Giorgia Meloni e i giornalisti non vanno molto d’accordo

I rapporti della presidente del Consiglio con gli inviati di giornali e agenzie sono compromessi da tempo, e il recente viaggio in Cina ha esacerbato le tensioni

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni incontra i giornalisti a Bruxelles, durante il Consiglio Europeo del 24 marzo 2023 (Filippo Attili/LaPresse)
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni incontra i giornalisti a Bruxelles, durante il Consiglio Europeo del 24 marzo 2023 (Filippo Attili/LaPresse)
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Martedì a Palazzo Chigi si è svolto un incontro un po’ insolito. Il portavoce di Giorgia Meloni, Fabrizio Alfano, ha convocato alcuni giornalisti rappresentanti dell’Associazione della stampa parlamentare per parlare dei problemi presentati dai cronisti che seguono l’attività della presidente del Consiglio in Italia e soprattutto all’estero, secondo cui Meloni avrebbe un atteggiamento poco collaborativo nei loro confronti. Non è una cosa nuova: il rapporto tra Meloni e i giornalisti dei principali quotidiani e agenzie di stampa italiane è stato problematico fin dall’inizio del suo mandato, a ottobre del 2022, ma alcuni episodi recenti hanno esacerbato queste tensioni.

Non c’è stata una singola vicenda che ha determinato l’irrigidimento dei rapporti tra Meloni e i giornalisti, ma una serie di screzi, tensioni e incomprensioni che si sono sommate nel tempo e hanno contribuito a creare sentimenti di diffidenza e scarsa fiducia sia tra i giornalisti che in Meloni e il suo staff.

L’ultimo battibecco è avvenuto a fine luglio, durante il viaggio di Meloni in Cina. Ai giornalisti italiani che seguivano la presidente del Consiglio era stato detto che l’incontro più importante, quello tra Meloni e il presidente cinese Xi Jinping, non avrebbe previsto colloqui con la stampa, e che pertanto non era opportuno che gli inviati chiedessero di essere ammessi nella residenza di Stato di Diaoyutai a Pechino, sede dell’incontro, perché i posti erano limitati e riservati ai soli componenti dello staff presidenziale. I giornalisti italiani hanno scoperto solo in seguito che ai giornalisti di agenzie straniere, come Reuters o Associated Press, era invece stato consentito l’accesso da parte delle istituzioni cinesi.

Alla fine gli inviati italiani a Pechino, dopo aver affrontato un viaggio lungo e dispendioso, hanno dovuto farsi dire cosa stava succedendo dai giornalisti stranieri. Inoltre, contrariamente a quanto garantito dallo staff di Palazzo Chigi, al termine dell’incontro Meloni e Xi hanno tenuto un breve incontro con i giornalisti: poche battute, un rapido riassunto del colloquio, a cui però i cronisti italiani non hanno potuto partecipare.

Giorgia Meloni incontra il presidente cinese Xi Jinping a Pechino, il 29 luglio 2024 (Vincent Thian/LaPresse)

I collaboratori di Meloni si sono giustificati da un lato dicendo che neppure loro sapevano che ci sarebbe stato questo momento conclusivo con la stampa, da cui la stessa presidente del Consiglio è stata presa alla sprovvista; dall’altro spiegando che lo staff di Xi aveva messo a disposizione al massimo sette posti riservati alla stampa italiana, quattro dei quali erano già assegnati a due componenti dell’ufficio stampa e a due fotografi di Palazzo Chigi. Restavano dunque tre posti da assegnare: per evitare di scatenare una competizione tra i molti inviati è stato deciso di escludere tutti dall’incontro. Questo, aggiunto ad altri malintesi e sgarbi lamentati dai giornalisti al seguito di Meloni durante il viaggio tra Pechino e Shanghai, ha portato alla convocazione dell’incontro tra i portavoce della presidente del Consiglio e i dirigenti dell’Associazione della stampa parlamentare, a cui aderisce la maggior parte dei giornalisti che seguono da vicino le attività del governo e del parlamento.

