Le rivolte anti immigrazione nel Regno Unito sono diventate un problema per il governo
Gruppi di estrema destra manifestano con violenza da giorni, con atti di vandalismo e distruzioni in diverse città: la polizia ha già arrestato più di 140 persone
Da giorni in diverse città del Regno Unito sono in corso violente proteste dei gruppi di estrema destra contro l’immigrazione e contro la popolazione musulmana, che si sono intensificate nel fine settimana: i manifestanti hanno compiuto gravi atti di vandalismo, e si sono scontrati con la polizia che ha arrestato oltre 140 persone.
Le violenze sono alimentate da un’intensa campagna di disinformazione sulle origini del ragazzo di 17 anni che lunedì a Southport, vicino a Liverpool, ha accoltellato diverse persone durante un evento di danza, uccidendo tre bambine: vari politici e personaggi famosi vicini all’estrema destra britannica ne hanno approfittato per insinuare il dubbio che l’accoltellatore fosse arrivato illegalmente nel paese, e che la polizia britannica avesse sostanzialmente sottovalutato il rischio che rappresentava. Non è servita a molto la notizia ufficiale secondo cui l’autore era nato in Galles, da genitori provenienti dal Ruanda.
Da allora in molte città britanniche – da Londra a Manchester, da Bristol a Belfast, ma anche in centri minori come la stessa Southport, Rotherham e Sunderland – sono iniziate violente manifestazioni razziste. È uno dei più estesi e violenti episodi di rivolte (in inglese riots) che il Regno Unito vede da anni, e rappresentano la prima grossa prova per il nuovo governo Laburista di Keir Starmer, eletto a inizio luglio. Giovedì in conferenza stampa ha annunciato un massiccio e straordinario dispiego delle forze dell’ordine. Domenica in un videomessaggio il primo ministro ha detto che «queste non sono proteste, è delinquenza organizzata e violenta», e ha aggiunto, rivolgendosi direttamente ai manifestanti: «vi garantisco che vi pentirete di aver preso parte ai disordini».
Nella sera di venerdì a Sunderland, sulla costa centro-orientale, vicino Newcastle, centinaia di persone si sono riversate per strada, ribaltando cassonetti e dando fuoco a un edificio e a un’automobile. A Belfast, in Irlanda del Nord, sono stati vandalizzati e incendiati un bar e un supermercato. A Liverpool è stata incendiata una biblioteca di una periferia, e i manifestanti hanno bloccato l’accesso ai vigili del fuoco arrivati in soccorso. A Southport, la cittadina dove è avvenuto l’accoltellamento, già in settimana i manifestanti avevano lanciato oggetti alla polizia, ferendo diversi agenti, saccheggiato un negozio e sfondato le finestre di una moschea. Poi hanno dato fuoco a bidoni della spazzatura e a un furgone della polizia.
A Rotherham, al centro del paese, domenica i manifestanti hanno preso d’assalto uno degli alberghi della catena Holiday Inn, dove pensavano alloggiassero dei richiedenti asilo: hanno rotto finestre, gettato all’esterno sedie e poltrone, e tentato di appiccare un incendio.
In varie città sono state vandalizzate le moschee, e la segretaria per gli Affari interni Yvette Cooper ha detto di aver stanziato quasi 30 milioni di sterline per garantire sicurezza ai luoghi di culto musulmani.
I manifestanti hanno cantato cori come «Rivogliamo il nostro paese!» e «Inghilterra fino alla morte!», e la polizia sostiene che sono nella maggior parte militanti di estrema destra.
Secondo Hope not hate, organizzazione britannica che censisce i gruppi organizzati di estrema destra, online ce ne sono vari che stanno promuovendo e aizzando le rivolte, come Patriotic Alternative e British Movement, due gruppi neonazisti. Secondo la polizia tra i manifestanti ci sarebbero anche militanti dell’organizzazione islamofobica di estrema destra English Defence League. Le rivolte hanno attratto anche i tifosi più estremisti e violenti, gli hooligans.
Secondo quanto ha detto al New York Times Joe Mulhall, direttore di Hope not hate, l’efficacia nell’azione dei gruppi di estrema destra britannici dipende soprattutto dal fatto che da tempo hanno adottato strutture informali e flessibili, che riescono a organizzarsi anche velocemente grazie ai social media. La polizia ha difficoltà quindi a tenerli sotto controllo e a rispondere con tempestività ai raduni violenti.
Questo tipo di rivolte è poi una parte fondamentale dell’ascesa dei grandi gruppi di estrema destra, e spesso servono come strumento di reclutamento. Secondo quanto ha scritto Paul Jackson, professore all’Università di Northampton specializzato in storia dell’estremismo, «i movimenti sociali prosperano grazie a tali manifestazioni. Sono “performance” che possono rafforzare la sensazione di ingiustizia e di essere ignorati dagli ambienti mainstream».
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