Fumio Kishida non sarà più il primo ministro del Giappone
I suoi consensi erano in calo da tempo a causa di grossi scandali, e a settembre non si candiderà alle elezioni interne del Partito Liberal Democratico
Il primo ministro del Giappone Fumio Kishida ha annunciato che non intende ricandidarsi alle elezioni per decidere la leadership del Partito Liberal Democratico (PLD, il partito conservatore di cui fa parte) che si terranno a settembre, in data ancora da stabilire. Dato che il PLD controlla entrambe le camere del parlamento, è praticamente certo che il prossimo leader del partito verrà nominato anche primo ministro: di fatto Kishida lascerà l’incarico il mese prossimo, e il suo successore guiderà il paese fino alle elezioni legislative del 25 ottobre 2025.
Kishida ha 67 anni ed era in carica dall’ottobre del 2021, ma negli ultimi anni la sua amministrazione è stata coinvolta in una serie di scandali che hanno gravemente danneggiato i suoi consensi.
Della possibilità di sostituirlo si parlava da tempo. Un sondaggio dell’emittente nazionale NHK condotto il mese scorso aveva mostrato che i suoi consensi erano scesi al 25 per cento, meno della metà del 54 per cento che aveva quando entrò in carica tre anni fa. La sua impopolarità è dovuta in gran parte a una serie di scandali, di cui il più recente e più grave è quello che riguarda presunti fondi raccolti in maniera irregolare da membri influenti del PLD, su cui sta indagando la procura giapponese. Secondo le accuse, alcuni membri della corrente Seiwakai, vicina all’ex primo ministro Shinzo Abe, non avrebbero dichiarato almeno 500 milioni di yen (circa 3,2 milioni di euro) ottenuti negli ultimi cinque anni negli eventi di raccolta fondi del partito, tenendone parte per sé.
Questo ha già portato alle dimissioni di importanti esponenti del PLD, tra cui diversi ministri e parlamentari. Secondo i sondaggi inoltre i cittadini sono insoddisfatti del modo in cui Kishida ha gestito lo scandalo e ritengono inadeguate le misure adottate.
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Un altro scandalo ha riguardato i legami tra il partito di Kishida e la Chiesa dell’Unificazione, un gruppo religioso diffuso soprattutto negli Stati Uniti e in Asia orientale che ha milioni di membri e che è considerato da molti piuttosto simile a una setta. La questione innescò una crisi politica nel luglio del 2022, quando Kishida era primo ministro da meno di un anno, con l’attentato in cui fu ucciso l’ex primo ministro Shinzo Abe a Nara, vicino a Kyoto. Dalle indagini emerse che l’assassino di Abe, il 43enne Tetsuya Yamagami, riteneva la Chiesa e i suoi sostenitori politici, tra cui proprio i membri del PLD, responsabili di aver impoverito la sua famiglia.
Ultimamente anche l’economia giapponese sta andando male. Lo scorso febbraio il paese era entrato in recessione: la sua economia ha iniziato a mostrare evidenti segni di rallentamento con una conseguente riduzione del Prodotto interno lordo (PIL). Dopo quasi vent’anni di tassi negativi, a marzo il governo iniziò ad aumentare i tassi interesse per contrastare l’inflazione (ossia l’aumento dei prezzi) e l’ormai cronica debolezza dello yen, la valuta locale.
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«Il primo e più chiaro passo per dimostrare che il PLD sta cambiando sono le mie dimissioni», ha detto mercoledì Kishida in una conferenza stampa. Non è ancora noto chi sia la persona favorita alle prossime elezioni per la leadership del partito, anche se alcune speculazioni parlano di vari membri influenti del partito tra cui il segretario generale Toshimitsu Motegi, il ministro per gli Affari digitali Taro Kono, la ministra della Sicurezza economica Sanae Takaichi e quella degli Esteri Yoko Kamikawa. Il PLD governa il Giappone quasi ininterrottamente dal 1955: alle ultime elezioni, nel 2021, ottenne il 34,6 per cento dei voti contro il 20 per cento del Partito Costituzionale Democratico, di centrosinistra.