Perché i crostacei sì e gli insetti no?

Condividono molte caratteristiche anatomiche e fisiologiche, e hanno un sapore simile, ma quando si tratta di mangiarli subentrano altri fattori

Un uomo su una barca regge nelle mani tre aragoste
Tre aragoste appena pescate nella baia di Biscayne a Miami, Florida (Joe Raedle/Getty Images)
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Chi mangia insetti commestibili, o comunque non è pregiudizialmente contrario all’idea di farlo, fa spesso riferimento ai crostacei come esempio di animali tutto sommato simili agli insetti e che sono parte dell’alimentazione di molte popolazioni nel mondo, anche nei paesi occidentali. È un paragone che ha senso, non solo nella percezione comune ma anche sul piano tassonomico. Ma benché sia citato da anni non sembra avere grande influenza sulle persone che mangiano normalmente gamberi e aragoste, per esempio, e si rifiutano di assaggiare grilli, cavallette o cicale, che invece gli appassionati di insetti commestibili considerano in fondo «aragoste chiassose che stanno sugli alberi».

Il paragone tra crostacei e insetti è utile a comprendere meglio il modo in cui sono fatti e la categoria tassonomica che condividono, quella dei Pancrostacei. E allo stesso tempo serve a capire come l’alimentazione umana, il gusto e il disgusto subiscano da sempre condizionamenti sociali, culturali e ambientali che si riflettono in abitudini e comportamenti, sia individuali che collettivi, molto eterogenei e non sempre facili da spiegare.

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Secondo l’ipotesi prevalente nella classificazione filogenetica dei due gruppi di animali (cioè quella che ne ricostruisce l’evoluzione nel tempo), non tutti i crostacei sono insetti ma tutti gli insetti sono crostacei: o meglio Pancrostacei. Discendono da un antenato vissuto circa mezzo miliardo di anni fa, e quindi appartengono allo stesso clade (un raggruppamento di specie con uno stesso antenato comune). Quello dei Pancrostacei forma il gruppo più diversificato e numeroso di animali sulla Terra, comprendendo oltre l’80 per cento delle specie.

La storia evolutiva di questi animali è discussa e studiata da decenni, ma nota in parte anche nella cultura popolare e citata occasionalmente da autori famosi, tra cui lo statunitense David Foster Wallace, che ne scrisse nel saggio del 2005 Considera l’aragosta. L’ipotesi largamente condivisa è che circa 480 milioni di anni fa il phylum degli artropodi si divise in più lignaggi, uno dei quali produsse i Chelicerati (a cui appartengono ragni e scorpioni) e un altro i Mandibolati. Da questo secondo gruppo si diramò il lignaggio che portò sia ai crostacei moderni, tra cui gamberi e aragoste, sia agli esapodi (animali a sei zampe), che comprendono la classe degli insetti, il gruppo più diversificato di artropodi viventi. «Le aragoste sono in sostanza enormi insetti marini», scrisse Foster Wallace.

Il primo piano di un'aragosta appena pescata, vista frontalmente

Un’aragosta appena pescata nella baia di Biscayne a Miami, Florida, il 25 luglio 2007 (Joe Raedle/Getty Images)

Una caratteristica che accomuna crostacei e insetti è l’esoscheletro, cioè la struttura esterna che protegge il corpo dell’animale e può fare da sostegno agli organi. È possibile che il peso abbia avuto un ruolo nella differente evoluzione dei due gruppi: l’esoscheletro dei crostacei è tendenzialmente più pesante, che significa anche più facile da trasportare nell’acqua che nell’aria. Al peso è legata a sua volta la dimensione degli individui: gli insetti sono tendenzialmente più piccoli dei crostacei, anche se in passato sono esistiti insetti più grandi e pesanti di quelli ancora viventi (come la meganeura, una sorta di libellula gigante vissuta circa 300 milioni di anni fa).

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Per il resto i crostacei e gli insetti sono simili sotto molti aspetti. Secondo una ricerca pubblicata nel 2020 sulla rivista eLife e condotta da un gruppo guidato da Nicholas Strausfeld, neuroscienziato della University of Arizona, sia i crostacei che gli insetti possiedono particolari strutture cerebrali, che si ipotizza siano necessarie per l’apprendimento, la memoria e il movimento in ambienti complessi. In precedenza si pensava invece che fossero una caratteristica evolutiva propria degli insetti, assente nei crostacei.

