Le prime conseguenze della rivolta nel carcere minorile di Torino

Nella notte tra giovedì e venerdì decine di detenuti hanno danneggiato la struttura: la procura dei minori ha aperto un'indagine per devastazione e resistenza a pubblico ufficiale

Il carcere minorile di Torino “Ferrante Aporti” (ANSA/TINO ROMANO)
Il carcere minorile di Torino “Ferrante Aporti” (ANSA/TINO ROMANO)
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La procura dei minori ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di devastazione e resistenza a pubblico ufficiale per la grossa rivolta che c’è stata nella notte tra giovedì e venerdì nel carcere minorile “Ferrante Aporti” di Torino. Il ministero della Giustizia ha inoltre fatto sapere che durante il fine settimana alcuni detenuti ritenuti responsabili (non è chiaro quanti) sono stati trasferiti in altre strutture.

La rivolta è cominciata verso le 20 di giovedì ed è proseguita fino alle prime ore di venerdì mattina. Sono state devastate diverse celle, oltre che l’ufficio del direttore Giuseppe Carro, appiccati incendi e divelti arredi. Diversi agenti della polizia penitenziaria sono stati aggrediti e alcuni detenuti hanno anche provato a evadere, ma sono stati bloccati. Qualcuno tra i detenuti ha registrato la sommossa con un telefono introdotto di nascosto nel carcere, e sono stati pubblicati dei video su TikTok per denunciare il sovraffollamento della struttura. Un video per esempio aveva la didascalia: «Rivolta. Il massimo del carcere è di 42 persone. Noi siamo in 60».

Alla fine della rivolta sei agenti e 12 detenuti sono rimasti feriti e portati in ospedale con sintomi di intossicazione per i fumi provocati dagli incendi appiccati.

La procura di Torino sta indagando anche sull’ipotesi che la rivolta nel carcere minorile “Ferrante Aporti” sia collegata a un’altra di minore entità avvenuta quasi in contemporanea nella casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino, conosciuta comunemente come carcere Le Vallette, dato che si trova nell’omonimo quartiere, a nord-ovest della città. L’ipotesi degli investigatori è che i detenuti di quest’ultima struttura si siano coordinati con quelli del “Ferrante Aporti”: sarebbe stato un diversivo per attirare un maggior numero di agenti nel “Lorusso e Cutugno” e facilitare possibili evasioni dal carcere minorile.

Il carcere “Ferrante Aporti” è una delle 17 carceri minorili italiane, anche chiamate istituti penali minorili (IPM). Sono strutture in cui sono detenute persone tra i 14 e i 18 anni, ma che possono ospitare anche giovani adulti fino ai 25 anni se il reato per cui sono in carcere è stato commesso prima del raggiungimento della maggiore età.

Secondo quanto ricostruito da Repubblica, la rivolta sarebbe stata programmata da tempo: i detenuti avrebbero scelto giovedì 1° agosto perché sapevano che il comandante degli agenti di polizia penitenziaria, Giovanni Battista Alberotanza, era in ferie e che in servizio c’erano solo nove agenti. Secondo il ministero della Giustizia la rivolta sarebbe partita dopo che il fratello maggiorenne di un detenuto era stato arrestato perché trovato in possesso di 20 grammi di sostanze stupefacenti che stava cercando di introdurre nell’istituto.

Il sindacato di polizia penitenziaria Osapp ha però sottolineato come da tempo ci siano proteste per il sovraffollamento nella struttura, e che quindi la rivolta della scorsa settimana avrebbe potuto essere evitata: «Non senza preoccupazione e inquietudine continuiamo ad assistere ai vari palliativi posti in essere dal dipartimento per la Giustizia minorile per affrontare in qualche modo le gravissime condizioni che sono presenti negli istituti penali per minori sul territorio nazionale. Se il dipartimento avesse prestato attenzione ai molteplici segnali di allarme che il sindacato aveva lanciato, non si sarebbero verificate situazioni come quelle del Ferrante Aporti», ha detto Leo Beneduci, segretario dell’Osapp.

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