Oggi c’è stato uno sciopero dei balneari

Alcuni stabilimenti hanno aperto due ore dopo per protestare contro la messa a gara delle concessioni, ma non tutti hanno aderito

Uno stabilimento balneare nel Parco regionale del Conero, nelle Marche 
(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
Uno stabilimento balneare nel Parco regionale del Conero, nelle Marche (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
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Questa mattina alcuni stabilimenti balneari in Italia hanno aperto due ore dopo rispetto al solito, quindi alle 9:30 invece che alle 7:30. È la conseguenza di uno sciopero indetto dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi (l’associazione della Confcommercio che rappresenta le imprese del turismo) e dalla Federazione sindacale della Confesercenti (che rappresenta i balneari) per protestare contro il governo di Giorgia Meloni e la possibilità di mettere a gara le concessioni balneari, che dovrebbero scadere alla fine del 2024.

Non è ancora chiaro quanti abbiano aderito allo sciopero: ieri Assobalneari, l’associazione di categoria che fa capo a Confindustria, aveva fatto sapere che non avrebbe aderito insieme ad altre associazioni rappresentative del settore, come Base Balneare con Donnedamare. Anche queste associazioni sono contrarie alla messa a gara degli stabilimenti, ma allo stesso tempo secondo i loro rappresentanti non sarebbe giusto «penalizzare migliaia di consumatori» attraverso lo sciopero. L’orario scelto è inoltre il meno affollato della giornata, e comunque nelle due ore di chiusura si è potuto andare in spiaggia, dove erano presenti i bagnini. Gli ombrelloni e i lettini però sono rimasti chiusi.

Secondo la Federazione italiana imprese balneari (Fiba-Confesercenti) la partecipazione è stata dell’80 per cento, mentre il Codacons, contrario all’iniziativa, ha parlato di «adesioni sotto alle attese».

I balneari si sono sempre opposti alla messa a gara delle concessioni: anche il governo attuale si è sempre detto contrario, ma dopo ripetuti richiami sia da parte dell’Unione Europea che del Consiglio di Stato (il più alto organo della giustizia amministrativa in Italia) non è più riuscito a evitarlo. I proprietari degli stabilimento che partecipano allo sciopero, in particolare, denunciano il fatto che manchino dei criteri nazionali sulle gare e che ogni ente locale possa dunque stabilire le regole in autonomia, con conseguenti disparità di trattamento tra una località e l’altra. Inoltre, le associazioni di categoria pretendono il riconoscimento di un indennizzo economico per i concessionari uscenti, ossia quelli che perderanno la concessione a causa delle gare pubbliche.

Da decenni le concessioni balneari vengono quasi sempre prorogate in modo automatico agli stessi proprietari, peraltro con canoni d’affitto molto bassi. È un metodo che viola una direttiva europea del 2006, nota come “direttiva Bolkestein”, che impone a tutti i paesi membri dell’Unione di fare dei bandi per mettere a gara le concessioni e aprire così il mercato alla concorrenza. Dal 2006 a oggi, però, governi italiani di vario orientamento politico hanno sempre rinviato la scadenza di queste concessioni, nel timore di inimicarsi la categoria dei balneari, che è piuttosto influente. L’ultima proroga era stata quella voluta dall’attuale governo di Giorgia Meloni, che con la legge di bilancio approvata nel dicembre del 2022 ha prorogato le concessioni fino alla fine del 2024.

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Le continue proroghe approvate dai governi italiani in quasi vent’anni hanno creato vari problemi, sia a livello nazionale che europeo. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ribadito più volte che l’Italia deve mettere a gara le concessioni per rispettare la direttiva Bolkestein, e lo stesso orientamento è stato confermato dal Consiglio di Stato in numerosi casi. Nel 2020 la Commissione Europea avviò anche una procedura d’infrazione contro l’Italia, ma nemmeno quella ebbe conseguenze.

L’opposizione alla messa al bando delle concessioni è una battaglia storica della destra italiana. A questo approccio è però notoriamente contrario il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e negli ultimi anni ci sono state varie tensioni con il governo per questo motivo. Nel febbraio del 2023 Mattarella arrivò anche a scrivere una lettera ai presidenti di Camera e Senato e alla presidente del Consiglio, segnalando come le proroghe delle concessioni approvate nel decreto “Milleproroghe” fossero incompatibili con il diritto europeo e con le sentenze del Consiglio di Stato. Nel gennaio del 2024, con una nuova lettera inviata agli stessi destinatari, Mattarella ribadì essenzialmente lo stesso concetto.

Per aggirare le gare il governo sta provando a sfruttare una particolare interpretazione della direttiva Bolkestein, secondo cui dovrebbero essere organizzate gare pubbliche sui beni demaniali solo nel caso in cui «il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali». In sostanza, il governo sostiene che le spiagge in Italia non siano “scarse” e anzi ci sarebbero ancora delle spiagge libere da mettere a gara prima di riassegnare quelle già occupate. A luglio del 2023 il governo ordinò quindi l’esecuzione di una mappatura del territorio nazionale per verificare dove, eventualmente, ci sarebbe una carenza di spiagge libere e quindi sarebbe effettivamente necessario indire bandi pubblici. La mappatura fu conclusa lo scorso ottobre, stabilendo che gli stabilimenti occupano solo il 33 per cento del demanio marittimo, quindi delle spiagge ma anche delle zone costiere rocciose.

Ultimamente alcuni attivisti, riuniti nell’associazione Mare Libero, hanno cominciato a organizzare dei presidi sulle spiagge per rivendicare il diritto a utilizzare un bene pubblico liberamente, senza pagare: piazzano i loro ombrelloni e i teli, anche negli spazi degli stabilimenti. Il più delle volte i gestori rimangono straniti davanti a quella che ritengono essere un’occupazione abusiva, poi in molti casi passano alla violenza verbale e talvolta a quella fisica.

– Leggi anche: Le ragioni di quelli che protestano occupando le spiagge