Per gli sfollati di Scampia le cose non si sono ancora risolte
Molti non hanno trovato una sistemazione e nonostante abbiano presentato al comune la domanda per un sussidio economico dicono che senza garanzie non riescono ad affittare un'altra casa
Nella notte tra domenica e lunedì molte delle persone sfollate dalla Vela Celeste di Scampia a causa del crollo di un ballatoio avvenuto il 22 luglio hanno tentato di tornare nelle loro case forzando il blocco dei poliziotti. Dopo quasi cinque ore trascorse nei loro appartamenti a fare lavatrici o a raccogliere le loro cose sono tornate nella sede dell’Università Federico II, occupata dopo l’evacuazione. «La nostra non è stata una protesta, né una provocazione ma semplicemente abbiamo bisogno di una casa», hanno detto al Mattino di Napoli.
Secondo gli sfollati della Vela Celeste il comune di Napoli non ha ancora individuato una soluzione efficace per le persone rimaste senza casa: «Qualcuno si è appoggiato ai parenti o ha avuto la possibilità di essere aiutato dalla famiglia ma chi sta occupando l’università, non sa che fine farà», hanno dichiarato.
Una settimana dopo il crollo del ballatoio, che ha causato la morte di tre persone, la giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Gaetano Manfredi aveva deciso di mettere a disposizione degli sfollati in situazione di fragilità delle camere in albergo per un massimo di 30 giorni e un contributo economico per affittare in autonomia una casa. Il contributo totale previsto dal piano è pari a 1 milione di euro e si tradurrà in un primo sostegno pari a tre mensilità, «per supportare l’eventuale necessità di versare una caparra per i contratti di affitto», dice il comune, e in successive erogazioni mensili previste per l’inizio di ogni mese.
Al 3 agosto le richieste di contributo arrivate al comune sono 219 e corrispondono a un totale di 808 persone coinvolte: 492 adulti e 316 minori e, tra loro, 73 persone con disabilità. Tutte le domande sono ora in fase di esame da parte degli uffici comunali. Per far fronte all’esigenza di sgomberare quanto prima gli appartamenti e interdire definitivamente l’accesso alla Vela Celeste il comune ha anche promesso che attuerà un piano per assistere gli sfollati nel trasloco sulla base di un calendario che sarà definito con i Vigili del Fuoco.
La soluzione individuata dal comune era stata criticata fin da subito dal comitato Vele di Scampia, movimento che dagli anni Novanta riunisce gli abitanti delle Vele che lottano per un alloggio dignitoso. Il comitato aveva infatti anticipato una serie di possibili problematiche legate al piano dei contributi: trovare una casa a Napoli sarebbe stato complicato, e poi, per le persone sfollate dalle Vele, sarebbe stato difficile avere tutte le garanzie richieste per affittare una casa, ovvero una busta paga o comunque redditi dimostrabili. Dopo che il comitato aveva negoziato con il comune i termini e le modalità di tale contributo dando infine il proprio benestare, le problematiche segnalate inizialmente sembrano però essersi concretizzate.
Tanti sfollati hanno infatti raccontato che le agenzie immobiliari chiedono garanzie che loro non riescono a dare e anche che molte si sono rifiutate di proporre case in affitto a famiglie così numerose. Un ex residente della Vela Celeste ha detto al Mattino: «Io faccio lavori saltuari, la busta paga non l’ho mai avuta, come faccio ad affittare una casa? Siamo andati in agenzia e ovviamente senza un contratto di lavoro le case non me le fanno proprio vedere».
Il complesso delle Vele, che per decenni sono state il simbolo di molti dei problemi di Napoli, fu costruito tra il 1962 e il 1975 in seguito a una legge approvata nel 1962 per creare nuovi quartieri di edilizia popolare in diverse città italiane. Vennero usati fondi della Cassa del Mezzogiorno, un ente pubblico creato negli anni Cinquanta per finanziare interventi e opere di pubblico interesse nell’Italia meridionale.
Gli edifici si chiamano così per la loro forma: la base è larga e la struttura si restringe man mano salendo ai piani superiori. Le Vele erano inizialmente sette e ogni Vela era composta da due edifici paralleli lunghi 100 metri e alti 45, con 14 piani collegati da ballatoi e rampe di scale. Ogni Vela era denominata dagli abitanti con un colore: quella in cui è avvenuto il crollo è la Vela Celeste. Delle tre su sette rimaste dopo le demolizioni iniziate negli anni Novanta la Vela Celeste è l’unica che non sarà abbattuta ma riqualificata attraverso il progetto Re-Start Scampia: è stato avviato dall’amministrazione dell’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris e poi portato avanti da Manfredi.
Dopo la vittoria alle elezioni del 2021, la giunta di Manfredi ha ampliato il progetto con i fondi europei messi a disposizione dal PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza con cui verranno spesi i finanziamenti europei del Recovery Fund. Sono stati previsti 156 milioni di euro per completare l’abbattimento delle Vele e costruire nuovi complessi di edilizia residenziale pubblica; un asilo nido da circa 50 posti e una scuola dell’infanzia da 120; un centro civico con funzioni sociali e culturali; nuove strutture commerciali; laboratori artigianali e piccole botteghe; un nuovo parco urbano. Inoltre è prevista la riqualificazione di una grande area di fronte alla stazione della linea 1 della metropolitana. Circa 1.400 appartamenti sono già stati costruiti.
Nella Vela Celeste saranno ricavati uffici pubblici del comune e della città metropolitana, l’ex provincia. Prima però dovranno essere costruiti 433 nuovi appartamenti per spostare le ultime 450 famiglie che abitano ancora nelle Vele. I lavori sono iniziati a maggio e dovrebbero concludersi nel 2026.
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