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  • Martedì 6 agosto 2024

I pittogrammi olimpici raccontano delle storie

I simboli grafici che identificano gli sport dei Giochi sono da sessant'anni una forma d'arte e di autorappresentazione

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Per identificare in modo immediato gli sport dei Giochi Olimpici si usano ormai da sessant’anni i pittogrammi, cioè quei simboli grafici che indicano le varie discipline. I primi furono impiegati per le Olimpiadi di Tokyo nel 1964, e quasi tutti quelli delle edizioni seguenti hanno preso ispirazione da quelli: a volte hanno contribuito a raccontare qualcosa in più sul paese in cui si svolgevano, mentre nei Giochi in corso, quelli di Parigi 2024, sono stati un po’ rivoluzionati.

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I pittogrammi sono rappresentazioni grafiche stilizzate che trasmettono in maniera chiara un messaggio, funzionando come una forma universale di linguaggio non verbale. Sono perciò ideali per far capire subito l’attività, il luogo o il servizio a cui si riferiscono, soprattutto quando è probabile che a vederli siano moltissime persone che non parlano la stessa lingua, come tutte quelle coinvolte nei Giochi. Sono pittogrammi le figure di uomini e donne che indicano i bagni nei locali, la forchetta e il coltello che indicano un ristorante o il disegno di un letto per indicare un hotel.

Come ha spiegato il graphic designer svizzero Markus Osterwalder, segretario generale della Società internazionale degli storici olimpici, hanno una storia lunga anche ai Giochi, dove «rendono tutto molto più semplice». Sotto forma di cartelli o integrati nei banner dell’evento nei palazzetti, nelle piscine o nei campi da tennis funzionano un po’ come una guida per il pubblico e lo staff tecnico, così come per i giornalisti che devono partecipare alle conferenza stampa, ma non solo: vengono trasmessi anche nelle grafiche in sovrimpressione in tv, di modo che chiunque capiti su una certa gara sappia immediatamente di che disciplina si tratta.

Il velocista giapponese Shota Iizuka, argento nella staffetta 4×100 a Rio 2016, in posa per una foto con la karateka Kiyou Shimizu, alunne e alunni di una scuola di Tokyo e i pittogrammi di Tokyo 2020, 12 marzo 2019 (AP Photo/ Koji Sasahara)

I pittogrammi olimpici furono introdotti appunto ai Giochi di Tokyo 1964, i primi a essere organizzati in Asia. I giapponesi dovettero affrontare il problema della lingua, visto che al tempo quasi nessuno conosceva il giapponese fuori dal Giappone, ricorda Osterwalder, per cui «c’era la reale esigenza di trovare qualcosa che funzionasse per tutte le persone provenienti da altri paesi. Un sistema non verbale». Così una squadra di grafici e illustratori si ispirò alla fotografia sportiva e ridusse al minimo le forme e le dimensioni di ciò che voleva illustrare, cioè persone impegnate nei vari sport: ne uscirono i 20 pittogrammi per gli eventi olimpici in città, i primi della storia dei Giochi moderni.

Dopo le devastazioni e la sconfitta del Giappone nella Seconda guerra mondiale la metropoli di Tokyo aveva saputo rinnovarsi radicalmente, e per il paese i Giochi del 1964 erano un’occasione perfetta per provare a riacquistare credibilità e prestigio nel mondo. Non fu un caso che a capo del progetto grafico fosse stato messo Kamekura Yusaku, considerato il più influente graphic designer giapponese nel secondo dopoguerra.

Anche il logo di Tokyo 1964 era semplicissimo, immediatamente riconoscibile e soprattutto efficace: con un cerchio rosso che ricordava quello della bandiera del Giappone sopra ai cinque cerchi olimpici e alla scritta con anno e città, contribuì a definire l’identità dei Giochi e l’immagine che il paese voleva proiettare di sé.

I pittogrammi da Tokyo 1964 a Tokyo 2020

I pittogrammi di Tokyo 1964 influenzarono lo sviluppo di quelli delle edizioni successive dei Giochi, come quelli di Monaco 1972, che con le sue figure molto stilizzate e spigolose restano ancora oggi tra i più memorabili. Nei tre decenni seguenti alla loro introduzione non ci furono cambiamenti sostanziali: furono ideati pittogrammi più o meno chiari e con piccole differenze di stile, ma «tutti erano simili tra loro», scrive Osterwalder. Dai primi anni Novanta tuttavia cominciarono a spuntarne di più originali, anche per rappresentare più chiaramente la cultura del paese ospitante.

Nel 1992 sia i Giochi estivi di Barcellona che quelli invernali di Albertville (gli ultimi a tenersi nello stesso anno di quelli estivi, in Francia) avevano pittogrammi ispirati alla pittura a pennello, con figure a volte molto arrotondate, molto allungate o molto astratte, in generale più originali delle precedenti. La vera svolta secondo gli addetti ai lavori però ci fu nel 1994 con le Olimpiadi invernali di Lillehammer, in Norvegia.

