I giovani uomini votano più a destra delle giovani donne?

È una interpretazione discussa dei cambiamenti dell'elettorato statunitense che ha qualche riscontro anche in altri paesi, ma molti studiosi sono scettici

Manifestanti a una protesta del gruppo femminista Non Una Di Meno a Roma nel settembre del 2022 (REUTERS/Yara Nardi)
Manifestanti a una protesta del gruppo femminista Non Una Di Meno a Roma nel settembre del 2022 (REUTERS/Yara Nardi)

Nei paesi industrializzati e democratici il genere è da decenni uno dei fattori che sondaggisti, esperti di scienze politiche e persone che si occupano di campagne elettorali prendono in considerazione per valutare la probabilità che qualcuno voti per un partito piuttosto che per un altro. Anche per questo siamo in possesso di molti dati che mostrano come siano cambiate le attitudini al voto degli uomini e delle donne nel corso dei decenni.

Fino agli anni Sessanta, per esempio, in molti paesi democratici occidentali le donne votavano più spesso degli uomini partiti con posizioni conservatrici. Il divario tra i generi cominciò a ridursi negli anni Settanta, finendo poi per invertirsi negli anni Novanta. Entro il 2000, spiega il giornalista Zack Beauchamp su Vox, nelle democrazie industrializzate le donne erano diventate il gruppo che votava con maggior frequenza per i partiti progressisti, ovvero quelli allineati più di frequente con l’idea che l’uguaglianza socioeconomica tra i sessi fosse una priorità da perseguire.

Dagli anni Novanta in poi in gran parte dei paesi che appartengono all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il divario di genere tra uomini – leggermente più inclini a votare per i partiti conservatori – e donne – più inclini a votare per partiti progressisti – è rimasto invariato. Da qualche mese, però, una serie di ricerche e sondaggi molto discussi e raccontati su giornali autorevoli come Financial Times e Washington Post ha cominciato ad avanzare l’idea che questo divario stia nuovamente aumentando tra gli elettori sotto i 30 anni. Un maggior numero di giovani elettrici in molti paesi, dagli Stati Uniti alla Corea del Sud, dalla Germania al Regno Unito, si starebbe spostando verso i partiti progressisti, mentre i giovani elettori della generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012) voterebbero per i conservatori più spesso dei millennial, la generazione subito precedente alla loro.

Della questione si sta parlando soprattutto negli Stati Uniti, dove c’è da sempre una grande attenzione verso le tendenze elettorali dei vari segmenti della popolazione. In vista delle elezioni presidenziali che si terranno a inizio novembre, il Wall Street Journal ha pubblicato un lungo articolo intitolato “Election Triggers Battle of the Sexes” (“Le elezioni scatenano una battaglia tra i sessi”), citando decine di interviste e un sondaggio interno commissionato dal giornale. L’Atlantic ha riconosciuto che esiste una discussione al riguardo, ma ha sottolineato che «indagini, sondaggi e scienziati politici sono combattuti su quanto sia serio questo divario tra uomini e donne, e su cosa questo divario voglia effettivamente dire per la politica americana».

Negli Stati Uniti gli analisti che ritengono che questo divario esista, e che sia abbastanza rilevante da essere considerato un nuovo fenomeno, lo spiegano in vari modi: a partire dal fatto che le tematiche di genere sono state piuttosto centrali nelle campagne elettorali americane dal 2016 in poi.

Molte giovani elettrici che all’epoca erano ancora adolescenti e non potevano votare si sono avvicinate alla politica nello stesso periodo in cui Donald Trump si affacciava sulla scena politica statunitense, portando con sé un gran numero di scandali relativi al suo trattamento denigratorio e molesto nei confronti delle donne, oltre che un aperto disprezzo verso le lotte femministe. Negli anni successivi c’è stato poi il movimento #MeToo, che ha portato maggiore attenzione verso la violenza di genere, e poi l’abrogazione della sentenza Roe v. Wade da parte della Corte Suprema statunitense, che proteggeva il diritto all’aborto a livello federale. Da allora, 14 stati hanno vietato l’aborto salvo rari casi o del tutto, costringendo le donne che ci vivono a uscire dai confini del proprio stato per interrompere la propria gravidanza in modo sicuro e legale.

