Gli autobus turistici scoperti valgono la pena?
Quelli rossi e a due piani, a volte affollati, a volte no: sono spesso snobbati dai viaggiatori più intraprendenti, ma altri li ritengono comodi in diverse circostanze
Uno degli elementi che accomunano attrazioni turistiche sparse in tutto il mondo, purché vicine a strade percorribili in auto, è la presenza degli autobus scoperti hop-on hop-off. Il nome fa riferimento a una delle caratteristiche più apprezzate dai passeggeri: poter scendere nei punti della città che preferiscono visitare, e risalire quando vogliono su un altro autobus (ne passano ogni 15 minuti, di solito). È praticamente impossibile non vederne almeno uno quando si trascorre del tempo a visitare certi posti, dal Colosseo alla Tour Eiffel a Times Square.
Perlopiù a due piani e di colore rosso, gli autobus scoperti per turisti sono da tempo diffusissimi in molte capitali e città storiche, ma sono spesso un argomento di conversazione divisivo tra persone convinte o per niente convinte che sia un buon modo di visitare una città. Alcune li considerano una specie di trappola per turisti, disposti a pagare decine di euro per tratte percorse anche dai comuni – e molto più economici – autobus del trasporto pubblico. Godersi il viaggio a bordo richiede inoltre che non piova, prima di tutto, e magari non faccia nemmeno troppo caldo: che però sono condizioni a cui deve badare chiunque scelga di muoversi su un qualsiasi mezzo senza tetto, anche privato, per terra o per mare.
In generale i viaggiatori più intraprendenti e sgamati considerano gli hop-on hop-off un mezzo per turisti pigri e sprovveduti, che non hanno tempo o voglia di approntare in autonomia un itinerario di viaggio. La sostanziale ubiquità di questi autobus tende inoltre a essere percepita come un fattore omologante, in grado di rendere troppo prevedibili e uguali tra loro viaggi in posti diversi, e che quindi dovrebbero in teoria lasciare ricordi diversi. Molte discussioni riguardo agli autobus scoperti, insomma, tendono almeno in parte a riprodurre alcuni aspetti di altre discussioni sui confini tra l’esperienza commerciale e stereotipata delle cose, e quella più personalizzata e autonoma.
A parte questi aspetti, in diverse circostanze salire su un autobus hop-on hop-off può essere comodo e, in alcuni casi, l’unico modo possibile di visitare una città. Una giornalista del Wall Street Journal, per esempio, ha scritto di come un autobus scoperto le abbia permesso di godersi Atene durante un viaggio recente in cui un infortunio le impediva di camminare. È rimasta a bordo per quasi tutta una giornata, ascoltando l’audioguida registrata, mentre l’autobus passava per l’Acropoli, la biblioteca nazionale, lo stadio Panathinaiko, l’Agorà e il tempio di Zeus.
Gli autobus scoperti sono spesso utilizzati anche da persone con passeggini e bambini piccoli, e da chi potrebbe avere difficoltà a muoversi per varie altre ragioni. Ma ci sono anche persone che lo trovano un modo utile per orientarsi appena arrivano in città che vedono per la prima volta, così da averne una panoramica e decidere sulla base di quel primo giro cosa preferiscono visitare più approfonditamente in un secondo momento.
I viaggi sugli autobus hop-on hop-off, chiamati anche bus sightseeing, sono gestiti da diverse società internazionali. Una delle più grandi, City Sightseeing, fondata alla fine degli anni Novanta, ha la sede principale in Spagna e gestisce autobus (e anche imbarcazioni) in oltre 75 città in sei continenti. Il suo fondatore e amministratore delegato, Enrique Ybarra, ha spiegato al Wall Street Journal che il fatto che gli autobus siano tutti dello stesso colore è intenzionale: «Il mio obiettivo era creare il McDonald’s delle visite turistiche», ha detto, e che ovunque nel mondo le persone sapessero «esattamente cosa aspettarsi» vedendo un autobus rosso scoperto.
In Italia il primo hop-on hop-off di City Sightseeing entrò in servizio a Firenze, nel 2003, e il servizio è attualmente presente in 11 città, fornito attraverso circa 100 autobus e oltre 550 dipendenti. Nel 2014, in occasione dell’introduzione del servizio a Dubai, Ybarra disse che nell’anno precedente oltre 13 milioni di persone avevano utilizzato servizi di City Sightseeing in tutto il mondo.
Per il viaggio si paga un biglietto da circa 25 euro, che permette di salire e scendere dagli autobus per una giornata. Ma sono previsti sconti per i bambini e per le famiglie, e si possono comprare anche biglietti validi per 48 o 72 ore, risparmiando qualcosa rispetto al biglietto giornaliero. Lo stesso modello di business – a volte con qualche leggera variazione – è alla base dell’attività di altre società simili a City Sightseeing. Una di queste è Big Bus Tours, che gestisce autobus turistici in 26 città in tutto il mondo. Un’altra è Historic Tours of America, che non gestisce autobus ma tram (sia scoperti che coperti) con guide turistiche a bordo, in otto città negli Stati Uniti.
Tra le persone che non utilizzano abitualmente gli autobus turistici scoperti c’è chi dice comunque di apprezzarne alcuni aspetti. Una giornalista del Washington Post che ne prese uno per visitare la sua stessa città, Washington D.C., scrisse nel 2017 di aver apprezzato la brezza quando l’autobus era in movimento, e l’opportunità di osservare la città da una prospettiva diversa, «sotto i rami degli alberi che pendevano così bassi da poterli toccare». Scrisse inoltre di aver scoperto, ascoltando l’audioguida disponibile a bordo, fatti storici che ignorava completamente riguardo alla propria città.
Uno dei problemi degli hop-on hop-off, per chi decide di rimanere a bordo senza scendere, è che si fermano spesso per permettere alle persone di visitare i luoghi di interesse. La giornalista del Washington Post contò in totale 22 soste in due ore lungo il tour di Washington D.C. che aveva scelto, su un autobus non tanto affollato ma comunque costretto a fermarsi ogni pochi minuti in una giornata con una temperatura di 30 gradi.
Quella del Wall Street Journal ha scritto invece di aver apprezzato del suo tour ad Atene l’opportunità di assistere inosservata a scene di vita quotidiana mentre la città «scorreva» sotto di lei, anche durante le soste. Ha scritto che la sua preoccupazione, prima di salire a bordo, era che quel tipo di esperienza potesse privarla della «gioia della scoperta» o ridurre «l’impatto emotivo di un nuovo luogo». Ma alla fine del tour ha concluso che era riuscita comunque a «dare volti, odori, panorami e voci a una città che prima era un’astrazione», e che in fondo diventare «turista» non l’aveva resa meno «viaggiatrice».