Le molte polemiche attorno all’IBA, e ai suoi legami con la Russia
È la federazione di pugilato che escluse Imane Khelif dai Mondiali del 2023: ora ha annunciato che darà un premio in denaro ad Angela Carini, rinnovando lo scontro con il Comitato olimpico
Le molte polemiche emerse prima e dopo il ritiro della pugile italiana Angela Carini dall’incontro con l’algerina Imane Khelif, alle Olimpiadi a Parigi, hanno attirato diverse attenzioni, tra le altre cose, verso la International Boxing Association (IBA), la federazione internazionale fortemente influenzata dalla Russia che escluse Khelif e altre pugili dai Mondiali del 2023 in base a regole ed esami all’epoca non chiariti. Venerdì l’IBA – che tra le tante federazioni internazionali di pugilato, ognuna con i suoi titoli e le sue cinture, è appunto quella responsabile dell’organizzazione dei Mondiali – ha annunciato che assegnerà un premio di 50mila dollari a Carini più due premi da 25mila dollari, uno alla Federazione Pugilistica Italiana e l’altro allo staff che allena Carini.
«Non capisco perché uccidono così la boxe femminile. Per motivi di sicurezza, soltanto gli atleti idonei dovrebbero competere sul ring», ha detto il presidente dell’IBA, il russo Umar Kremlev. Dopo essere stata per lunghissimo tempo l’associazione di riferimento del pugilato olimpico, nel 2023 l’IBA fu espulsa dal movimento dal CIO, che già dal 2019 l’aveva estromessa dalla gestione dei tornei dopo una serie di scandali e per preoccupazioni relative all’integrità, alla governance e alla gestione finanziaria del pugilato. Da allora l’IBA è diventata un’organizzazione sempre più influenzata dalla Russia, dova ha la sua sede: è finanziata principalmente da Gazprom, la compagnia petrolifera di stato russa, e ha adottato un’agenda non soltanto sportiva ma anche politica piuttosto aderente alle priorità dello stato russo.
A maggio scorso l’IBA aveva comunicato che avrebbe lo stesso conferito premi in denaro a tutte le atlete e gli atleti vincitori di medaglie alle Olimpiadi di Parigi. Anche se Carini si è ritirata, riceverà comunque il premio in denaro che l’IBA prevede per chi vince la medaglia d’oro, in un evidente segno di scontro con il CIO.
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Dell’incontro tra Carini e Khelif si è parlato moltissimo negli ultimi giorni, prima perlopiù in Italia e poi in molti paesi del mondo: prima dell’incontro in Italia molti avevano contestato la decisione del Comitato olimpico internazionale di ammettere Khelif ai Giochi olimpici, nonostante fosse stata esclusa l’anno scorso dai Mondiali di boxe proprio per decisione dell’IBA. Tra chi aveva contestato la decisione c’erano anche diversi esponenti del governo italiano.
Khelif ha un aspetto considerato mascolino e per questo durante i Mondiali era stata sottoposta a dei test medici e valutata non adatta a competere come donna: non ci sono però al momento informazioni pubbliche o altri elementi per dire se Khelif abbia semplicemente livelli di testosterone alti o se rientri nello spettro dell’intersessualità, la condizione di chi presenta dalla nascita caratteristiche biologiche sia maschili che femminili. È stata descritta da molti, anche tra i politici italiani, come “pugile trans”, ma non risulta in nessun modo che sia così. L’altro ieri il Comitato olimpico internazionale ha ribadito in un comunicato che Khelif rispetta tutti i criteri per essere ammessa ai Giochi olimpici.
La discussa partecipazione di Khelif e della taiwanese Lin Yu-ting, un’altra pugile esclusa dall’IBA ai Mondiali del 2023 e ora qualificata per i quarti di finale a Parigi (nella categoria 57 kg), è il primo caso di controversia con l’IBA da quando il CIO ha preso in carico direttamente l’organizzazione dei tornei di pugilato alle Olimpiadi a seguito dell’espulsione. Le regole di ammissibilità degli atleti e delle atlete si basano su quelle dei Giochi di Tokyo del 2021, ha chiarito il Comitato, e non possono essere modificate durante una competizione.