Molte persone che hanno assaggiato gli insetti commestibili dicono inoltre che la parte interna e più carnosa, protetta dall’esoscheletro, ha un sapore molto simile a quello dei crostacei. Proprio a causa di tutte le relazioni esistenti tra i due gruppi di animali, alle persone allergiche ai crostacei viene peraltro sconsigliato di mangiare gli insetti commestibili, incluse le cicale, la cui ampia diffusione recente negli Stati Uniti ha favorito una certa tendenza di chef e aspiranti chef a utilizzarle in cucina.

Tre ciotole bianche con tre diversi tipi di insetti essiccati, fotografate dall'alto

Grilli, cavallette e larve della farina essiccate (Sean Gallup/Getty Images)

Alcuni dopo averle fritte le avvolgono nel riso come il sushi, altri le utilizzano come ripieno per tacos e tortillas, ma in generale si tratta di un consumo marginale e limitato rispetto a quello dei crostacei. Il consumo di insetti è perlopiù oggetto o di articoli sensazionalistici e banalizzanti, ha scritto il Washington Post, o di articoli che lo descrivono come una possibile o probabile futura fonte di proteine a basso costo in scenari apocalittici. Ma per circa due miliardi di persone in tutto il mondo – più di un quarto della popolazione mondiale – gli insetti sono invece uno degli alimenti più antichi e comuni.

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È soprattutto nei paesi occidentali che il consumo di insetti è raro e non è mai stato largamente diffuso. Come sintetizzato nel 2018 in un articolo del New York Times Style Magazine, «siamo pronti a buttare giù ostriche scivolose, formaggio puzzolente e hot dog fatti di interiora di origine sconosciuta, ma evitiamo qualsiasi cosa che avrebbe potuto strisciare, saltare o volteggiare su una coperta da picnic». Secondo un rapporto del 2020 dell’Organizzazione europea dei consumatori (BEUC), soltanto il 10 per cento dei cittadini europei sarebbe disposto a scambiare la carne con insetti, e secondo un sondaggio YouGov del 2021 Italia e Polonia sarebbero i paesi meno disposti in assoluto.

Un piatto di biscotti al cioccolato con sopra una pupa di cicala

Un biscotto farcito con una cicala allo stadio di pupa (AP Photo/Carolyn Kaster)

La ritrosia di molte popolazioni occidentali a mangiare gli insetti – prima tra gli europei, poi per estensione tra i coloni europei in America – potrebbe in parte essere dovuta all’evoluzione dell’ambiente. Negli ultimi milioni di anni gran parte dell’Europa è passata attraverso diverse fasi di era glaciale inospitali per la vita, e le dimensioni ridotte e la topografia del continente non hanno favorito un’elevata biodiversità. L’Europa ospita solo il 2 per cento degli insetti commestibili del mondo, e gli individui delle specie presenti nelle zone temperate non crescono grandi come nei tropici equatoriali, scrisse nel 2018 l’entomologo Arnold van Huis, dell’università di Wageningen, nei Paesi Bassi.

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La differenza di dimensioni e di peso tra crostacei e insetti ha chiaramente implicazioni rilevanti sul piano culinario. In un recente video sul suo canale YouTube il giornalista statunitense Adam Ragusea ha proposto qualche altra ipotesi per provare a spiegare le resistenze culturali a mangiare gli insetti. Una delle ragioni plausibili è che, essendo appunto gli insetti tendenzialmente più piccoli dei crostacei, il modo più diffuso di mangiarli è per intero, cioè con tutto il loro esoscheletro, la testa, gli organi interni e ogni altra parte del corpo. È un modo che la maggior parte delle persone troverebbe disgustoso anche nel caso dei crostacei e di altri animali. Ma rimuovere l’esoscheletro degli insetti, come di solito si rimuove il carapace dei crostacei, lascerebbe ben poco tessuto muscolare da mangiare.

Un’altra ipotesi è che le persone abbiano un’esperienza degli insetti molto più frequente di quella che hanno dei crostacei, che sono invece percepiti come animali distanti: una sorta di «insetti acquatici» che vivono su un piano dell’esistenza completamente diverso dal nostro, ha detto Ragusea. È possibile che nel caso degli insetti subentrino quindi paure istintive legate alla nostra esperienza di quegli animali, che può anche essere dolorosa nel caso delle punture, per esempio. Come è possibile, secondo Ragusea, che la nostra esperienza sia influenzata anche dalla consapevolezza inconscia che gli insetti, per quanto piccoli, siano numerosissimi e possano formare sciami in grado di ricoprirci completamente e sopraffarci.