Com’è che il tè matcha è finito dappertutto

Da bevanda rituale giapponese è diventato una moda europea e americana, per le supposte proprietà salutari e soprattutto per il colore

(Jason Leung Z/ Unsplash)
(Jason Leung Z/ Unsplash)

Nel giro di pochi anni da bevanda pressoché sconosciuta in Occidente il tè matcha è diventato un prodotto di massa e di grande moda, tanto da dare il nome a locali e catene di ristoranti e arrivando a colorare di verde bevande, cappuccini, dolci, biscotti e gelati ormai venduti ovunque, anche fuori dalle città più grandi. Importato dal Giappone, dove è parte della tradizione gastronomica, il matcha è oggi apprezzato anche in Europa e negli Stati Uniti, forse più che per il gusto, spesso amarognolo, per il colore assai fotogenico e perché considerato da molti un “superfood”, ovvero un alimento con supposte proprietà benefiche per la salute.

Il matcha infatti è noto per il suo elevato contenuto di antiossidanti e sostanze anti-infiammatorie, ma contiene anche un quantitativo di caffeina elevato e per questo ultimamente molti lo preferiscono all’espresso. Le sue proprietà lo hanno portato anche a essere inserito in una serie di prodotti come i trattamenti per il viso e per il corpo e i profumi, e la sua tonalità di verde lo ha reso una componente comune di una certa estetica di Instagram fatta di colori pastello e abitudini salutari.

Per secoli il matcha è stato il tè delle élite giapponesi, e fino a una quindicina di anni fa risultava un tè particolarmente costoso o difficile da trovare, consumato soprattutto da esperti o appassionati di tè verde e cultura giapponese. Lo si poteva comprare solo su siti o negozi specializzati (dove un barattolino da 30 grammi poteva costare anche 50 euro) e anche il suo sapore lo rendeva un prodotto che piaceva a pochi.

Inoltre a differenza di altri tè il matcha non viene venduto in bustine da immergere nell’acqua bollente, ma è una polvere di un colore verde brillante che deve essere preparata in un certo modo, con degli strumenti specifici. Per farlo servono: una palettina di legno, che si usa per raccogliere la giusta quantità di matcha, e una specie di piccola frusta di bambù, il chasen, che serve per mischiare la polvere di tè con l’acqua calda – non bollente – finché non si forma una specie di schiuma con le bolle.

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Nonostante sia comunemente associato al Giappone, il matcha è in realtà originario della Cina. Secondo la tradizione il tè fu introdotto in Giappone solo attorno all’anno 800 da un monaco che era stato in Cina per un viaggio dal quale era rientrato portando con sé dei semi della pianta dalla quale proviene, la Camellia sinensis, la comune pianta del tè, e avendo imparato la tecnica per fare il matcha.

Lo coltivò e lo preparò per la prima volta per l’imperatore Saga polverizzando le foglie della pianta e buttandole nell’acqua bollente, mescolandole invece di filtrarle (come si fa oggi). Il tè venne servito seguendo una serie di passaggi specifici, che presero il nome di “la via del tè”, oggi comunemente chiamata “cerimonia del tè”. Sembra che l’imperatore ne sia rimasto così colpito da ordinare che venisse piantato in grande quantità, a cominciare dalla regione di Kinki, nel Giappone occidentale. A partire dal Dodicesimo secolo iniziò a essere consumato in tutto il paese, soprattutto per le cerimonie.

Per arrivare dalla pianta del tè al matcha il processo è abbastanza lungo, e di conseguenza il prodotto finale è più costoso rispetto ai tè tradizionali. Le piante devono stare all’ombra per tre settimane, e si possono utilizzare solo le foglie più giovani – più ricche di clorofilla e di sostanze nutritive – private di stelo e venature.

Oggi, almeno in Occidente, il matcha ha perso quasi del tutto il suo carattere rituale. In realtà anche in Giappone viene sempre più usato in bevande e alimenti diversi dal tè tradizionale, e come ha detto al Guardian Sam Thorne, amministratore delegato della Japan House, da alcuni anni nel Paese è molto apprezzato il matcha latte, ovvero la bevanda forse più comune fatta con il tè matcha. Si prepara mischiando il latte – spesso latte vegetale, caldo o freddo con ghiaccio a seconda della stagione – alla polvere di matcha e a un dolcificante come il miele. Qualche volta vengono aggiunti anche ingredienti extra come sciroppi o creme dolci al caramello o alla vaniglia.

