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  • Martedì 6 agosto 2024

I 3000 siepi, perché?

Sono una delle discipline più affascinanti e strane dell’atletica: derivano dalle corse dei cavalli da un campanile all’altro e non ci sono siepi, ma ostacoli e pozze d'acqua

(AP Photo/Matthias Schrader)
(AP Photo/Matthias Schrader)
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L’atletica leggera è piena di sport strani. Sport che nel loro combinare gesti, movimenti, abilità e talenti, si sono successivamente codificati su specifiche regole e distanze. Vale per il salto triplo e per quello con l’asta, per il getto del peso e per il lancio del giavellotto, e spesso l’origine di questo strani sport sta in gesti antichi – in quanto propri di una vera o inventata antichità, in genere quella greca – se non addirittura arcaici e primordiali. Ma non sempre è così: i 3000 siepi, la disciplina del mezzofondo in cui si corrono 3 chilometri saltando 35 volte gli ostacoli e bagnandosi 7 volte i piedi, vengono dall’ippica, nello specifico da una corsa di cavalli in cui si partiva da un campanile di un paese per arrivare al campanile di un altro.

Qualcuno (impossibile dire con certezza chi, dove e quando) decise di fare queste corse a piedi anziché in sella a cavalli (che non è detto ne avessero voglia), e già alle Olimpiadi del 1900, le prime organizzate a Parigi, questa disciplina divenne olimpica: fu addirittura disputata su due distanze, nessuna delle quali corrispondeva tra l’altro ai tremila metri attuali.

Nonostante un’origine bislacca i 3000 siepi – in cui ci sono ostacoli ma nessuna siepe – sono ora una delle discipline più avvincenti dell’atletica; una disciplina con un buon tasso di imprevedibilità, che richiede un peculiare mix di capacità fisiche e mentali e che tra le discipline del mezzofondo (quelle che vanno dagli 800 ai 10.000 metri) è quella che più si avvicina alla durata di dieci minuti: cioè quella che secondo molti parametri sarebbe la durata giusta per esprimere la massima espressione aerobica durante una corsa. La finale olimpica femminile è stasera, verso le 21:15; quella maschile domani, verso le 21:45.

La rumena Stella Rutto all’uscita da una vasca (AP Photo/Matthias Schrader)

In inglese i 3000 siepi si chiamano 3000m steeplechase, dall’unione delle parole “steeple” (campanile) e “chase” (inseguimento). In origine la parola fu usata per descrivere corse di cavalli con due o più partecipanti che erano fatte in contesti aperti, di campagna, quindi con ostacoli naturali di vario genere; corse in cui i campanili erano i punti di riferimento più visibili da distante. Le corse di cavalli note come “steeplechase”, a loro volta una derivazione della caccia alla volpe, ebbero probabilmente origine in Irlanda. Come evento fondativo delle “steeplechase” si fa in genere riferimento a una gara organizzata nel 1752 a Cork, in Irlanda, su una distanza di quattro miglia e mezzo. Corse ippiche di questo tipo si diffusero anche altrove, anzitutto nel Regno Unito, e la più antica tra quelle che ancora si svolgono è la Grand National, fatta per la prima volta a Liverpool, in Inghilterra, nel 1839.

Ancora oggi “steeplechase” è il nome usato in italiano per determinati eventi ippici disputati su specifici percorsi ad ostacoli; uno dei quali, organizzato in Repubblica Ceca, è noto per una sua siepe (in questo caso letteralmente una siepe) molto pericolosa e spesso letale per i cavalli costretti a saltarla. In certe lingue i 3000 siepi hanno nomi più didascalici e descrittivi che non ne evocano più l’origine legata all’ippica (in spagnolo si chiamano “3000 metros con obstáculos”), in altre il nome è molto vicino all’inglese (in francese la disciplina è nota semplicemente come “ steeple”, campanile).

La versione podistica della “steeplechase” si diffuse nell’Inghilterra del Diciannovesimo secolo, probabilmente all’Università di Oxford, e già nel 1879 divenne un evento dei campionati inglesi di corsa. Alle Olimpiadi del 1900 si corsero due gare a ostacoli di questo tipo: una sui 2.500 metri e una sui 4.000 metri. Come ricorda un approfondimento dell’allenatore ed esperto di mezzofondo Silvano Danzi disponibile sul sito della FIDAL, Federazione Italiana di Atletica Leggera, la principale differenza rispetto a oggi è però che, nelle gare del 1900, uno degli ostacoli era di pietra.