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L’abolizione del diritto all’aborto era da decenni uno degli obiettivi dei Repubblicani, e molti dei loro candidati ed elettori ritengono che le donne debbano ambire a ricoprire un ruolo più “tradizionale” a livello sociale, dando priorità a un potenziale ruolo da madri e mogli piuttosto che a un’indipendenza economica e al perseguimento di ambizioni personali che potrebbero o meno coincidere con la formazione di una famiglia. È quindi meno probabile che una giovane elettrice che ritiene particolarmente importanti i temi dell’aborto e dell’uguaglianza di genere scelga di votare per i Repubblicani.

L’articolo del Wall Street Journal trova più interessante il fatto che i giovani elettori maschi segnalino un interesse sempre inferiore per i Democratici, nonostante gli elettori under 30 in generale tendano a votare per loro da trent’anni a questa parte. Secondo i sondaggi del Wall Street Journal, fatti prima che Biden si ritirasse, la percentuale di giovani uomini che sosteneva Trump era di 14 punti percentuali superiore rispetto a quella di chi sosteneva Biden. Alle elezioni presidenziali del 2020, invece, i giovani elettori maschi under 30 avevano preferito Biden a Trump di 15 punti percentuali. La tendenza delle giovani elettrici a preferire fortemente Biden rispetto a Trump, invece, era rimasta sostanzialmente invariata nello stesso periodo.

Secondo i giornalisti Aaron Zitner e Andrew Restuccia, questo slittamento dei giovani uomini verso destra è dovuto in parte al tipo di campagna condotto da Trump, che dal 2016 in poi ha spesso cercato di proiettare un’immagine di sé come di un uomo particolarmente virile, sottolineando per esempio il proprio successo con le donne. La sua amicizia con personaggi come il wrestler Hulk Hogan, che è anche salito sul palco durante la recente convention dei Repubblicani a Milwaukee, e il fatto che abbia reagito in modo particolarmente energico quando è stato quasi ucciso con un proiettile il 13 luglio «hanno posizionato Trump come il genere di antieroe a cui milioni di giovani uomini si sentono vicini, o a cui potrebbero addirittura aspirare», scrivono.

Una protesta femminista contro l’amministrazione Trump a Washington D.C., nel gennaio del 2019 (AP Photo/Jose Luis Magana)

Infine, c’è il fatto che un certo numero di giovani uomini – minoritario, ma comunque rilevante e piuttosto rumoroso sui social network – «crede di aver perso influenza economica, culturale e politica a causa di tutta quest’attenzione per l’uguaglianza e la diversità», scrivono. «Altri esprimono risentimento per le posizioni femministe e progressiste nei campus universitari, nel settore dell’intrattenimento o nei posti di lavoro».

Ad aprile, in un sondaggio del Pew Research Center, il 23 per cento degli intervistati maschi statunitensi (non divisi per età) ha detto di ritenere che il progresso socioeconomico delle donne fosse avvenuto a spese degli uomini. «Molti giovani uomini si sentono abbandonati dai Democratici, e dicono che i Repubblicani sono gli unici che parlano direttamente a loro», dice il Wall Street Journal. A febbraio i dati della società di consulenza Gallup mostravano che gli uomini tra i 18 e i 29 anni non avevano mai avuto una così alta propensione a votare per i Repubblicani dal 2003.

A queste riflessioni si aggiungono quelle esposte in un articolo dell’Economist pubblicato a marzo a partire da un sondaggio che aggregava dati provenienti da 20 paesi industrializzati, tra cui Stati Uniti, Corea del Sud e molti paesi europei. «Vent’anni fa quando chiedevi alle persone di età compresa tra i 18 e i 29 anni di posizionarsi su una scala da 1 a 10, da molto liberale a molto conservatore, c’era poca differenza tra uomini e donne», dice l’articolo. «Ma la nostra analisi ha rilevato che nel 2020 il divario era in media di 0,7 punti. Per contestualizzare, si tratta di circa il doppio del divario di opinione tra persone con e senza laurea nello stesso anno».

Nel 2020 i giovani uomini erano solo leggermente più propensi a descriversi come liberali che conservatori, mentre le giovani donne erano molto più propense a posizionarsi a sinistra piuttosto che a destra. Secondo la loro interpretazione, tra le ragioni di queste differenze c’è il fatto che «molti politici di destra stanno abilmente alimentando le lamentele dei giovani maschi, mentre molti a sinistra riconoscono a malapena che i giovani maschi hanno veri problemi». Al contempo, i giovani uomini oggi tendono a fermarsi a un livello di istruzione inferiore rispetto alle giovani donne, e secondo molti studi è tendenzialmente più probabile che una persona con un’istruzione avanzata si posizioni a sinistra piuttosto che a destra.

