo in Italia, dice il tribunale, «costituiscono un gruppo sostanzialmente unitario, rappresentato da un’unica responsabile e quindi non divisibile».
In questi oltre due anni i minori e le minori sono stati inseriti nelle scuole locali (soprattutto nell’Istituto comprensivo di Sant’Omobono Terme) e dal 2023 è partito anche un progetto di accoglienza familiare che ha coinvolto una sessantina di famiglie. Negli ultimi mesi sulla possibilità del rimpatrio erano stati ascoltati anche gli stessi minori: Diego Mosca, coordinatore del progetto di accoglienza scolastica, aveva parlato di colloqui in presenza di tutori legali in cui era emerso che circa 9 minori su 10 volessero restare in Italia. Anche la procura di Brescia aveva organizzato colloqui con chi aveva più di 12 anni ottenendo, sempre secondo Mosca, risultati meno netti, frutto però a suo parere di alcune pressioni della dirigenza dell’orfanotrofio.
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