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  • Sabato 10 agosto 2024

La campagna elettorale di Kamala Harris è diversa

La candidata alla presidenza per i Democratici usa toni allegri e ottimistici, a differenza dei suoi avversari e di quello a cui è ormai abituato l'elettorato statunitense

Kamala Harris e Tim Walz durante un comizio in Wisconsin
Kamala Harris e Tim Walz durante un comizio in Wisconsin (Kerem Yücel/Minnesota Public Radio via AP)
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Il 7 agosto, durante un comizio in Wisconsin, la candidata alla presidenza del Partito Democratico statunitense Kamala Harris ha detto che lei e il suo candidato vicepresidente, Tim Walz, sono «guerrieri allegri» («joyful warriors»). È l’ennesima dimostrazione di come l’impostazione della campagna elettorale di Harris sia diversa da molte che l’hanno preceduta, e anche da quella condotta fino a poche settimane fa dal presidente Joe Biden: il partito sta abbandonando i toni cupi e catastrofisti usati negli ultimi anni per adottare una retorica ben più positiva e ottimista.

Harris è diventata la candidata in pectore dei Democratici lo scorso 21 luglio. Fino a quel momento la campagna elettorale di Biden si focalizzava sulla presentazione dell’avversario, il Repubblicano Donald Trump, come una «minaccia per la democrazia», e su un suo eventuale secondo mandato come un punto di non ritorno per il paese. Biden aveva definito Trump come uno «squilibrato» e aveva detto che era arrivata l’ora di «metterlo nel mirino», un’affermazione fatta pochi giorni prima dell’attentato nel quale un ragazzo sparò a Trump ferendolo in modo non grave a un orecchio (Biden si è poi scusato per quel commento). La sua retorica era quindi molto cupa, e lasciava poco spazio alla speranza in un futuro roseo.

Biden era inoltre un candidato di 81 anni: non partecipava a molti comizi, e quelli che faceva erano sempre strettamente controllati e programmati. Non parlava quasi mai in pubblico senza seguire un gobbo elettronico, e anche a causa dell’età avanzata non riusciva a trasmettere grande energia nei suoi discorsi. Questa situazione ebbe il suo culmine nel dibattito tra Biden e Trump dello scorso 27 giugno, che fu disastroso per Biden e sancì la fine della sua candidatura.

Harris ha smesso di presentare Trump come una minaccia o un politico particolarmente temibile. Al contrario: ultimamente molti Democratici hanno iniziato a riferirsi a Trump e al suo candidato alla vicepresidenza, J.D. Vance, come «weird», ossia strani. È un’espressione molto più leggera, che punta a ridicolizzare l’avversario più che a presentarlo come pericoloso per il paese. Il termine “weird” può essere tradotto in molti modi, ma nella connotazione adottata dai Democratici indica qualcuno di strano in un modo preoccupante e un po’ ridicolo, come può esserlo un fanatico religioso o una persona talmente bigotta da risultare repressa. È comunque una parola che fa parte del linguaggio comune e che viene usata con disinvoltura nella vita quotidiana, e anche per questo si sta rivelando molto efficace.

Come ha scritto l’Economist, Trump sta comunque cercando di fare quello che fa sempre, ossia sminuire e rimandare indietro le critiche ribaltandole sull’avversario: lui e Vance stanno cercando di sostenere che non siano i Repubblicani a essere strani, ma i Democratici. Non sta però funzionando benissimo. «Credo che questa strategia sia stata inventata da un gruppo di stagisti ventiquattrenni che si occupano di comunicazione social e venivano bullizzati a scuola», ha detto Vance in un comizio, riferendosi all’uso dell’espressione «weird». Ha poi provato a spostare l’attenzione sui suoi avversari citando alcune idee associate, in modo più o meno pretestuoso, a Harris e al Partito Democratico e considerate «strane» dai Repubblicani. Tra queste c’era anche la proposta di diminuire i fondi per la polizia, un’idea da cui però molti esponenti Democratici si sono dissociati.

Kamala Harris arriva sul palco per un comizio a Detroit, in Michigan (AP Photo/Julia Nikhinson)

Il tema della stranezza pone anche un’altra questione, ossia il tentativo del Partito Democratico e di Harris di presentarsi come “quelli normali”, in contrapposizione ai Trump e ai Repubblicani, che sarebbero appunto strani. Secondo l’Economist è un’argomentazione che Biden non avrebbe potuto usare in modo convincente, perché la sua campagna elettorale non era davvero normale a causa della sua età elevata e della scarsa connessione che aveva con l’elettorato, almeno negli ultimi mesi.

Harris si sta per ora muovendo meglio: si fa sempre vedere sorridente, e ha improntato la sua comunicazione più sul futuro che sul passato, usando per esempio lo slogan: «Non torneremo indietro» («We’re not going back»). Non ha accantonato le critiche rivolte all’avversario, ma le sta presentando in modo deciso e comunque propositivo.

