I quotidiani del Senegal non hanno dato notizie per un giorno
Per protestare contro il governo, che accusano di limitare la libertà di stampa tramite un blocco dei conti bancari delle aziende editrici
Il 13 agosto la maggior parte dei quotidiani e un paio di radio del Senegal non hanno fornito servizi di informazione per protestare contro alcune misure del governo che, secondo l’associazione che rappresenta gli editori dei mezzi di informazione CDEPS, limiterebbero la libertà di stampa nel paese. Molti giornali sono arrivati nelle edicole in un’edizione fatta di un’unica pagina: sotto la testata era stampata un’illustrazione in bianco e nero con la scritta “Journée sans Presse”, “giornata senza stampa” in francese. Le radio private RFM e iRadio, tra le più ascoltate del paese, hanno trasmesso della musica al posto dei giornali radio.
La protesta dei media senegalesi riguardava alcuni provvedimenti decisi dal governo del presidente Bassirou Diomaye Faye, eletto lo scorso marzo. In un comunicato diffuso il 12 agosto il CDEPS (la sigla sta per “Conseil des diffuseurs et éditeurs de presse du Sénégal”) aveva accusato il governo di voler «controllare l’informazione e addomesticare gli editori» attraverso «il blocco dei conti bancari» delle aziende editrici per via delle imposte non pagate, «il sequestro dei materiali di produzione, la rottura unilaterale e illegale dei contratti pubblicitari [con le aziende pubbliche, ndr] e la sospensione dei pagamenti» dovuti. Secondo la versione governativa, le misure repressive contro gli editori avrebbero lo scopo di mettere fine ai casi di cattiva gestione finanziaria delle aziende del settore.
Il settore mediatico senegalese sta affrontando da tempo delle difficoltà economiche e molti giornalisti lavorano in condizioni precarie. Alla fine di luglio l’editore di due quotidiani sportivi molto letti, Stades e Sunu Lamb, ne ha sospeso la pubblicazione dopo più di vent’anni per questa ragione. Secondo l’ong Reporter senza frontiere (RSF) il 26 per cento dei giornalisti senegalesi non ha un contratto di lavoro e le aziende del settore dei media sono provate da una pressione fiscale molto alta, oltre che da un calo delle copie vendute simile a quello presente in molti altri paesi del mondo, dovuto alla concorrenza dell’informazione gratuita online e alle diverse abitudini delle persone più giovani.
A giugno molti giornalisti avevano criticato il primo ministro Ousmane Sonko per aver detto che il governo non avrebbe più tollerato la diffusione di «falsità» da parte dei media, che a suo dire avrebbero goduto di «troppa impunità». Nell’ultima campagna elettorale Sonko aveva guidato l’opposizione senegalese all’ex presidente Macky Sall facendo da “mentore” a Faye: aveva un seguito maggiore del nuovo presidente ma non aveva potuto candidarsi in prima persona alla guida del paese perché il Consiglio costituzionale del Senegal aveva respinto la sua candidatura a seguito di una condanna per diffamazione. Sia Sonko che Faye, che hanno idee orientate a sinistra e sono descritti come “antisistema”, erano stati incarcerati tra il 2023 e l’inizio di quest’anno.
Prima delle elezioni Sall aveva promesso che avrebbe ridotto la pressione fiscale sugli editori, cancellando i loro debiti con lo stato per sostenere il settore, ma il nuovo presidente non ha dato seguito all’impegno del suo predecessore.
Alcune televisioni private, come TFM, ITV e 7TV, hanno espresso solidarietà ai media che hanno protestato mostrando l’illustrazione e lo slogan scelto per la giornata. Sono invece andati in edicola normalmente alcuni giornali il cui orientamento politico è affine al governo, come Le Soleil, Walf Quotidien (che comunque ha dovuto contrattare un accordo con il governo dopo che i suoi conti erano stati bloccati: ha accettato di versare un acconto sulle imposte non pagate) e Yoor-Yoor.