Alla fine Imane Khelif ha vinto la medaglia d’oro nel pugilato femminile
C'erano state grosse polemiche sulla sua inclusione nella categoria, basate in gran parte sulla disinformazione e su argomentazioni dubbie
Ieri sera la pugile algerina Imane Khelif ha vinto la medaglia d’oro nella categoria 66 chili di pugilato femminile. Ha sconfitto l’atleta cinese Yang Liu, mentre hanno vinto la medaglia di bronzo a pari merito l’atleta di Taiwan Chen Nien-chin e la thailandese Janjaem Suwannapheng. «Per otto anni questo è stato il mio sogno, e ora campionessa olimpica e ho vinto la medaglia d’oro», ha detto Khelif ai giornalisti dopo la vittoria.
Nelle ultime settimane ci sono state molte polemiche intorno alla partecipazione di Khelif nella categoria femminile di pugilato, dopo che l’anno scorso era stata esclusa dai Mondiali perché i risultati di alcuni esami medici non rispettavano i criteri per l’accesso alle categorie femminili dell’International Boxing Association (IBA), l’associazione di riferimento del pugilato professionistico che però è molto controversa e ha estesi legami con la Russia. Khelif ha un aspetto considerato mascolino e per questo era stata sottoposta a dei test medici e valutata dall’IBA non adatta a competere come donna.
Era stata invece ammessa ai Giochi olimpici di Parigi dal Comitato olimpico internazionale (CIO), secondo cui la pugile rispetta tutti i criteri per l’ammissione nella categoria. Durante le Olimpiadi Khelif ha sempre difeso la sua partecipazione nella categoria femminile: «Ho tutti i requisiti per prendere parte a questa competizione. Sono una donna come tutte le altre. Sono nata donna, vivo come una donna, e sono qualificata», ha ribadito ieri.
Lo scorso 1 agosto Khelif si è scontrata con l’italiana Angela Carini negli ottavi di finale. Nei giorni precedenti in Italia era stata sollevata un’estesa polemica: Khelif è stata descritta da molti, anche tra i politici italiani, come “persona trans”, ma non risulta in nessun modo che sia così. Non ci sono al momento informazioni pubbliche o altri elementi per dire se Khelif abbia semplicemente livelli di testosterone alti o se rientri nello spettro dell’intersessualità, la condizione di chi presenta dalla nascita caratteristiche biologiche sia maschili che femminili.
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Alla fine, dopo meno di un minuto dall’inizio dell’incontro Carini si era ritirata, dopo aver ricevuto un destro di Khelif sul volto. Carini aveva partecipato al momento in cui Khelif era stata proclamata vincitrice dell’incontro, senza però salutarla né guardarla in faccia. Dopo il clamoroso ritiro di Carini, le polemiche sull’opportunità di far combattere Khelif nella categoria femminile, e in definitiva di considerarla una donna, si sono estese anche all’estero.
Il principale argomento di chi critica la partecipazione di Khelif è la sua esclusione dai Mondiali di boxe del 2023, scelta che però risulta opaca. Secondo alcuni documenti del CIO forniti ai giornalisti a determinarla fu un livello considerato troppo alto di testosterone. L’IBA ha detto invece che non era stata sottoposta a un test di testosterone, senza però specificare quali altri test erano stati fatti, avanzando ragioni di privacy.
Questa settimana l’IBA ha organizzato una conferenza stampa che avrebbe dovuto chiarire alcuni dettagli su criteri ed esami che avevano portato a escludere Khelif dai mondiali dell’anno scorso, ma non è servita a molto: le spiegazioni fornite sono state assai confuse e contraddittorie, in una conferenza stampa descritta da molti media come caotica, rumorosa, snervante per i giornalisti ed eccessivamente lunga per via delle lunghe invettive in russo del presidente Umar Kremlev contro il CIO.
Il CIO ha invece difeso la decisione di ammettere Khelif alla competizione femminile delle Olimpiadi, criticando duramente «l’aggressività» che si è creata contro di lei. Il motivo per cui CIO e IBA hanno regole diverse sull’ammissione delle atlete è che l’IBA non è più riconosciuta dal CIO, da quando fu coinvolta in una serie di gravi scandali di corruzione. Da allora l’IBA ha sede in Russia ed è finanziata principalmente da Gazprom, la compagnia petrolifera di stato russa.
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