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La sua fama sembra destinata a crescere: nel 2023 il mercato globale di tè matcha valeva 3,48 miliardi di dollari, nel 2024 dovrebbe arrivare a valere 3,84 miliardi di dollari, mentre si stima che possa superare i 5 miliardi e mezzo di dollari nel 2028. Negli Stati Uniti e in Europa (e anche in Italia) sono diverse le catene che hanno iniziato a introdurre il matcha come ingrediente nelle varie preparazioni di caffè, cappuccini e negli ultimi anni le ricette sono diventate sempre più creative, aggiungendolo anche in preparazioni che non sono propriamente bevande, come pancake, pane, yogurt e gelati.

Negli Stati Uniti si parla di tè matcha da quasi vent’anni, da quando cioè in città come Seattle, Los Angeles, New York e Boston cominciarono ad aprire i primi bar che servivano una specie di cappuccino fatto con questo tè. La difficoltà dei primi imprenditori che avviarono bar specializzati in matcha fu di convincere le persone a sceglierlo al posto del caffè, un’impresa non facile, dal momento che specialmente nelle grandi città americane di caffè se ne consuma moltissimo. A Seattle uno dei primi matcha cafè fu il Koots Green Tea, aperto dall’ex banchiere Kouta Matsuda, mentre a New York i primi a importare questa tradizione dal Giappone furono Graham Fortgang con MatchaBar, definito da CBS News come «il primo matcha cafè moderno di New York City» e Ippodo Tea (oggi chiuso), storico negozio di tè giapponesi. Già nel 2015 comunque erano moltissimi i matcha cafè aperti a New York e il matcha veniva definito «l’ultima ossessione», o ancora «il nuovo drink verde del privilegio».

A renderlo famoso prima negli Stati Uniti e poi in tutto il mondo fu la scelta di presentarlo come un’alternativa salutare al caffè, a cui contribuirono anche influencer e celebrità che hanno fatto della promozione di uno stile di vita sano il proprio tratto distintivo, come Gwyneth Paltrow, che fu tra le prime a parlarne. Il fatto che contenga caffeina, ma che non abbia un effetto eccitante pari a quello del caffè, aiutò la sua diffusione.

In Italia ci sono diverse catene e negozi che lo utilizzano e molti di questi sono a Milano, la città italiana solitamente più ricettiva alle mode dall’estero. Ci sono per esempio Matcha, un bar che fa caffè e dolci al matcha, Moko’s Matcha, dove si trovano anche torte, biscotti e crepes e TeaCup, specializzato in tè. Da Gusto 17 e da Ciacco Lab (ma non solo) si trova anche il gelato al gusto di matcha. A Torino c’è invece Kintsugi tea&cakes, mentre a Roma ci sono per esempio Click Cafè e Barnum. A Napoli ha invece aperto Staj, un noodle bar (ovvero un ristorante dove si servono principalmente piatti a base di noodles) con diverse proposte di cocktail con matcha.

@sugoimart i’m enjoyin dis dessert so matcha 😉🍵 #fypシ #matcha #matchadessert #traveljapan #tokyo #japan ♬ original sound – sugoimart

Sui social, soprattutto su TikTok, ci sono account dedicati solo al matcha e moltissimi video su come usarlo per preparare bevande, su quale tè comprare, ma anche consigli sulle ordinazioni da fare nelle varie catene che lo usano come ingrediente. Difficilmente comunque lo si troverà nella sua versione originale, con sola acqua, e più facilmente con latte e dolcificanti di vario tipo.

@drinkmatchamade delicous healthy matcha dessert 🍵🫐 #matcha #recipe #dessert #cooking ♬ som original – Vbedit.x🇧🇷

Nonostante sia ormai diffusissimo, paradossalmente il suo sapore continua a non piacere a tanti: sui social ci sono parecchi video che consigliano delle ricette abbastanza articolate dedicate a chi non ama il sapore del matcha. I creator più specializzati sostengono comunque che la ragione più probabile per cui il matcha non piace è che lo si sia scelto di bassa qualità e quindi più amaro. Nella maggior parte dei casi comunque gli ingredienti che vengono aggiunti per dare un sapore più piacevole al matcha non sono sempre molto salutari: si tratta di sciroppi, dolcificanti e creme molto zuccherose, che di solito contrastano con l’intento con cui si beve il matcha.

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