È stata fatta una nuova scoperta su Stonehenge

La pietra dell'altare centrale non proviene dal Galles, ma dal nord della Scozia, a circa 750 chilometri dal suo posizionamento finale

(AP Photo/Alastair Grant)
(AP Photo/Alastair Grant)
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Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature l’Altar Stone, uno dei più grandi megaliti al centro di Stonehenge, il misterioso e celebre complesso preistorico di pietre situato nel sud dell’Inghilterra, proviene dal nord della Scozia e non dal Galles sud-occidentale, come si pensava fino ad ora. La distanza tra Stonehenge e l’estremo nord della Scozia è di circa 750 chilometri e questo suggerisce che l’organizzazione della società neolitica britannica fosse molto più complessa e avanzata di quanto indicassero le scoperte precedenti.

Stonehenge è composta principalmente da due tipi di pietra. I sarsen sono enormi massi di arenaria: costituiscono la parte più imponente e visibile della struttura e provengono prevalentemente da West Woods, Marlborough, a circa 25 chilometri a nord di Stonehenge. Ci sono poi le cosiddette “pietre blu”, pietre più piccole chiamate così per la loro tonalità grigio-bluastra che sono state utilizzate per creare una forma interna a ferro di cavallo e un anello esterno del gigantesco complesso.

La pietra dell’altare al centro della nuova ricerca è la più grande delle pietre blu, pesa sei tonnellate e si trova proprio al centro di Stonehenge. Gli studiosi avevano stabilito che le pietre blu provenivano dalle colline del Galles occidentale, ma la pietra dell’altare centrale è fatta di una roccia diversa e circa vent’anni fa si era cominciato a metterne in discussione l’origine. L’anno scorso un gruppo di ricercatori dell’Università di Aberystwyth, in Galles, aveva concluso in modo definitivo che la pietra dell’altare non potesse provenire dal Galles, ma la sua origine era rimasta sconosciuta, almeno fino ad ora: «Siamo rimasti senza parole quando abbiamo scoperto che proveniva dal nord-est della Scozia», ​​ha detto uno dei ricercatori coinvolti nell’attuale scoperta.

(Nature)

Il nuovo studio è stato guidato da un geologo gallese, Anthony Clarke, che lavora alla Curtin University di Perth, in Australia. Il gruppo di lavoro composto da geologi, archeologi e chimici ha analizzato i frammenti della pietra dell’altare centrale per capirne la composizione, ma anche la provenienza. I dati raccolti sono stati poi confrontati con i depositi sedimentari presenti in diverse aree del paese ed è emersa una corrispondenza con una sequenza di rocce situate nell’estremo nord-est della Scozia.

La scoperta suggerisce dunque che i popoli del Neolitico non erano isolati, ma possedevano una rete di contatti e scambi che si estendeva su distanze notevoli. «Date le origini scozzesi, i risultati sollevano domande affascinanti, considerando i vincoli tecnologici dell’era neolitica, su come una pietra così massiccia sia stata trasportata su grandi distanze intorno al 2600 a. C.», ha detto Clarke: «Trasportare un carico così pesante via terra dalla Scozia all’Inghilterra meridionale sarebbe stato estremamente impegnativo, il che indica una probabile rotta di spedizione marittima lungo la costa della Gran Bretagna. Questo implica reti commerciali su lunghe distanze e un livello di organizzazione sociale più elevato» di quanto immaginato finora.

Stonehenge faceva probabilmente parte di un complesso più ampio. Tuttavia, il motivo per cui fu costruito e come è stato utilizzato nei secoli non è ancora chiaro, nonostante decenni di scavi archeologici e ricerche.

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