Il divieto di vendere cannabis light è un guaio per le imprese

Secondo le associazioni di categoria circa 15mila persone rischiano di perdere il lavoro per l'emendamento approvato in commissione alla Camera

Infiorescenze di cannabis light
Infiorescenze di cannabis light (Sean Gallup/Getty Images)
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Mercoledì la commissione Affari costituzionali e Giustizia della Camera ha approvato un emendamento al disegno di legge sulla sicurezza per vietare la coltivazione e il commercio della cosiddetta cannabis light. L’emendamento era stato presentato dal governo che da sempre considera – in modo strumentale e sbagliando – la cannabis light una sostanza stupefacente. In realtà la cannabis light ha un livello molto basso di THC, il componente psicoattivo comunemente associato all’effetto stupefacente della marijuana, mentre contiene maggiori quantità di CBD, principio attivo che provoca un più blando effetto di rilassatezza.

Il disegno di legge così modificato verrà poi discusso in aula a settembre, e con ogni probabilità approvato vista l’ampia maggioranza parlamentare che sostiene la destra al governo. L’emendamento ha l’obiettivo di dare un’interpretazione restrittiva alla legge del 2016 che aveva consentito a centinaia di aziende agricole italiane di produrre e lavorare la cannabis light. Nelle ultime settimane le associazioni che rappresentano queste aziende hanno più volte dato avvertimenti al governo sulle conseguenze di questo divieto, che in caso di approvazione definitiva porterà circa 3.000 imprese alla chiusura e farà perdere il lavoro ad almeno 10.000 persone.

In Italia la coltivazione e il commercio della cannabis si sono sviluppati grazie a una sorta di vuoto legislativo lasciato dalla legge 242 del 2 dicembre 2016, introdotta per regolamentare la coltivazione della canapa per fini industriali. L’articolo 2 di quella legge permette a chiunque di coltivare la cannabis senza autorizzazioni se i prodotti sono idonei alla produzione di alimenti e cosmetici, di materiale destinato alla bioedilizia, all’attività didattica o alla ricerca, alla bonifica di siti inquinati, al florovivaismo (la coltivazione di fiori). La legge non fa esplicito riferimento al consumo ricreativo: la mancanza di un preciso divieto permise alle aziende di coltivare la cannabis light senza avere conseguenze legali.

Nel 2019 inoltre la Cassazione stabilì che tutte le piante di cannabis con una percentuale di THC inferiore allo 0,6% rientrano nei limiti della legge del 2016 e non sono considerate sostanze stupefacenti. La Cassazione stabilì poi che, visto che la coltivazione della cannabis light è legale, lo è anche la sua vendita.

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L’emendamento del governo e approvato dalla commissione Affari costituzionali e Giustizia della Camera interviene in particolare sulla vendita, quindi sul commercio. Vieta «l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa (Cannabis sativa L.) coltivata ai sensi del comma 1, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati».

Raffaele Desiante, presidente di un’associazione che riunisce imprenditori della canapa industriale (Imprenditori Canapa Italia, ICI), dice che quella del governo è una scelta illegittima e dannosa, che punta solo a chiudere un settore produttivo azzerandone il fatturato. Attualmente sono circa 800 le aziende agricole che coltivano cannabis light e 1.500 le ditte specializzate nella trasformazione: gli occupati di questo settore sono circa 10.000 a tempo indeterminato oltre a circa 5.000 stagionali assunti durante il periodo estivo.

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Il fatturato complessivo è di circa 500 milioni di euro all’anno e dipende per il 90 per cento dall’esportazione della cannabis light all’estero. «Tra l’altro ora siamo nel bel mezzo della coltivazione della canapa, mentre la raccolta è prevista per fine settembre», ha detto Desiante in un’intervista a Repubblica. «Se il testo passa avremo un bel problema: investimenti già affrontati e magazzini stipati di infiorescenze che saranno di colpo considerati illegali con pesanti risvolti penali per tutti noi». Persino la Coldiretti, associazione solitamente allineata coi governi di turno, ha criticato il provvedimento.

Molti imprenditori intervistati negli ultimi giorni hanno spiegato che il divieto di produzione di cannabis light difficilmente avrà effetti significativi sul consumo. Siccome l’emendamento non interviene sull’acquisto fatto all’estero, infatti, le persone potranno continuare a comprare prodotti a base di CBD da produttori stranieri anziché italiani. E quella parte di domanda che l’estero non riuscirà ad assorbire potrebbe rivolgersi nel mercato illegale, secondo i produttori. Anche Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, ha definito il divieto «un gran regalo alla criminalità». Le associazioni hanno chiesto un confronto al governo e hanno annunciato che se il testo così modificato entrerà in vigore con l’approvazione definitiva in parlamento presenteranno un ricorso al TAR, il tribunale amministrativo regionale.