Il dibattito sulla statua di Marilyn Monroe a Palm Springs
Va avanti da tempo tra chi la trova pacchiana, sconveniente o sessista, quindi il sindaco ha deciso di spostarla, ma non di molto
Il 25 luglio il sindaco di Palm Springs Jeffrey Bernstein ha fatto sapere che la statua di Marilyn Monroe che sta davanti al museo d’arte della città verrà spostata. Di “Forever Marilyn”, un’imponente opera alta quasi otto metri, si discute da tempo: per alcuni è un simbolo della città, mentre per altri è pacchiana, sconveniente e sessista.
La statua pesa più di 15 tonnellate, è stata realizzata nel 2011 dall’artista statunitense Seward Johnson e rappresenta Monroe con il celeberrimo vestito bianco che indossa nel film del 1955 Quando la moglie è in vacanza. Inizialmente venne esposta a Chicago e nel 2012 arrivò appunto a Palm Springs, una città in un’area desertica dell’entroterra della California, in cui si dice che la celebre diva del cinema fosse stata “scoperta”.
A Palm Springs “Forever Marilyn” restò per due anni, per poi essere scomposta e messa in mostra nel New Jersey, nel Connecticut e anche in Australia. Fu riportata in California nel 2021, quando un consorzio per la promozione del turismo locale la acquistò per un milione di dollari: venne posizionata davanti al Museo d’arte di Palm Springs, un edificio modernista progettato dall’influente architetto del posto: Emerson Stewart Williams. Da allora si discute sia della statua in sé, che di dove è stata messa.
Già tra il 2012 e il 2014 la statua di Marilyn Monroe era diventata un’attrazione molto nota in città e andava fortissimo sui social network, dove ancora oggi si trovano migliaia di selfie e foto di turisti, a volte piazzati in mezzo alle sue gambe mentre guardano in su, sotto la gonna. Attira ogni mese decine di migliaia di persone ed è raffigurata sulle cartoline in vendita nei negozi del posto.
Il primo a esprimersi apertamente contro l’opera fu il direttore del museo, Louis Grachos, che nel 2021 la definì «carica di sensualità, irrispettosa» e inadatta a essere mostrata agli 80mila bambini e bambine che visitano i suoi spazi ogni anno. Chi va e viene dal museo infatti vede il sedere e le mutande della statua: «Non è questo il messaggio che vogliamo dare alla nostra comunità», disse Grachos.
Ma questa non è la sola critica mossa all’opera. Quando era stata esposta a Chicago il critico d’arte Abraham Ritchie la descrisse come «una robaccia raccapricciante fatta da uno scultore da quattro soldi»; per un’altra ex direttrice del museo, Elizabeth Armstrong, è «un monumento alla misoginia» e «un residuo retrogrado di un’attitudine patriarcale e sessista», che sembra incoraggiare il gesto di alzarsi la gonna o approvare quello di fare foto sotto alle gonne altrui, che è un reato.
Nel 2021 inoltre un gruppo chiamato “Comitato per spostare Marilyn” ha fatto causa alla città e al consorzio che aveva acquistato la statua, sostenendo che l’amministrazione cittadina non avesse l’autorità per modificare la viabilità di una delle strade più frequentate del posto per installare la statua davanti al museo. Più di recente una stilista della città, Trina Turk, ha istituito una petizione per rimuoverla, ottenendo un discreto seguito.
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In base alla decisione del consiglio comunale la statua verrà spostata in un luogo da definirsi entro 30 giorni nel Downtown Park, un parco da 6mila metri quadri adiacente a dove si trova ora. Il compromesso è stato pensato in parte per accontentare un po’ tutti, e in parte per limitare i costi della causa legale in corso. Non è comunque chiaro dove verrà spostata, con quali interventi e quali costi, visto che il parco è già pieno di palme, panchine e altre infrastrutture.
Il New York Times ha osservato che la statua ha creato un po’ uno scontro tra due tipi di cultura, quella pop e quella più alta, dei musei. C’è chi sostiene che sia un simbolo dell’atmosfera della città, dell’epoca d’oro di Hollywood e dei tempi in cui Palm Springs diventò famosa come località alla moda, nonché un punto di riferimento per l’architettura californiana. C’è invece chi non la considera un’opera d’arte e più o meno velatamente sembra infastidito dal fatto che blocchi la vista sull’ingresso al museo.
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