Negli anni successivi la disciplina fu corsa su distanze variabili, mai pari a 3000 metri, e alle Olimpiadi del 1932 – quando già la distanza si era assestata sui tre chilometri – successe che per un errore di chi avrebbe dovuto tenere conto dei giri degli atleti, la gara durò un giro in più. Una vera regolamentazione di distanze, altezze e numero di ostacoli arrivo nel 1954, quando – scrive Danzi – «nascono le siepi moderne». A livello femminile i 3000 siepi sono gara olimpica solo dal 2008.

Atleti della 3000 siepi visti dal fondo di una delle vasche (Adam Pretty/Pool Photo via AP)

I 3000 siepi prevedono che atleti e atlete percorrano sette giri e mezzo di pista, saltando 28 ostacoli fissi (anche noti come barriere) e superando sette volte un ostacolo seguito da una pozza d’acqua (la riviera). Gli ostacoli, compresa la riviera, sono alti 91,4 centimetri per i maschi e 76,2 centimetri per le donne, la stessa altezza degli ostacoli dei 400 metri ostacoli. La differenza è che nei 3000 siepi gli ostacoli sono fissati a terra: se li si prende con un piede non cadono, restano lì. Vale anche per la riviera, in cui la vasca è lunga 3,66 metri e ha una profondità massima di 70 centimetri: la vasca ha un fondale inclinato, che diventa minore più ci si allontana dall’ostacolo.

In quelli che sono calcoli piuttosto facili per chi abbia un po’ di familiarità con la tabellina del 5, il totale di 35 ostacoli su 7 giri fa sì che ci siano 5 ostacoli per giro, uno dei quali è la riviera. Vuol dire che ogni 80 metri circa c’è un ostacolo da saltare. In genere la riviera è posta internamente rispetto a una delle curve della pista di atletica, ma esistono anche piste in cui è posta all’esterno rispetto alle corsie della pista. Oltre a non cadere, gli ostacoli dei 3000 siepi permettono ad atleti e atlete di appoggiarci sopra uno o due piedi, così che per superarli si può sia saltarli direttamente che saltarci sopra per poi saltare oltre: atleti diversi, anche a seconda dei momenti della gara, hanno approcci e tecniche diverse.

Qui il keniano Amos Serem salta un ostacolo aiutandosi con le mani (AP Photo/Matthias Schrader)

Tutte queste caratteristiche fanno sì che i 3000 siepi siano una prova di mezzofondo – che i migliori al mondo percorrono anche in meno di 2 minuti e 40 secondi al chilometro – in cui però bisogna alternare la corsa a decine di salti, diversi dei quali atterrando in una pozza d’acqua, su una superficie in pendenza che sta più in basso del punto da cui si era saltati (motivo per cui si cerca di saltare in lungo, oltre che in alto). Servono quindi resistenza e ritmo, ma anche forza e agilità, il tutto tenendo conto che spesso, almeno nei primi giri, gli ostacoli sono piuttosto affollati e l’approccio al salto non può sempre essere ottimale.

Queste particolarità fanno sì che i 3000 siepi siano anche uno sport in cui è facile infortunarsi e in cui è fondamentale la biomeccanica del salto, comprese le piccole ma rilevanti differenze tra i salti normali e quelli della riviera. C’è poi la peculiarità, evidenziata tra gli altri da Danzi, che i 3000 siepi – il cui record mondiale maschile è di 7 minuti, 52 secondi e 11 centesimi – siano una disciplina che «la fisiologia pone nell’area della massima espressione aerobica».

L’etiope Samuel Firewu è uscito malconcio dalla sua batteria, in cui comunque si è qualificato per la finale di domani (AP Photo/Ashley Landis)

A Parigi, i favoriti per la finale maschile di domani sono il marocchino Soufiane el-Bakkali, campione olimpico a Tokyo 2020, e l’etiope Lamecha Girma, che nel 2023 fece il nuovo record del mondo, dopo che il precedente aveva resistito dal 2004, quando lui aveva solo tre anni. Nella finale femminile le favorite sono Winfred Yavi, del Bahrein, e la keniota Beatrice Chepkoech, detentrice del record mondiale femminile (8 minuti, 44 secondi e 32 centesimi). In genere, gli atleti e le atlete che praticano i 3000 siepi ad alto livello vanno forte anche in altre prove – senza salti – del mezzofondo; date le peculiarità della disciplina è però difficile che siepisti e siepiste riescano a eccellere altrove, e allo stesso modo i 3000 siepi sono da decenni una disciplina in cui anche alcuni tra i migliori mezzofondisti al mondo non riescono ad avere la meglio sugli specialisti.