Nei mercati si sta sgonfiando l’entusiasmo per l’intelligenza artificiale?

I grandi cali degli ultimi giorni sono legati allo scetticismo nei confronti delle aziende tecnologiche che hanno fatto investimenti miliardari nell'AI, per ora senza grossi ritorni

(Michael M. Santiago/Getty Images)
(Michael M. Santiago/Getty Images)
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Insieme ai timori di una recessione dell’economia statunitense, la causa principale dei grandi cali che si sono visti nelle borse di mezzo mondo in queste settimane ha almeno in parte origine nei bilanci delle principali aziende tecnologiche – da Apple ad Amazon, da Microsoft a Meta – e in particolare nei rischiosi e ingenti investimenti che hanno fatto nel settore dell’intelligenza artificiale (AI, nell’acronimo inglese).

Negli ultimi anni si erano sviluppate grosse aspettative intorno al valore che l’AI avrebbe infine generato per tutto il settore: più un’azienda ci puntava, più la valutazione delle sue azioni aumentava. Il caso più notevole è la società statunitense Nvidia, società di processori e chip che da tempo ha incentrato il suo business sui componenti per l’intelligenza artificiale: lo scorso febbraio è diventata la terza azienda di maggior valore negli Stati Uniti, dopo Apple e Microsoft, con una capitalizzazione da 1.830 miliardi di dollari, nel frattempo salita a oltre 2.500.

Da qualche mese la prospettiva degli investitori è però molto cambiata, soprattutto a causa di conti in peggioramento per la maggior parte delle aziende tecnologiche e di notizie di ingenti licenziamenti (l’ultima di Intel, che venerdì ha annunciato il licenziamento del 15 per cento dei suoi dipendenti): negli ambienti finanziari gli investitori hanno iniziato a chiedersi se questi investimenti nell’intelligenza artificiale avranno davvero ritorni concreti per le aziende, e dunque a cascata su chi ci ha investito.

Per esempio a fine luglio gli analisti che hanno partecipato alla conferenza trimestrale di Google hanno fatto domande anche molto incalzanti all’amministratore delegato Sundar Pichai su quando i 12 miliardi di dollari a trimestre che l’azienda investe nell’intelligenza artificiale inizieranno a rendere. E nelle ultime settimane le grandi banche e società d’investimento hanno pubblicato vari report in cui mostrano alcune perplessità sulla sostenibilità dell’intelligenza artificiale, sostenendo che la tecnologia potrebbe non essere infine in grado di guadagnare abbastanza denaro da giustificare i miliardi investiti. Secondo Sequoia Capital, società di investimento importantissima per il comparto tecnologico, il settore dell’intelligenza artificiale dovrà generare ricavi per almeno 600 miliardi di dollari all’anno per iniziare a ottenere guadagni soddisfacenti, una cifra esorbitante anche per il ricco settore della tecnologia.

Alcuni stanno addirittura iniziando a parlare del fatto che potrebbe trattarsi di una nuova bolla, destinata a scoppiare e a far perdere miliardi e miliardi alle aziende tecnologiche e agli investitori: significherebbe che il valore delle azioni di queste aziende è stato gonfiato dal grande entusiasmo del mercato, senza avere però alla base dei modelli di business solidi e sostenibili.

Alcuni iniziano perfino a paragonare la situazione attuale con i mesi immediatamente precedenti allo scoppio della cosiddetta bolla delle dot com: è la bolla finanziaria nata intorno alle aziende tecnologiche alla fine degli anni Novanta, che svelò l’inconsistenza di tantissime aziende che avevano ottenuto investimenti sull’onda dell’entusiasmo intorno alla diffusione di Internet, ma che concretamente avevano piani di business insostenibili e fallimentari.

Le cose sono ancora molto diverse da allora, e questo si vede per esempio dall’indicatore “prezzo/utili”, ossia il rapporto tra prezzo di un’azione e gli utili dell’azienda per azione: misura quindi quanto è profittevole un’azienda rispetto al suo valore di mercato. Al momento per il settore l’indicatore è in media di 31, mentre al momento di picco della bolla delle dot com era di 48.

Molti paragonano per esempio l’attuale successo di Nvidia in borsa con quello che all’inizio degli anni Duemila ebbe l’azienda tecnologica Cisco, l’azienda simbolo della bolla delle dot com: attualmente il rapporto prezzo/utili di Nvidia è pari a 70; prima dello scoppio della bolla sulle azioni Cisco, il rapporto prezzo/utili era circa di 200.

I timori non sono comunque del tutto infondati. Molti si chiedono se l’interesse verso queste nuove tecnologie si ridurrà, vanificando anni di investimenti e di ricavi. Sul medio termine è però improbabile che questo si verifichi: l’intelligenza artificiale è ancora una tecnologia piuttosto di nicchia, che ha un grande potenziale tra le molte aziende che vorrebbero implementarla nei loro processi con l’obiettivo di aumentare l’efficienza e ridurre i costi. Quelle che per ora ci si sono avvicinate hanno appena iniziato a testare l’intelligenza artificiale nelle proprie attività o a capire come affrontare alcuni problemi specifici che la tecnologia presenta.

C’è quindi un buon potenziale per le aziende del settore, che però per ampliare il mercato dovranno riuscire a offrire infine i loro prodotti a prezzi che possono permettersi anche le aziende comuni, e non solo le multinazionali con enormi budget.

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