Il rapporto sugli abusi sistematici contro i palestinesi nelle carceri israeliane
Lo ha diffuso l'ong B'Tselem dopo aver parlato con più di 50 ex detenuti, e dice che la situazione è peggiorata molto dopo gli attacchi del 7 ottobre
L’ong israeliana B’Tselem ha diffuso un lungo rapporto sulla situazione nelle carceri israeliane, definite «campi di tortura», e sui sistematici abusi subiti dai prigionieri palestinesi. Il rapporto è intitolato “Benvenuti all’inferno” e si basa sulle testimonianze di 55 persone palestinesi detenute dopo lo scorso 7 ottobre, nella maggior parte dei casi senza accuse e senza processo (il 7 ottobre fu il giorno dell’attacco di Hamas in Israele a cui seguì l’invasione israeliana nella Striscia di Gaza). Queste persone sono state poi rilasciate.
Le conclusioni di B’Tselem non sono così sorprendenti, visto che già negli scorsi mesi erano state pubblicate inchieste sulle condizioni dei detenuti palestinesi in alcune carceri israeliane: forniscono comunque nuovi dettagli e mostrano la sistematicità degli abusi.
Secondo B’Tselem, nelle carceri israeliane i detenuti palestinesi vengono «deliberatamente sottoposti a sofferenze dure e continue», in violazione delle norme nazionali e del diritto internazionale. La ong sostiene che le violazioni sarebbero così sistematiche da far pensare a un ruolo diretto delle autorità israeliane responsabili del sistema carcerario, e quindi non a episodi di violenza isolati. Il sistema carcerario è di competenza di Itamar Ben Gvir, il ministro per la Sicurezza nazionale noto per le sue posizioni estremiste e anti-palestinesi.
Secondo i dati dell’organizzazione umanitaria HaMoked, al 1° di agosto nelle carceri israeliane c’erano 9.881 detenuti palestinesi. Tra i vari problemi rilevati da B’Tselem ci sono il sovraffollamento delle celle (in una da sei posti possono stare fino a 14 detenuti, alcuni dei quali costretti a dormire per terra senza materassi né coperte), la mancanza di acqua potabile e di luce naturale, l’aria insalubre, le confische degli oggetti personali e le frequenti perquisizioni delle celle, dalle tre alle cinque volte al giorno. In questi casi i detenuti vengono obbligati a posizionarsi con la faccia contro il muro, la testa abbassata e le mani intrecciate dietro la schiena. Vengono inoltre negate loro le cure mediche, e non possono mangiare né dormire a sufficienza.
Molte delle persone arrestate hanno dovuto aspettare settimane o mesi prima di vedere un giudice, e spesso le udienze si sono svolte online direttamente dal carcere, in situazioni in cui i detenuti erano controllati dalle guardie e non potevano esprimersi liberamente. Durante il periodo di reclusione molti non hanno potuto parlare con un avvocato o con un rappresentante delle organizzazioni per i diritti umani.
Gli ex detenuti intervistati sono stati sistematicamente picchiati. «Mi sono accasciato contro il muro. Avevo le costole rotte ed ero ferito alla spalla destra, al pollice e a un altro dito della mano destra. Non sono riuscito a muovermi o a respirare per mezz’ora», ha detto per esempio Ashraf al Muhtaseb, un uomo di 53 anni di Hebron, in Cisgiordania, arrestato l’8 ottobre del 2023 e detenuto nelle prigioni di Etzion, Ofer e Negev. «Vivevamo nella paura e nel panico», ha detto Khaled Abu ‘Ara, detenuto nella prigione di Negev. S.B., un altro detenuto rimasto anonimo, ha detto che dopo il 7 ottobre del 2023 i detenuti venivano «puniti regolarmente» dall’amministrazione delle carceri.
In un comunicato il Sistema carcerario israeliano (IPS) ha negato le accuse: «Non siamo a conoscenza delle accuse che avete descritto e, per quanto ne sappiamo, non sono successe cose simili sotto la responsabilità dell’IPS».
Come detto, gli abusi nel sistema carcerario israeliano non sono una novità, e anzi casi simili erano già stati denunciati in passato da diverse associazioni per i diritti umani e inchieste giornalistiche. Finora però Israele ha quasi sempre negato le accuse. Un’eccezione c’è stata la settimana scorsa, quando la polizia militare israeliana ha arrestato nove soldati che lavoravano nella base militare di Sde Teiman, con l’accusa di aver abusato di un detenuto palestinese. Molte persone israeliane hanno iniziato però a manifestare a sostegno dei soldati, hanno fatto irruzione nella struttura e ci sono stati scontri con la polizia militare.