La campagna elettorale di Kamala Harris è diversa
La candidata alla presidenza per i Democratici usa toni allegri e ottimistici, a differenza dei suoi avversari e di quello a cui è ormai abituato l'elettorato statunitense
Il 7 agosto, durante un comizio in Wisconsin, la candidata alla presidenza del Partito Democratico statunitense Kamala Harris ha detto che lei e il suo candidato vicepresidente, Tim Walz, sono «guerrieri allegri» («joyful warriors»). È l’ennesima dimostrazione di come l’impostazione della campagna elettorale di Harris sia diversa da molte che l’hanno preceduta, e anche da quella condotta fino a poche settimane fa dal presidente Joe Biden: il partito sta abbandonando i toni cupi e catastrofisti usati negli ultimi anni per adottare una retorica ben più positiva e ottimista.
Harris è diventata la candidata in pectore dei Democratici lo scorso 21 luglio. Fino a quel momento la campagna elettorale di Biden si focalizzava sulla presentazione dell’avversario, il Repubblicano Donald Trump, come una «minaccia per la democrazia», e su un suo eventuale secondo mandato come un punto di non ritorno per il paese. Biden aveva definito Trump come uno «squilibrato» e aveva detto che era arrivata l’ora di «metterlo nel mirino», un’affermazione fatta pochi giorni prima dell’attentato nel quale un ragazzo sparò a Trump ferendolo in modo non grave a un orecchio (Biden si è poi scusato per quel commento). La sua retorica era quindi molto cupa, e lasciava poco spazio alla speranza in un futuro roseo.
Biden era inoltre un candidato di 81 anni: non partecipava a molti comizi, e quelli che faceva erano sempre strettamente controllati e programmati. Non parlava quasi mai in pubblico senza seguire un gobbo elettronico, e anche a causa dell’età avanzata non riusciva a trasmettere grande energia nei suoi discorsi. Questa situazione ebbe il suo culmine nel dibattito tra Biden e Trump dello scorso 27 giugno, che fu disastroso per Biden e sancì la fine della sua candidatura.
Harris ha smesso di presentare Trump come una minaccia o un politico particolarmente temibile. Al contrario: ultimamente molti Democratici hanno iniziato a riferirsi a Trump e al suo candidato alla vicepresidenza, J.D. Vance, come «weird», ossia strani. È un’espressione molto più leggera, che punta a ridicolizzare l’avversario più che a presentarlo come pericoloso per il paese. Il termine “weird” può essere tradotto in molti modi, ma nella connotazione adottata dai Democratici indica qualcuno di strano in un modo preoccupante e un po’ ridicolo, come può esserlo un fanatico religioso o una persona talmente bigotta da risultare repressa. È comunque una parola che fa parte del linguaggio comune e che viene usata con disinvoltura nella vita quotidiana, e anche per questo si sta rivelando molto efficace.
Come ha scritto l’Economist, Trump sta comunque cercando di fare quello che fa sempre, ossia sminuire e rimandare indietro le critiche ribaltandole sull’avversario: lui e Vance stanno cercando di sostenere che non siano i Repubblicani a essere strani, ma i Democratici. Non sta però funzionando benissimo. «Credo che questa strategia sia stata inventata da un gruppo di stagisti ventiquattrenni che si occupano di comunicazione social e venivano bullizzati a scuola», ha detto Vance in un comizio, riferendosi all’uso dell’espressione «weird». Ha poi provato a spostare l’attenzione sui suoi avversari citando alcune idee associate, in modo più o meno pretestuoso, a Harris e al Partito Democratico e considerate «strane» dai Repubblicani. Tra queste c’era anche la proposta di diminuire i fondi per la polizia, un’idea da cui però molti esponenti Democratici si sono dissociati.
Il tema della stranezza pone anche un’altra questione, ossia il tentativo del Partito Democratico e di Harris di presentarsi come “quelli normali”, in contrapposizione ai Trump e ai Repubblicani, che sarebbero appunto strani. Secondo l’Economist è un’argomentazione che Biden non avrebbe potuto usare in modo convincente, perché la sua campagna elettorale non era davvero normale a causa della sua età elevata e della scarsa connessione che aveva con l’elettorato, almeno negli ultimi mesi.
Harris si sta per ora muovendo meglio: si fa sempre vedere sorridente, e ha improntato la sua comunicazione più sul futuro che sul passato, usando per esempio lo slogan: «Non torneremo indietro» («We’re not going back»). Non ha accantonato le critiche rivolte all’avversario, ma le sta presentando in modo deciso e comunque propositivo.
