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  • Martedì 13 agosto 2024

In Francia è finita la «tregua olimpica»

Chiusi i Giochi olimpici, riprenderanno le trattative politiche per la formazione di un nuovo governo, e non saranno semplici

Emmanuel Macron e, dietro di lui, il primo ministro dimissionario Gabriel Attal, Parigi, 12 agosto 2024 (Alain Jocard, Pool via AP)
Emmanuel Macron e, dietro di lui, il primo ministro dimissionario Gabriel Attal, Parigi, 12 agosto 2024 (Alain Jocard, Pool via AP)
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Cinque settimane dopo le elezioni legislative anticipate, il presidente francese Emmanuel Macron non ha ancora nominato un nuovo primo ministro. Ora che è terminata quella che Macron stesso aveva definito una «tregua olimpica politica», cioè la sospensione temporanea della ricerca e della nomina di un nuovo governo durante le Olimpiadi che si sono svolte a Parigi e che sono finite domenica, le trattative dovrebbero riprendere.

La nuova Assemblea Nazionale che si è formata dopo le legislative – che erano state convocate in anticipo a seguito dei buoni risultati alle europee di Rassemblement National (RN, il partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella) – è suddivisa in tre grandi blocchi politici contrapposti tra loro che hanno creato una situazione inedita per la Francia. C’è il Nuovo Fronte Popolare, di sinistra, con 182 deputati; la coalizione Ensemble, centrista, di Macron, con 168 deputati; e l’estrema destra del Rassemblement National (RN) e dei suoi alleati, 143 deputati. A ciascun blocco manca almeno un centinaio di seggi per arrivare alla maggioranza e la Francia è oggi governata da un governo dimissionario incaricato di seguire i cosiddetti “affari correnti” con a capo il macronista Gabriel Attal.

Solo Macron ha il potere di nominare il primo ministro, ma non ha né l’obbligo di scegliere qualcuno o qualcuna del gruppo che ha ottenuto più seggi all’Assemblea Nazionale – la coalizione della sinistra, in questo caso – né un limite di tempo.

Nel campo presidenziale, scrive il quotidiano Le Monde, c’è chi spera in un annuncio rapido del presidente affinché il nuovo esecutivo possa occuparsi del bilancio, che dovrà essere presentato per l’approvazione all’Assemblea Nazionale entro e non oltre i primi di ottobre. Inoltre, entro venerdì 20 settembre la Francia, che è stata sottoposta dalla Commissione europea alla procedura per deficit eccessivo, dovrà presentare il proprio piano a medio termine spiegando quali misure correttive intende adottare per rispettare le regole di bilancio dell’Unione Europea ed evitare sanzioni finanziarie. Nonostante queste importanti scadenze, altri pensano che i tempi della politica siano differenti e che Macron non abbia in generale molta fretta di arrivare a una soluzione.

Macron, soprattutto, non sembra intenzionato a nominare la persona scelta in maniera unitaria dalla coalizione che ha ottenuto il maggior numero di seggi parlamentari, cioè il Nuovo Fronte Popolare, che il 16 luglio aveva proposto la funzionaria del comune di Parigi Lucie Castets. Lunedì Castets ha inviato una lettera ai deputati e ai senatori dei «gruppi politici repubblicani» in cui espone le sue cinque priorità: potere d’acquisto (e dunque aumento del salario minimo e abrogazione della contestata riforma delle pensioni voluta da Macron), ambiente, istruzione, sanità e una tassazione più equa.

Pur rivendicando il diritto di formare un nuovo governo, Castets e i leader della sinistra che hanno firmato la lettera ammettono che la nuova Assemblea Nazionale è frammentata e senza una maggioranza e si sono detti dunque disponibili a lavorare in modo organizzato e condiviso con i vari gruppi parlamentari, ma anche con i sindacati, gli eletti locali e la società civile.

Giovedì 11 luglio l’ex primo ministro Dominique de Villepin ha invitato Emmanuel Macron a nominare un primo ministro tra le fila del Nuovo Fronte Popolare in nome della «tradizione repubblicana», nonostante ci sia il rischio che la coalizione di sinistra possa essere sfiduciata dal parlamento. Anche all’interno dell’ex maggioranza macronista, alcuni esponenti condividono questa analisi e chiedono che il presidente della Repubblica «elimini innanzitutto l’ipoteca della sinistra» prima di passare, in caso di mancata formazione di un governo o di sfiducia, a una seconda opzione, come avviene nella maggior parte delle democrazie parlamentari.

Nel campo presidenziale il timore è però che Marine Le Pen possa decidere di non sfiduciare immediatamente un governo di sinistra, dandogli di fatto il tempo di attuare almeno in parte il programma per cui è stato votato.

Il 10 luglio, nella sua lettera ai francesi, Macron aveva esortato i vari partiti a trovare un accordo, definendo anche i contorni della coalizione che avrebbe voluto veder nascere: una coalizione che, nella sua visione, escluderebbe sia La France Insoumise (LFI), il partito più a sinistra della coalizione Nuovo Fronte Popolare, sia il Rassemblement National. Come futuro primo ministro Macron sembra volere una figura riconosciuta, con una vasta esperienza negli affari di Stato, rispettata dalle forze repubblicane e in grado di dialogare con tutti. Una figura, soprattutto, che permetta a Macron stesso una coabitazione più agevole (la coabitazione prevede che il presidente del paese e il governo facciano parte di fazioni politiche diverse).

Dopo il 15 agosto Emmanuel Macron dovrebbe riprendere le trattative ricevendo i leader dei gruppi parlamentari e forse anche i leader dei vari partiti.