Episodi simili si ripetono fin dal primo importante viaggio di Meloni, quello del novembre del 2022 a Bali (in Indonesia) per il G20, la riunione annuale dei leader dei venti più importanti Paesi del mondo. Meloni era presidente del Consiglio da un mese e fino a quel momento aveva dato pochissime dichiarazioni alla stampa: c’era molta attesa di vederla impegnata nel suo primo grande incontro internazionale. Durante la trasferta ai giornalisti italiani vennero date indicazioni scarse e confuse sull’attività di Meloni e sugli incontri che avrebbe tenuto. Quasi in chiusura dei lavori era prevista una conferenza stampa: Meloni vi si presentò con un notevole ritardo rispetto alla convocazione, tenne un lungo intervento introduttivo, e poi lasciò appena un paio di minuti per accogliere tre domande, giustificandosi col fatto che subito dopo era attesa da Xi per un colloquio serale organizzato all’ultimo.

Pochi giorni dopo, il 22 novembre, a Palazzo Chigi si tenne la conferenza stampa in cui il governo presentò la bozza della legge di Bilancio, l’importante provvedimento con cui si definisce la politica economica dell’anno successivo. Meloni fece di nuovo una lunghissima introduzione, poi rispose in maniera molto risentita a una domanda sui suoi rapporti con il presidente francese Emmanuel Macron, quindi fece per congedarsi senza che nessun altro dei numerosi cronisti presenti potesse farle domande. La giustificazione, in quel caso, era che la presidente del Consiglio sarebbe dovuta andare subito all’assemblea nazionale di Confartigianato. I giornalisti protestarono, lamentarono la scarsa disponibilità di Meloni ad accettare le domande: ne nacque un battibecco in cui la presidente del Consiglio si rivolse in maniera beffarda ai giornalisti («Foste stati così coraggiosi in altre situazioni…», disse) scatenando ulteriori polemiche.

Giorgia Meloni col suo portavoce, il giornalista Fabrizio Alfano (Roberto Monaldo/LaPresse)

Passarono poco più di due mesi, e il 3 febbraio Meloni andò a Berlino per un delicato incontro con il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Al termine dell’incontro, durante la conferenza stampa, un giornalista tedesco chiese conto alla presidente del Consiglio di alcune sue vecchie dichiarazioni di ostilità nei confronti della Germania; poco dopo, un collega italiano sollecitò Meloni a commentare una polemica politica italiana che riguardava due esponenti di Fratelli d’Italia, il deputato Giovanni Donzelli e il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. La presidente del Consiglio rispose con una certa freddezza a entrambe le domande. Poi alcuni componenti del suo staff si lamentarono con la delegazione di giornalisti presenti: dissero che era stato inopportuno dare spazio alle baruffe di politica interna durante un incontro internazionale (come già accaduto a Bali, peraltro) e allusero al fatto che, a loro avviso, anche la domanda del giornalista tedesco era stata suggerita dagli italiani desiderosi di mettere in imbarazzo Meloni.

Tre settimane dopo Meloni fece un delicato viaggio in Ucraina, per incontrare il presidente Volodymyr Zelensky. Fu un ulteriore momento di polemica con gli inviati che la seguirono: relegati in una cabina isolata del treno blindato che dal confine polacco portò Meloni e i suoi collaboratori a Kiev, lasciati senza informazioni certe sullo svolgimento del viaggio, furono infine costretti a intavolare una trattativa piuttosto estenuante con lo staff della presidente del Consiglio per ottenere di porre non più di due domande durante la conferenza stampa finale al palazzo presidenziale di Kiev.

A inizio marzo la presidente del Consiglio fece una doppia missione in India e negli Emirati Arabi Uniti. Nella prima tappa evitò ogni contatto con la delegazione degli inviati italiani, anche per prevenire il rischio che questi potessero farle delle domande sul naufragio di Cutro, avvenuto pochi giorni prima in Calabria, e sulle responsabilità del governo. Alcuni giornali notarono con toni critici questa sua indisponibilità, e il giorno seguente Meloni si presentò ai cronisti che la seguivano per un punto stampa esordendo con toni polemici: «Il premier muto è qui per rispondere alle vostre domande».