La comunicazione della campagna di Harris sta inoltre sfruttando i social media per rivolgersi a un pubblico giovane, con cui Biden non ha mai avuto grande affinità. Online circolano molti meme che mostrano Harris ridere o ballare, e la cantante Charli XCX ha detto pubblicamente che «Kamala è brat», un termine diventato molto popolare tra i giovani che significa qualcosa come “ragazzaccia”, nel senso di ragazzina impertinente e sfacciata, ma con una connotazione di orgoglio e autodeterminazione, non di biasimo. Inoltre ai comizi di Harris stanno partecipando alcune persone del mondo dello spettacolo, tra cui la cantante Megan Thee Stallion e il cantante Bon Iver, entrambi molto noti soprattutto tra i giovani, cosa che con Biden non era mai successa.
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I toni ottimisti che Harris sta adottando segnano una svolta non solo rispetto alla campagna elettorale condotta da Biden fino a poco fa, ma anche a molte delle ultime competizioni elettorali nel paese. Almeno dal 2016, quando Trump si candidò per la prima volta e vinse, la politica statunitense iniziò ad adottare un linguaggio cupo e catastrofista, con continue accuse reciproche e riferimenti a brogli e complotti. Questa retorica si esasperò nel 2020, un periodo già di per sé ben poco allegro, nel quale il mondo stava facendo i conti con la pandemia di Covid-19. La campagna elettorale fu quindi necessariamente ridimensionata, i candidati (Biden e Trump) organizzarono comizi online oppure in luoghi aperti e facendo attenzione a evitare grandi assembramenti.
La retorica dei Democratici si incupì ulteriormente dopo il violento assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021, evento descritto da molti come un «attacco alla democrazia», e poi ancora con l’eliminazione del diritto all’aborto a livello federale, decisa dalla Corte Suprema nell’estate del 2022.
Da anni quindi l’elettorato statunitense è abituato all’uso di toni duri, accusatori e pessimistici da parte dei politici. Anche per questo la nuova strategia di Harris è da subito apparsa come nettamente diversa da quelle precedenti. «Non c’erano persone entusiaste di votare di nuovo per Joe Biden. Con Kamala c’è una nuova candidata che è ancora poco conosciuta, e le persone possono proiettare su di lei le loro speranze e i loro sogni», ha detto al New York Times Eric Wilson, un esperto di strategie elettorali vicino al Partito Repubblicano.
Anche Walz, il candidato alla vicepresidenza con Harris, sta adottando un atteggiamento ottimista e molto diverso da quello di Vance. Entrambi sono originari del Midwest, una regione che comprende importanti stati in bilico tra cui il Michigan e il Wisconsin, e stanno puntando molto sulle loro origini e sul legame con il territorio. Ma mentre Vance racconta il Midwest come una regione dimenticata e in difficoltà, dove le aziende continuano a chiudere e non ci sono molte opportunità per gli abitanti, Walz ne parla come di un territorio rurale ma autentico e fiero delle proprie tradizioni.
Come spiegato da un’analisi del New York Times, il contrasto tra le due narrazioni potrebbe essere in parte dovuto alle rispettive storie familiari: Vance ha quarant’anni ed è cresciuto in un contesto sociale e familiare svantaggiato mentre la crisi degli oppioidi colpiva varie zone degli Stati Uniti. Al contrario Walz, che ha 60 anni, crebbe in un contesto sociale e familiare molto meno problematico. In ogni caso, il risultato è che le due versioni del Midwest presentate da Vance e Walz risultano coerenti con i toni che i rispettivi partiti stanno adottando: più cupo quello del primo, più gioioso quello del secondo.
Mentre la nuova strategia comunicativa adottata dai Democratici sta facendo guadagnare al partito una notevole visibilità mediatica, i Repubblicani stanno faticando ad adattarsi. Quando il candidato era Biden, la campagna elettorale di Trump aveva adottato una tattica chiara, che stava dando buoni risultati: Trump veniva ritratto come un uomo e un politico forte, capace di guidare il paese con sicurezza, mentre Biden era presentato come una persona debole e inadatta a governare. È evidente però che questa argomentazione non possa essere applicata a Harris in modo altrettanto efficace.
Sia Trump che Vance stanno continuando ad attaccare gli avversari sia a livello politico che personale, con toni spesso duri e provocatori, ma l’impressione è che non sappiano davvero come rispondere all’ottimismo mostrato dai loro avversari. «La maggior parte delle persone nel nostro paese può avere momenti allegri e spensierati, possono godersi la vita qualche volta, e possono guardare il telegiornale e riconoscere che quello che sta succedendo al paese è una disgrazia», ha detto Vance a un comizio, cercando forse di rispondere nel merito agli avversari.
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