Un’altra giornata di violente proteste antigovernative in Bangladesh
Domenica sono state uccise almeno 90 persone tra polizia e manifestanti, con scontri e incendi in tutta la capitale, Dacca
Domenica sono state uccise almeno 90 persone in Bangladesh, dove sono in corso da settimane violente proteste antigovernative che finora hanno provocato la morte di oltre 150 persone. A Dacca, la capitale, l’esercito ha imposto un coprifuoco per la prima volta dall’inizio delle proteste: il numero di morti raggiunto in un solo giorno è il più alto da quando sono cominciate.
I manifestanti hanno appiccato incendi su veicoli, centri commerciali, stazioni di polizia ed edifici governativi. «L’intera città si è trasformata in un campo di battaglia», ha detto un poliziotto locale ad AFP descrivendo la situazione. Come nei giorni scorsi, la polizia ha risposto alle proteste con proiettili, gas lacrimogeni e granate.
Le proteste in Bangladesh erano cominciate a inizio luglio all’interno dei principali campus universitari del paese, come proteste studentesche pacifiche contro il sistema di quote degli impieghi pubblici riservate ai familiari dei reduci della guerra di indipendenza dal Pakistan del 1971, ritenuto da molti discriminatorio in un paese dove i posti di lavoro pubblici sono pochi e molto ambiti. Le proteste si sono poi allargate, estendendosi ad altre fasce della popolazione, e si sono rapidamente trasformate in una rivolta contro il governo.
I manifestanti chiedono le dimissioni del governo, che dal 2009 è guidato dalla prima ministra Sheikh Hasina ed è sempre più autoritario: le proteste procedono nonostante a fine luglio la Corte Suprema del Bangladesh abbia ridimensionato e modificato il contestato sistema di quote negli impieghi pubblici, dopo tre settimane di proteste.
Domenica, a Dacca, hanno protestato migliaia di persone: oltre ad appiccare incendi su automobili, autobus ed edifici di vario tipo, alcune hanno assaltato, vandalizzato e dato fuoco ad alcune sedi della Lega popolare bengalese, il partito di Hasina, e ad abitazioni di politici che ne fanno parte. Nel frattempo sono state chiuse scuole e università. Dall’inizio delle proteste sono state arrestate complessivamente 11mila persone.
Sempre domenica, il governo ha anche ordinato l’interruzione della connessione a internet mobile (cioè quella per gli smartphone, usata dalla stragrande maggioranza della popolazione) per la seconda volta nel giro di tre settimane, sempre per cercare di ostacolare le proteste.
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