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  • Sabato 3 agosto 2024

Israele si prepara a un nuovo attacco dell’Iran

E dei gruppi alleati come Hezbollah, dopo l'uccisione del capo palestinese Ismail Haniyeh: e questa volta potrebbero non esserci avvertimenti

Il funerale di Ismail Haniyeh a Teheran
Il funerale di Ismail Haniyeh a Teheran (AP Photo/Vahid Salemi)
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Dopo l’assassinio di Ismail Haniyeh, il capo politico di Hamas ucciso a Teheran nella notte di martedì, Israele si sta preparando a una dura risposta militare da parte dell’Iran e dei suoi alleati. Tra questi c’è il gruppo radicale libanese Hezbollah, che a sua volta era stato colpito lunedì dall’uccisione di uno dei suoi leader da parte di Israele.

L’Iran ha già attaccato direttamente Israele quattro mesi fa, ad aprile, ma allora l’attacco era stato soprattutto simbolico: Israele e gli alleati erano stati discretamente avvertiti con un certo anticipo, ed erano stati in grado di abbattere tutti gli oltre 300 missili e droni lanciati dalle forze armate iraniane. L’attacco che ci si aspetta nelle prossime ore o nei prossimi giorni potrebbe essere diverso: secondo varie ricostruzioni potrebbe essere più ampio e almeno al momento non ci sono stati quegli avvertimenti preventivi che avevano evitato ampie distruzioni ad aprile.

L’esercito israeliano è da giorni in stato di massima allerta, e Israele si sta coordinando con gli Stati Uniti, il suo principale alleato, per mettere a punto una possibile difesa militare. Il dipartimento della Difesa statunitense venerdì ha annunciato l’invio rapido di nuove navi militari, jet e altri mezzi, con l’obiettivo esplicito di rafforzare la difesa di Israele ed «essere preparati a rispondere a ogni tipo di evenienza», come ha detto la portavoce del Pentagono (cioè del dipartimento) Sabrina Singh. I nuovi mezzi dovrebbero arrivare in Israele a giorni.

La principale differenza con l’attacco poco distruttivo di aprile è che questa volta le leadership dell’Iran e dei suoi alleati sembrano pronte ad attacchi più ampi, e avrebbero meno timori di possibili ritorsioni che potrebbero portare a un’estensione regionale della guerra.

Per l’Iran l’uccisione di Haniyeh – leader palestinese che si trovava ospite a Teheran per partecipare alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente Massoud Pezeshkian – è stata una forte umiliazione. La Guida Suprema Ali Khamenei, principale autorità politica e religiosa del paese, ha detto subito dopo l’attacco che ci sarebbe stata una dura risposta contro Israele.

Lo stesso vale per il gruppo militare e politico libanese Hezbollah, alleato dell’Iran, che lunedì aveva subìto un attacco diretto a Beirut, la capitale libanese, in cui Israele aveva ucciso uno dei capi del gruppo, Fuad Shukr, ritenuto responsabile di un precedente attacco che aveva ucciso 12 bambini in un territorio occupato da Israele. Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, giovedì ha detto, rivolgendosi a Israele: «Voi non sapete nemmeno quante linee rosse avete superato. Siamo entrati in una nuova fase, differente da quella precedente».

Hassan Nasrallah parla giovedì durate il funerale di Fouad Shukur

Hassan Nasrallah parla giovedì durante il funerale di Fouad Shukur (AP Photo/Hussein Malla)

Per queste ragioni molti analisti militari ritengono che l’attacco contro Israele potrebbe essere più ampio di quello di aprile, o quanto meno riguardare più fronti: non soltanto dunque un singolo lancio di missili e droni, ma potrebbero anche esserci attacchi da parte di Hezbollah e da altri membri del cosiddetto “asse della resistenza”, il network di alleati che l’Iran si è costruito nella regione e che comprende anche gli Houthi in Yemen e milizie sciite in Siria e Iraq.

Attacchi più duri e compiuti senza avvertimenti rischiano di aumentare la possibilità di incidenti, nuove ritorsioni e, in ultima istanza, di una guerra più ampia. Al momento questa possibilità sembra abbastanza remota: tutti i principali governi e gruppi coinvolti (quello israeliano, la leadership di Hezbollah, il governo iraniano) fanno sapere da mesi che non hanno intenzione di iniziare una guerra aperta, anche se dicono di essere pronti a farlo se saranno costretti.