– Leggi anche: Cutro, un anno e tre “cabine di regia” dopo

Pochi giorni dopo, proprio a Cutro, al termine di un Consiglio dei ministri straordinario si svolse una conferenza stampa con toni inusuali: Meloni si confuse nella ricostruzione dei fatti che avevano portato al naufragio, poi polemizzò con i giornalisti, tra i componenti del suo staff nacque un mezzo bisticcio con rinfacci reciproci sulla pessima gestione dell’evento, e quella circostanza contribuì a compromettere ulteriormente il rapporto di Meloni coi cronisti che la seguono nelle sue trasferte istituzionali (nel naufragio di Cutro, avvenuto il 26 febbraio del 2023, morirono almeno 94 persone migranti).

La conferenza stampa del governo dopo il Consiglio dei ministri convocato a Cutro, il 9 marzo 2023 (Antonino Durso/LaPresse)

Le tensioni tra Meloni, il suo staff e i giornalisti sono all’ordine del giorno anche nelle sedi delle istituzioni europee. Durante i Consigli Europei, per esempio, è prassi che i collaboratori dei vari capi di Stato e di governo impegnati nelle riunioni riservate tengano brevi incontri con la stampa: per dare aggiornamenti sugli sviluppi delle trattative, per offrire dei chiarimenti, dare imbeccate o indiscrezioni, o più banalmente per rispondere informalmente ad alcune domande.

Lo facevano anche vari governi italiani del passato, ma non quello di Meloni, che ha interrotto quasi del tutto questa abitudine al punto da lasciare inutilizzata per mesi e mesi la sala al quarto piano del Palazzo Europa, dove si svolgono i Consigli, che è riservata alle conferenze stampa del governo italiano (a Bruxelles). E così inviati e corrispondenti dei quotidiani italiani devono spesso chiedere informazioni ai loro colleghi stranieri, o affidarsi a fonti confidenziali.

Alla base di questo atteggiamento di scarsa collaborazione nei confronti dei cronisti c’è una profonda sfiducia che Meloni e i suoi più stretti collaboratori nutrono nei confronti della stampa. È una questione di diffidenza, ma dipende anche da una sorta di ossessione: la percezione che tutti quelli che non fanno parte del ristrettissimo cerchio di persone di massima fiducia della presidente del Consiglio vogliano più o meno dichiaratamente sabotare il governo. Questo ha modificato in maniera significativa le abitudini e il galateo che regolano da tempo i rapporti tra i giornalisti e il capo del governo. Si tratta di regole non scritte e modificabili a seconda delle circostanze, ma che finora sono state perlopiù rispettate.

Solo per stare ai casi più recenti, Matteo Renzi (che fu presidente del Consiglio tra il 2014 e il 2016) era solito ospitare sul suo stesso aereo una delegazione dei cronisti con cui si intratteneva senza mediazioni e con toni anche piuttosto confidenziali, per poi concordare ciò che era possibile pubblicare e ciò che invece sarebbe dovuto rimanere riservato. Giuseppe Conte (in carica tra il 2018 e il 2021) invece delegava la gestione dei rapporti con i giornalisti al suo portavoce Rocco Casalino, che spesso adottava metodi assertivi e preferiva i canali social al confronto diretto con la stampa, anche nelle missioni all’estero. Con Mario Draghi (2021-2022) si tornò a una comunicazione istituzionale più ingessata e rigorosa: pochissime interviste a giornali e tv, e quasi mai imbeccate o indiscrezioni date ai cronisti; ma c’era una sostanziale disponibilità a fornire spiegazioni e chiarimenti esaustivi (con briefing costanti a cadenza mensile anche con la stampa estera), specie in occasione dei grandi eventi internazionali.

Oltre a una generale e diffusa diffidenza da parte di Meloni e dei suoi collaboratori verso i cronisti che seguono la presidente del Consiglio, a determinare questo rapporto conflittuale hanno contribuito anche le numerose ridefinizioni di incarichi e gerarchie nell’ufficio stampa e in quello diplomatico di Palazzo Chigi. Meloni ha cambiato più volte il suo portavoce, e tra coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali nel settore della comunicazione del governo sono sorti nel tempo vari conflitti, anche di natura personale. Dopo vari avvicendamenti e polemiche, la scelta adottata da Meloni è stata quella di centralizzare al massimo le responsabilità e limitare le comunicazioni con la stampa allo stretto indispensabile.