La comunicazione della campagna di Harris sta inoltre sfruttando i social media per rivolgersi a un pubblico giovane, con cui Biden non ha mai avuto grande affinità. Online circolano molti meme che mostrano Harris ridere o ballare, e la cantante Charli XCX ha detto pubblicamente che «Kamala è brat», un termine diventato molto popolare tra i giovani che significa qualcosa come “ragazzaccia”, nel senso di ragazzina impertinente e sfacciata, ma con una connotazione di orgoglio e autodeterminazione, non di biasimo. Inoltre ai comizi di Harris stanno partecipando alcune persone del mondo dello spettacolo, tra cui la cantante Megan Thee Stallion e il cantante Bon Iver, entrambi molto noti soprattutto tra i giovani, cosa che con Biden non era mai successa.

– Leggi anche: Tra Kamala Harris e Tim Walz è stata questione di affinità

I toni ottimisti che Harris sta adottando segnano una svolta non solo rispetto alla campagna elettorale condotta da Biden fino a poco fa, ma anche a molte delle ultime competizioni elettorali nel paese. Almeno dal 2016, quando Trump si candidò per la prima volta e vinse, la politica statunitense iniziò ad adottare un linguaggio cupo e catastrofista, con continue accuse reciproche e riferimenti a brogli e complotti. Questa retorica si esasperò nel 2020, un periodo già di per sé ben poco allegro, nel quale il mondo stava facendo i conti con la pandemia di Covid-19. La campagna elettorale fu quindi necessariamente ridimensionata, i candidati (Biden e Trump) organizzarono comizi online oppure in luoghi aperti e facendo attenzione a evitare grandi assembramenti.

La retorica dei Democratici si incupì ulteriormente dopo il violento assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021, evento descritto da molti come un «attacco alla democrazia», e poi ancora con l’eliminazione del diritto all’aborto a livello federale, decisa dalla Corte Suprema nell’estate del 2022.

Da anni quindi l’elettorato statunitense è abituato all’uso di toni duri, accusatori e pessimistici da parte dei politici. Anche per questo la nuova strategia di Harris è da subito apparsa come nettamente diversa da quelle precedenti. «Non c’erano persone entusiaste di votare di nuovo per Joe Biden. Con Kamala c’è una nuova candidata che è ancora poco conosciuta, e le persone possono proiettare su di lei le loro speranze e i loro sogni», ha detto al New York Times Eric Wilson, un esperto di strategie elettorali vicino al Partito Repubblicano.

Donald Trump e J.D. Vance durante un comizio in Minnesota (AP Photo/Alex Brandon)

Donald Trump e J.D. Vance durante un comizio in Minnesota (AP Photo/Alex Brandon)

Anche Walz, il candidato alla vicepresidenza con Harris, sta adottando un atteggiamento ottimista e molto diverso da quello di Vance. Entrambi sono originari del Midwest, una regione che comprende importanti stati in bilico tra cui il Michigan e il Wisconsin, e stanno puntando molto sulle loro origini e sul legame con il territorio. Ma mentre Vance racconta il Midwest come una regione dimenticata e in difficoltà, dove le aziende continuano a chiudere e non ci sono molte opportunità per gli abitanti, Walz ne parla come di un territorio rurale ma autentico e fiero delle proprie tradizioni.

Come spiegato da un’analisi del New York Times, il contrasto tra le due narrazioni potrebbe essere in parte dovuto alle rispettive storie familiari: Vance ha quarant’anni ed è cresciuto in un contesto sociale e familiare svantaggiato mentre la crisi degli oppioidi colpiva varie zone degli Stati Uniti. Al contrario Walz, che ha 60 anni, crebbe in un contesto sociale e familiare molto meno problematico. In ogni caso, il risultato è che le due versioni del Midwest presentate da Vance e Walz risultano coerenti con i toni che i rispettivi partiti stanno adottando: più cupo quello del primo, più gioioso quello del secondo.

Mentre la nuova strategia comunicativa adottata dai Democratici sta facendo guadagnare al partito una notevole visibilità mediatica, i Repubblicani stanno faticando ad adattarsi. Quando il candidato era Biden, la campagna elettorale di Trump aveva adottato una tattica chiara, che stava dando buoni risultati: Trump veniva ritratto come un uomo e un politico forte, capace di guidare il paese con sicurezza, mentre Biden era presentato come una persona debole e inadatta a governare. È evidente però che questa argomentazione non possa essere applicata a Harris in modo altrettanto efficace.

Sia Trump che Vance stanno continuando ad attaccare gli avversari sia a livello politico che personale, con toni spesso duri e provocatori, ma l’impressione è che non sappiano davvero come rispondere all’ottimismo mostrato dai loro avversari. «La maggior parte delle persone nel nostro paese può avere momenti allegri e spensierati, possono godersi la vita qualche volta, e possono guardare il telegiornale e riconoscere che quello che sta succedendo al paese è una disgrazia», ha detto Vance a un comizio, cercando forse di rispondere nel merito agli avversari.

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