Il continente più giovane ha i leader più vecchi
L’Africa ha l’età mediana della popolazione più bassa del mondo ma alcuni dei capi di stato più anziani, che spesso sono al potere da decenni: è un problema per diverse ragioni
L’Africa viene spesso chiamata “il continente più giovane” perché è quello con l’età mediana più bassa: circa 19 anni. Significa che metà della popolazione africana ha meno di 19 anni (l’età mediana dell’Europa è di 44 anni e mezzo, quella dell’Asia di 32 – in Italia addirittura 48). L’Africa è però anche il continente che ha alcuni dei capi di stato e di governo più anziani: sono africani undici dei venti leader più vecchi del mondo, secondo una ricerca del Pew Research Center. In molti casi questi leader governano da decenni, spesso in modo autoritario, e sono riluttanti all’idea di lasciare il potere.
La stessa ricerca ha riscontrato che i paesi che sono classificati dalla ong statunitense Freedom House come “non liberi” tendono ad avere leader molto più anziani della loro popolazione. Recentemente il New York Times ha raccontato che in diversi di questi paesi africani la decisione del presidente americano Joe Biden di non ricandidarsi ha entusiasmato i cittadini, ma i capi di stato ottuagenari non hanno comunque mostrato l’intenzione di seguire l’esempio di Biden (elogiato anche dal presidente venezuelano Nicolás Maduro, che invece ha appena ottenuto un terzo mandato molto contestato). Il loro modello sembra piuttosto Omar Bongo, presidente del Gabon per quasi 42 anni che morì nel 2009 mentre era ancora in carica.
Da anni si discute dell’età avanzata di diversi leader africani, che nel frattempo sono invecchiati, e se questa sia un limite per la loro azione di governo. Il capo di stato più anziano dell’Africa, e del mondo, è il presidente del Camerun, Paul Biya, che ha 91 anni ed è al potere dal 1982. Quando a marzo il candidato dell’opposizione, Bassirou Diomaye Faye, aveva vinto le presidenziali in Senegal, i media camerunesi controllati dal governo avevano dato poco spazio alla notizia, anche perché sui social stavano circolando molto paragoni tra Biya e il 44enne Faye.
È probabile che Biya, che trascorre lunghi periodi all’estero in hotel lussuosi, si ricandidi alle presidenziali dell’anno prossimo. Tre settimane fa, tra l’altro, il suo partito ha rinviato al 2026 le elezioni legislative e quelle locali che sarebbero dovute avvenire prima delle presidenziali, principalmente per negare all’opposizione un’occasione di visibilità. Per restare al potere così a lungo, Biya e altri leader hanno modificato la Costituzione dei propri paesi cambiando il limite al numero di mandati, e impedendo poi all’opposizione di partecipare alle elezioni.
Hanno almeno ottant’anni anche i presidenti di Costa d’Avorio, Alassane Ouattara (82); Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo (82); Namibia, Nangolo Mbumba (82); Zimbabwe, Emmerson Mnangagwa (81) e Ghana, Nana Akufo-Addo (80). I leader anziani, ha ricordato sempre il New York Times, negli ultimi anni hanno cercato di dimostrare di essere ancora in forma ma sono anche stati protagonisti di episodi imbarazzanti.
Per esempio l’ex presidente autoritario dello Zimbabwe, Robert Mugabe, si addormentava alle riunioni, ma il suo entourage sosteneva che stesse solo “riposando gli occhi” perché infastidito dalle luci molto forti. Oppure l’ex presidente nigeriano Muhammadu Buhari, rimasto in carica fino a ottant’anni, si lamentava di quanto fosse lunga la giornata lavorativa.
Uno degli episodi più celebri ha riguardato il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir (72 anni), al potere dal 2011, quando il paese divenne indipendente. Nel dicembre 2022 Kiir si era fatto la pipì addosso durante l’inaugurazione di un’opera pubblica. Il governo vietò alla tv statale di trasmettere le immagini, ma il video circolò lo stesso sui social network, dove numerosi utenti derisero il presidente. Come ritorsione, le autorità fecero arrestare i sei giornalisti e tecnici che avevano filmato l’incidente.
Kiir intende partecipare alle prime elezioni del Sud Sudan che dovrebbero tenersi entro dicembre di quest’anno: inizialmente erano previste nel 2015 ma sono state poi rinviate per la guerra civile, conclusa nel 2020.
Ci sono anche presidenti che cercano di dare un’immagine energica di sé. Per esempio, durante la pandemia il presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, che oggi ha 79 anni, fu protagonista di un video in cui si allenava in ufficio: prima facendo jogging e poi le flessioni. Era una trovata per invitare le persone a restare a casa, ma fu raccontata dai media internazionali. Nel 2010 Museveni fece anche una canzone rap nel tentativo di convincere i giovani a votarlo (ottenne il quarto mandato, su sei totali fatti finora).
Oltre a questi leader anziani, l’Africa ha anche il secondo capo di stato o di governo più giovane al mondo (il primo è il premier francese dimissionario Gabriel Attal, 35 anni): il capitano Ibrahim Traoré (36 anni), che guida la giunta militare che nel settembre del 2022 fece un colpo di stato in Burkina Faso. Hanno preso il potere con la forza anche i leader di Mali, Assimi Goïta (41), e Guinea, Mamady Doumbouya (44), tra i più giovani del continente.
Secondo un dirigente del partito di Biya il «grande rispetto per gli anziani come patriarchi» fa parte della cultura politica africana. L’ex inviata speciale dell’Unione Africana per i Giovani, Aya Chebbi, e la presidente onoraria della ong Club of Rome, Mamphela Ramphele, hanno invece parlato di una «crisi generazionale». Secondo Chebbi e Ramphele, la generazione più anziana – protagonista delle lotte di liberazione dal dominio coloniale, e in molti casi rimasta al governo da allora – non ha ascoltato le richieste di cambiamento delle generazioni successive.
La maggioranza degli intervistati nell’edizione 2019/2021 del sondaggio Afrobarometer, condotto in 34 paesi africani, è a favore dell’introduzione di un limite d’età per i capi di stato e di governo, anche se in genere questo limite viene indicato più in là dell’età a cui si va in pensione in quegli stessi paesi. Nel 2016 in Nigeria era partita la campagna dell’ONU #nottooyoungtorun (“non troppo giovane per candidarmi”), che chiedeva proprio la fine della «discriminazione […] contro i giovani che si candidano a un incarico pubblico».
Secondo Mark Andrew Green, presidente della ong statunitense Wilson Center, «il divario d’età in Africa crea inevitabilmente dei problemi politici che possono avere ripercussioni sulla stabilità di alcuni paesi». Secondo Green, ma non solo, i leader che restano in carica così a lungo – oltre ad avere progressivamente accentrato il potere, limitato la libertà di stampa e represso l’opposizione – non sono poi in grado di fare riforme innovative, nonostante i numerosi rimpasti di governo che ordinano quando le cose vanno male.
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