Tra Kamala Harris e Tim Walz è stata questione di affinità
Il candidato Democratico alla vicepresidenza è stato scelto in 16 giorni molto intensi, e questa volta i sondaggi hanno avuto un ruolo assai limitato
Normalmente negli Stati Uniti la procedura di selezione del proprio running mate, il candidato alla vicepresidenza, richiede mesi e inizia addirittura durante la fase delle primarie, nella prima metà dell’anno elettorale. Kamala Harris, la candidata del Partito Democratico alle elezioni di novembre, ha dovuto decidere in soli 16 giorni: e ha scelto il governatore del Minnesota Tim Walz.
Secondo le ricostruzioni di vari giornali statunitensi, tra cui il New York Times e Politico, lo staff di Harris ha iniziato a mettere insieme una lista di potenziali vicepresidenti subito dopo il ritiro di Joe Biden dalle elezioni presidenziali, annunciato domenica 21 luglio. All’inizio c’era una decina di nomi, ridotti rapidamente a sei: oltre a Walz c’erano il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, il senatore dell’Arizona Mark Kelly, il governatore dell’Illinois J.B. Pritzker, quello del Kentucky Andy Beshear e il segretario ai Trasporti Pete Buttigieg.
Sono tutti uomini bianchi, provenienti per la maggior parte da stati interni: al contrario di Harris, che è una donna, è nata in California (uno stato costiero) e ha origini indiane e giamaicane. Spesso per la vicepresidenza vengono scelte persone con caratteristiche diverse da quelle del candidato presidente, con l’intenzione di “bilanciare” il cosiddetto ticket (ossia la coppia di presidente e vicepresidente, che vengono eletti insieme) e attrarre un elettorato più ampio possibile. Anche Barack Obama, un uomo nero e con poca esperienza in politica, scelse Joe Biden (bianco e con tanta esperienza), e Joe Biden a sua volta scelse Harris.
All’inizio della scorsa settimana lo staff di Harris ha tenuto degli incontri online, su Zoom, con i sei candidati iniziali. La lista è stata così ridotta a tre nomi: Walz, Shapiro e Kelly. Sabato sera Harris ha parlato a lungo con il suo staff, analizzando i pro e i contro di ogni potenziale vicepresidente. Il giorno successivo, domenica, tutti e tre sono stati invitati a Washington D.C. per incontrare (separatamente) Harris, in quello che è stato descritto come un «test di chimica», un colloquio che sarebbe servito a capire se ci fosse affinità tra i due e quindi se sarebbe stato possibile lavorare insieme in modo sereno.
Intanto lo staff di Harris aveva commissionato dei sondaggi e degli studi su Kelly, Walz e Shapiro, per capire quale dei tre uomini avrebbe potuto aiutare maggiormente il Partito Democratico a vincere le elezioni. Nessuno però è risultato determinante e alla fine Harris ha scelto più in base alle affinità personali che ai numeri.
Harris «voleva qualcuno che capisse il proprio incarico, con cui avesse una connessione e che potesse bilanciare» la sua candidatura, ha detto al New York Times Cedric Richmond, un consulente che fa parte dello staff della candidata.
Durante il colloquio di domenica Walz si era reso disponibile a lavorare in squadra e ad aiutare Harris senza volerle in qualche modo “rubare la scena”. Shapiro invece si era mostrato un po’ più restio: secondo una fonte anonima citata da Politico, dopo il colloquio aveva richiamato lo staff di Harris e aveva fatto intendere di avere qualche dubbio sull’opportunità di lasciare il suo ruolo da governatore, che ricopre con successo da appena un anno e mezzo. Shapiro ha inoltre note ambizioni presidenziali, cosa che avrebbe potuto complicare le relazioni con Harris.
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Fino a qualche settimana fa Harris non aveva avuto particolari relazioni personali o professionali con nessuno dei tre potenziali vicepresidenti. Secondo le fonti dei media statunitensi, però, si è trovata fin da subito in sintonia con Walz. Lo scorso marzo, inoltre, i due avevano visitato insieme una clinica di Planned Parenthood, in cui si fanno anche interruzioni volontarie di gravidanza, a St. Paul, in Minnesota.
Oltre all’affinità personale, hanno influito nella scelta anche alcune considerazioni più oggettive: Walz è presidente dell’Associazione nazionale dei governatori Democratici, ed è noto e stimato anche negli ambienti politici del Congresso. Proviene da uno stato liberale, ma per più di dieci anni ha rappresentato alla Camera un distretto conservatore. Ha idee progressiste vicine alle sensibilità Democratiche, un atteggiamento “alla mano” e ottime capacità comunicative. In questa campagna elettorale è diventato noto a molti per aver iniziato a usare il termine «weird», ossia “strani”, per riferirsi a Donald Trump, a J.D. Vance e più in generale alla componente più conservatrice del Partito Repubblicano, avviando una tendenza comunicativa che è stata presto adottata da gran parte del Partito Democratico e anche dalla stessa Harris.
Harris ha chiamato Walz per informarlo della sua decisione martedì mattina, quando a Washington erano le 10. I due hanno poi pubblicato sui social un video della loro conversazione: «Sarei onorato» di essere vicepresidente, ha detto Walz, aggiungendo che la campagna elettorale di Harris fino a quel momento aveva riportato «gioia» ed «entusiasmo» nel paese.