Molti esperti, però, non sono affatto d’accordo sul fatto che i dati a disposizione indichino con chiarezza una polarizzazione rilevante di giovani uomini e donne. «Per ogni domanda di un sondaggio in cui si può individuare un particolare divario di genere tra i più giovani, ce ne sono molte altre in cui quel divario non esiste», ha detto per esempio John Sides, professore di scienze politiche alla Vanderbilt University, intervistato dall’Atlantic. «È una storia davvero complessa, se la guardi per più di un minuto».

Uno dei problemi è che molti dei sondaggi presi in considerazione pongono domande sulle posizioni ideologiche delle persone senza dare una definizione specifica di quelle ideologie: «Quando chiedi alle persone se si identificano come progressiste o femministe, scopri se le persone credono che quell’etichetta le descriva. Ma non chiedi come definiscono quell’etichetta», dice Sides. Questo, per esempio, esclude le persone che non amano il termine “progressista” ma sostengono comunque il diritto di abortire e l’uguaglianza tra i sessi.

A ciò si aggiunge il fatto che, semplicemente, i ventenni «sono difficili da studiare». «I giovani sono meno impegnati in politica, e molti non si identificano con un partito o l’altro. Le loro visioni del mondo sono ancora malleabili. Molti di loro sono riluttanti a rispondere alle domande, soprattutto al telefono. In tali circostanze, anche i sondaggi di maggiore qualità possono dare risultati estremamente contrastanti, addirittura implausibili», dice l’Atlantic.

Una protesta di giovani antifemministi contro il movimento #MeToo a Seul, in Corea del Sud (Jean Chung/Getty Images)

«Nelle democrazie avanzate esiste da tempo un divario politico di genere tra uomini e donne. Ma il divario è spesso piccolo, le sue cause poco chiare e gli effetti generalmente esagerati», sintetizza Zack Beauchamp su Vox. Gli esperti da lui intervistati sono d’accordo nel dire che non ci sono abbastanza dati per poter parlare con sicurezza di un fenomeno ampio. «Il problema inizia con i dati stessi. Un tipico sondaggio politico esamina solo un numero di persone sufficiente per ottenere un campione rappresentativo dell’intero paese, ad esempio 1.100 persone negli Stati Uniti», scrive Beauchamp. «Ciò è sufficiente per darci una fotografia istantanea dell’elettorato nel suo insieme, ma può rendere difficile campionare persone provenienti da sottogruppi particolari, come le giovani donne. Così, a volte, fonti di dati diverse giungono a conclusioni diverse [sulla stessa categoria di persone]».

L’unico paese in cui la tendenza sembra essere effettivamente conclamata, al punto da essere stata riflessa nelle elezioni presidenziali del 2022, è la Corea del Sud. Ma «parliamo di un paese con livelli storicamente altissimi di sessismo evidente, un movimento #MeToo di straordinario successo, uno dei tassi di natalità più bassi del mondo, e un servizio militare obbligatorio solo per gli uomini. È impossibile dire se si tratta di un caso isolato o di un presagio per il futuro del mondo democratico», scrive Vox.

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La professoressa di scienze politiche dell’Università del Wisconsin-Milwaukee Kathleen Dolan dice che, al momento, i dati mostrano con molta più chiarezza che sono fattori diversi dal genere a incidere maggiormente sulle tendenze delle persone nei paesi industrializzati. Le donne, per esempio, negli Stati Uniti sono più diverse tra loro di quanto non lo siano dai loro coetanei maschi: «le donne non bianche sono molto Democratiche, mentre Trump ha ottenuto la maggioranza di donne bianche sia nel 2016 che nel 2020; le donne non sposate sono molto più Democratiche, nel complesso, delle loro coetanee sposate; le donne evangeliche votano in modo più conservatore rispetto alle altre donne cristiane, che a loro volta sono più conservatrici delle donne ebree o atee».

Le donne più giovani, poi, votano molto più per i Democratici che quelle delle generazioni precedenti. E questo è ancora vero anche per gli elettori maschi più giovani, anche se lo scarto è inferiore. «Quindi c’è una differenza, sì», scrive Beauchamp. «Ma non è il genere di divisione massiccia che ha il potenziale per stravolgere la politica statunitense».

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