Al momento dell’esclusione formale dell’IBA dal movimento, nel 2023, il presidente del CIO Thomas Bach aveva detto che il pugilato avrebbe continuato a essere una disciplina olimpica sia nel 2024 che nel 2028, a Los Angeles. Ma già ad aprile il Comitato aveva annunciato che occorreva trovare un adeguato organismo internazionale del pugilato per sostituire l’IBA entro l’inizio del 2025, perché il Comitato «non è nella posizione di organizzare un altro torneo olimpico di boxe». E anche da altre parti sono emerse negli ultimi tempi diverse perplessità riguardo al sostanziale commissariamento del pugilato mondiale da parte del CIO, e al fatto che le varie federazioni pugilistiche nazionali non condividano una federazione internazionale di riferimento.
In un comunicato diffuso giovedì il presidente della Federazione Pugilistica Italiana (FPI) Flavio D’Ambrosi ha scritto che «nei prossimi Giochi olimpici sarà necessario che il movimento pugilistico internazionale ritrovi una Federazione, riconosciuta dal CIO, che si occupi di attuare e far rispettare scrupolosamente le regole tecniche della competizione agonistica del pugilato». E in generale ha descritto come necessaria una «suddivisione di competenze» tra il CIO e le Federazioni internazionali proprio per evitare problemi nella gestione delle gare. «In assenza di una Federazione internazionale, forse sarebbe meglio non ammettere la disciplina ai Giochi olimpici», ha aggiunto D’Ambrosi.
I rapporti conflittuali tra il CIO e l’IBA (in precedenza nota come AIBA, dove la “A” in più stava per “amatoriale”) risalgono alle Olimpiadi del 2016 a Rio de Janeiro, quando la federazione fu associata a uno scandalo relativo alla corruzione di arbitri e alla presunta manipolazione di alcuni incontri. Ma altri attriti tra il Comitato e l’IBA erano emersi negli anni a causa della reputazione dei tre presidenti più recenti della federazione.
Il presidente taiwanese Wu Ching-kuo, in carica dal 2006 al 2017, era stato espulso dopo uno scandalo finanziario che aveva portato la federazione vicina alla bancarotta. Il suo successore, l’imprenditore uzbeko Gafur Rakhimov, era stato descritto dal dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti come «uno dei principali criminali in Uzbekistan, passato negli anni dai furti d’auto a riciclaggio, estorsioni, corruzione e traffico di eroina» oltre che al finanziamento di alcune famiglie criminali degli ex stati sovietici.
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Kremlev, successore di Rakhimov e attuale presidente dell’IBA, ex segretario generale della federazione pugilistica russa, è un imprenditore vicino al presidente russo Vladimir Putin, e ha avuto negli anni un ruolo molto influente nelle relazioni con la compagnia petrolifera di stato russa Gazprom, diventata uno dei principali finanziatori della federazione. Nel 2023, un anno dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’IBA aveva inoltre ammesso nei Mondiali di pugilato atleti russi e bielorussi, e li aveva ammessi in rappresentanza diretta dei loro paesi, non come «neutrali», decisione presa invece dal CIO.
A causa delle polemiche per l’ammissione delle atlete e degli atleti russi e bielorussi, e in generale per i metodi e la gestione di Kremlev, i campionati mondiali di pugilato del 2023 – femminile a Nuova Delhi, in India, e maschile a Tashkent, in Uzbekistan – erano stati boicottati da 17 paesi, tra cui Stati Uniti, Germania e Regno Unito. L’Italia aveva invece partecipato, vincendo una medaglia d’oro con Irma Testa nei pesi piuma femminili e una d’argento con Aziz Abbes Mouhiidine nei mediomassimi maschili. Le federazioni dei paesi assenti avevano intanto creato una nuova federazione internazionale, la World Boxing, a cui anche l’Italia ha recentemente aderito.
Dopo i mondiali femminili, il presidente della Federazione Pugilistica Italiana D’Ambrosi aveva detto che «lo sport deve essere scevro da questioni che non rientrano nel rispetto della Carta olimpica, è uno strumento per educare, costruire, includere», e aveva aggiunto di augurarsi in vista di Parigi 2024 «un’Olimpiade aperta e il più inclusiva possibile».