L’acqua che aveva allagato la centrale idroelettrica di Bargi tornerà nel lago di Suviana

Le operazioni sono iniziate venerdì, dopo i necessari trattamenti di purificazione: ad aprile sette persone morirono in un grave incidente nell'impianto

La centrale elettrica di Bargi, (Michele Lapini/Ansa)
La centrale elettrica di Bargi, (Michele Lapini/Ansa)
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Venerdì sono cominciate le operazioni per reimmettere nel bacino di Suviana, il lago artificiale sull’Appennino bolognese che alimenta la centrale idroelettrica di Bargi, i 50mila metri cubi di acqua che era rimasta bloccata all’interno della centrale a seguito di un grave incidente avvenuto lo scorso aprile, nel quale erano morti sette operai. La regione Emilia-Romagna ha detto che il procedimento durerà dalle sei alle otto settimane.

Prima di essere reimmessa nel bacino l’acqua è stata sottoposta a tutti i necessari trattamenti di purificazione. Le ultime analisi hanno rilevato valori in linea per i 137 parametri considerati e per tutti gli elementi chimici presi in esame. L’impianto per la purificazione è stato realizzato da Enel Green Power Italia, l’azienda che gestisce la centrale, e per il trattamento sono stati usati vari strumenti tra cui filtri a carbone, filtri assorbenti e resine. Sia Enel Green Power che l’Agenzia regionale per la protezione ambientale dell’Emilia-Romagna (Arpae) continueranno a monitorare la reimmissione dell’acqua e la sua salubrità per tutto il mese di agosto.

Dopo l’esplosione dello scorso 9 aprile l’acqua era entrata nella centrale da diversi punti, principalmente una fonte sorgiva e una paratia mobile che era rimasta parzialmente aperta dopo l’incidente. Per procedere allo svuotamento era necessario chiudere la paratia, ma le operazioni dei sommozzatori erano state molto complesse a causa della particolare struttura della centrale, che si trova 54 metri sotto il livello del lago artificiale di Suviana. Lo svuotamento era infine iniziato a metà giugno, circa due mesi dopo l’incidente: nel frattempo l’acqua si era mescolata con idrocarburi e detriti a causa dell’esplosione.

– Leggi anche: Come è fatta la centrale elettrica di Bargi

Il 9 aprile, intorno all’ora di pranzo, nella centrale si sentì un grosso boato e poi divampò una fiammata. Alcuni operai che si trovavano ai piani alti riuscirono a fuggire, altri rimasero feriti. Tre persone morirono sul colpo, mentre ci vollero quasi tre giorni per recuperare i corpi delle altre quattro vittime, rimaste sommerse nella centrale allagata.

Inizialmente si parlò dell’esplosione della turbina, ma di fatto ancora oggi non si conoscono con certezza le cause di quanto è accaduto. L’ipotesi principale è che durante la fase di collaudo l’alternatore, un macchinario molto pesante collegato alla turbina con dei cuscinetti d’olio, potrebbe essere andato fuori giri, sbilanciandosi, e l’olio dei cuscinetti avrebbe causato un incendio.

Ad aprile la procura di Bologna aprì un’inchiesta per disastro colposo e omicidio colposo, senza però iscrivere nessuno nel registro degli indagati. In questi mesi la procura ha nominato vari esperti tecnici e consulenti, che dovranno fare perizie e verificare se l’impianto fosse dotato di tutti gli apparati di sicurezza richiesti dalle norme. I magistrati dovranno indagare anche sulla regolarità dei contratti di manutenzione e degli appalti.

Bargi è una frazione di Camugnano, un comune in provincia di Bologna di poco meno di duemila abitanti. La centrale idroelettrica fu costruita nel 1975 dall’Enel e oggi è gestita da Enel Green Power. È la più potente installata in Emilia-Romagna: fa parte del piano di accensione della rete nazionale in caso di black-out, se dovesse esserci un’emergenza nazionale sarebbe in grado di erogare la sua massima potenza in 4 minuti.