I mercati finanziari continuano ad andare molto male praticamente ovunque

I principali listini sono in calo da diversi giorni e si inizia a parlare della possibilità di recessione per l'economia statunitense

La Borsa di New York il 5 agosto
La Borsa di New York il 5 agosto (AP Photo/ Richard Drew)

Lunedì è stata un’altra pessima giornata per le borse di tutto il mondo, proseguendo una tendenza iniziata lo scorso venerdì. L’indice Nikkei 225, il più importante della borsa di Tokyo, ha chiuso in perdita del 12,4 per cento: il calo maggiore in un singolo giorno dal 1987, quasi quarant’anni fa. Negli Stati Uniti invece l’indice S&P 500, che rappresenta l’andamento delle 500 aziende quotate più grandi del paese, ha aperto le operazioni in perdita del 3,7 per cento mentre il Nasdaq, il listino che comprende tutti i principali titoli tecnologici, ha aperto con un calo del 4,7 per cento.

Anche in Europa le borse sono andate male: lunedì mattina il FTSE 100 (il listino della borsa di Londra) perdeva il 2,2 per cento, il Dax 40 (il listino più importante in Germania) il 2,8 per cento e il Cac 40 (quello francese) il 2,8 per cento.

I risultati negativi sono dovuti in parte ai dati deludenti sul mercato del lavoro negli Stati Uniti, che sono stati diffusi venerdì e sono stati interpretati da molti investitori come l’inizio di un rallentamento dell’economia statunitense. Ma sta contribuendo anche il generale calo di entusiasmo per il settore dell’intelligenza artificiale: dopo circa due anni di continua crescita, ora molti pensano che gli enormi investimenti fatti nel settore non stiano dando i risultati sperati, e stanno quindi modificando le loro operazioni finanziarie di conseguenza.

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La scorsa settimana varie importanti aziende tecnologiche avevano diffuso i loro risultati economici trimestrali, che in alcuni casi non hanno soddisfatto le aspettative. Per esempio, tra l’aprile e il giugno del 2024 i ricavi di Tesla legati al settore automobilistico sono scesi del 7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre nello stesso periodo Alphabet, la società madre di Google, ha avuto ricavi pubblicitari provenienti da YouTube inferiori alle previsioni.

L’andamento negativo dei mercati finanziari sta iniziando a far emergere il timore che gli Stati Uniti possano entrare in recessione, l’opposto della crescita economica, che si verifica quando un paese è arrivato ad avere una certa capacità produttiva ma non è più in grado di sfruttarla completamente. È una possibilità ancora remota, di cui però si inizia a discutere: nel fine settimana Goldman Sachs aveva alzato le probabilità di una recessione dell’economia statunitense entro il prossimo anno dal 15 al 25 per cento.

A questo si unisce la possibilità, considerata molto concreta, che la banca centrale degli Stati Uniti, la Federal Reserve, possa annunciare presto un taglio dei tassi di interesse. Semplificando i tassi di interesse sono quelli a cui le banche centrali prestano denaro alle altre banche, e rappresentano in pratica il costo del denaro: tra il 2022 e il 2023 la Federal Reserve li ha aumentati varie volte per tenere sotto controllo l’inflazione, però non li hai mai ridotti, al contrario di quanto fatto da altre istituzioni. La Banca Centrale Europea, per esempio, lo scorso giugno annunciò la prima riduzione dei tassi dopo quasi cinque anni.

A fine luglio il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, aveva confermato che un imminente taglio dei tassi di interesse era una possibilità perlomeno probabile. La prossima riunione della Federal Reserve dovrebbe tenersi tra il 17 e il 18 settembre, ma ora alcuni investitori stanno iniziando a chiedersi se il taglio non sarà annunciato prima, in una possibile (ma al momento solo ipotizzata) riunione di emergenza.

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