L’evoluzione dei pittogrammi per le gare di hockey e hockey su prato da Los Angeles 1984 a Londra 2012 (theolympicdesign.com)

Per la prima volta infatti i pittogrammi di Lillehammer 1994 «raccontarono una storia», spiega Osterwalder. Le grafiche erano ispirate ad alcune iscrizioni rupestri risalenti a circa 4mila anni fa trovate in una caverna nel nord del paese, tra cui la prima di cui si abbia traccia che rappresenta un uomo sugli sci. In questo senso i pittogrammi incorporarono sia la cultura del paese ospitante, sia il suo stretto legame con la neve e gli sport invernali.

Secondo Osterwalder funzionarono bene anche a livello di marketing, visto che l’organizzazione «produsse migliaia di magliette e oggetti con i pittogrammi che la gente apprezzò moltissimo», e questo è un fattore tenuto in considerazione ancora oggi.

I pittogrammi di Lillehammer 1994, secondo il Centro studi olimpici tra i più apprezzati di sempre

Anche i pittogrammi di Sydney 2000 erano basati sulla storia dell’Australia, e in particolare su un oggetto, il boomerang, che fu sfruttato nella gran parte dei simboli per rappresentare le gambe delle persone impegnate nelle varie discipline, dalla ginnastica artistica al sollevamento pesi. Fu un po’ lo stesso per Atene 2004, il cui stile e colori ricordavano quelli delle figure dipinte sulle ceramiche dell’antica Grecia.

Alcuni dei pittogrammi di Atene 2004 (dal sito theolympicdesign.com)

Sia per i pittogrammi delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 sia per quelle di Vancouver 2010 i colori vennero sfruttati per ottenere effetti tridimensionali. Forse invece ricordate le simpatiche personcine arrotondate di Sochi 2014, basate su quelle di Mosca 1980, oppure la performance dei “pittogrammi umani” comparsi durante la cerimonia di apertura sempre di Tokyo 2020.

Si può comunque dire che i pittogrammi di Parigi 2024 siano tra i più elaborati e audaci realizzati finora. Sono stati presentati nel febbraio del 2023, assieme a tutte le grafiche dell’evento, e sono ideati per ricordare l’idea di uno stemma: uno strumento visuale che nell’idea di chi lo ha pensato renda omaggio alle peculiarità, all’originalità e alle complessità di ciascuno sport e che al tempo stesso funzioni come simbolo dell’orgoglio per chi lo pratica e lo segue.

I pittogrammi di queste Olimpiadi sono in totale 62, uno per ciascuna delle 47 discipline del programma olimpico, di cui otto in comune con quelli dei Giochi Paralimpici. Nella gran parte dei casi hanno dei simboli al posto delle figure di persone e si basano sostanzialmente su tre elementi: un oggetto distintivo per ciascuno sport, il luogo in cui si pratica e soprattutto l’uso della simmetria lungo uno o due assi diagonali per accentuare l’azione e creare appunto l’effetto di uno stemma.

La pallanuoto per esempio è simboleggiata dalla tipica cuffia indossata dai giocatori, il badminton dal tradizionale volano e lo skateboard da due tavole disposte in maniera speculare lungo la diagonale, che talvolta diventa una rete oppure una linea che separa due campi, come nel caso del beach volley o del rugby.

I pittogrammi di Parigi 2024 si possono trovare tutti qui. Quello della breaking olimpica (più nota come break dance) è probabilmente uno dei più insoliti, visto che mette insieme le scarpe usate da chi la pratica e un disco in vinile, che grazie agli spazi creati con le diagonali sembra quasi essere in movimento.

Questa idea di movimento è molto efficace, come d’altra parte risultano efficacissimi i pittogrammi trasmessi nelle loro versioni animate sugli schermi durante gli eventi. Si riesce a creare lo stesso effetto anche nei pittogrammi delle Paralimpiadi, che sono fatti con gli stessi criteri e comprendono tra le altre cose carrozzine, protesi e bici modificate.

Tra i più notevoli a livello artistico ci sono quelli che indicano le gare di ciclismo BMX, che si dividono in “freestyle” e “racing”, la prima più orientata alla spettacolarità e la seconda alla velocità. Le due specialità sono ovviamente rappresentate da una bicicletta, ma si distinguono perché nel primo caso la bici è a testa in giù e nel secondo compare un caschetto più sportivo. Notevole anche il pittogramma della scherma, che è rappresentata da una spada, un fioretto e una sciabola incrociate e quello dei tuffi, che è forse tra i più criptici da interpretare: mette insieme un trampolino, una piattaforma e l’acqua sottostante come “campo di gioco”.

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