Un’altra pessima giornata per le borse di mezzo mondo

Grossi cali nel valore delle azioni delle più grandi aziende tecnologiche statunitensi hanno innescato perdite anche nelle borse europee, che hanno chiuso tutte in rosso

Un operatore della borsa di New York, il 2 agosto del 2024 (AP Photo/Richard Drew)
Un operatore della borsa di New York, il 2 agosto del 2024 (AP Photo/Richard Drew)

Venerdì sono andate molto male le borse di praticamente tutti i paesi europei, i cui cali sono dipesi soprattutto dal pessimo andamento della borsa statunitense. Anche la borsa giapponese è andata malissimo, con il secondo calo più consistente dalla pandemia. Tra le cause ci sono dei dati deludenti sul mercato del lavoro degli Stati Uniti, che molti hanno interpretato come l’inizio del rallentamento dell’economia statunitense, che nell’ultimo periodo era andata benissimo e molto sopra le attese.

Ma il motivo principale è il crollo del valore delle azioni delle più grandi aziende tecnologiche statunitensi, che da qualche settimana risentono di un generale clima di scetticismo intorno alla loro capacità di essere redditizie: le azioni di Intel, che proprio venerdì ha comunicato il licenziamento del 15 per cento dei suoi dipendenti, hanno perso il 29,61 per cento; il prezzo delle azioni di Amazon, che ha comunicato risultati economici molto deludenti, è sceso dell’11,77 per cento; le azioni di Tesla e Nvidia hanno perso oltre il 7 per cento. Le perdite delle aziende tecnologiche statunitensi, tra le più importanti al mondo, hanno influenzato anche l’andamento delle società europee del settore, contribuendo così a cali generalizzati sulle borse di mezzo mondo.

Di conseguenza tutti i principali listini europei hanno chiuso la giornata al ribasso, così come quelli statunitensi: i listini sono indici che raggruppano e sintetizzano l’andamento delle azioni delle grosse compagnie, in cui il peso delle aziende tecnologiche è assai rilevante.

Il FTSE Mib, l’indice più rappresentativo della borsa italiana, è tra quelli europei con perdite più rilevanti, con un calo del 2,58 per cento; il FTSE 100, il listino della borsa di Londra, ha chiuso con una perdita dell’1,42; il Dax 40, il listino più importante in Germania, è sceso del 2,44; il Cac 40, quello francese, dell’1,44. Negli Stati Uniti il Nasdaq, il listino che ospita tutti i principali titoli tecnologici, ha perso il 2,43 per cento, ma durante la giornata si è avvicinato anche a -6 per cento; l’indice S&P 500, che rappresenta l’andamento delle 500 aziende quotate più grandi degli Stati Uniti, è sceso dell’1,84 per cento; il Dow Jones, il più importante e conosciuto indice della borsa statunitense, ha perso l’1,51 per cento.

Anche l’indice Nikkei, quello più rappresentativo dei mercati finanziari giapponesi, ha chiuso in perdita, con un calo del 5,81 per cento: le borse asiatiche hanno però chiuso prima che quelle statunitensi aprissero, dunque non sono state direttamente influenzate dai loro cali. In questo caso c’entra soprattutto la decisione di mercoledì della banca centrale giapponese di aumentare i tassi di interesse, che sta facendo aumentare il valore dello yen e ha innescato conseguenti aggiustamenti in borsa.

I cali di venerdì si sono fatti notare non solo per la loro entità, non comunque drammatica (tranne che per alcune specifiche aziende), ma anche perché si sono verificati dopo che già la scorsa settimana c’erano state perdite consistenti nei titoli del settore tecnologico, che avevano trascinato al ribasso praticamente tutti i listini: allora avevano risentito di dati deludenti sui risultati economici del secondo trimestre dell’anno di molte aziende del comparto. Come detto, da tempo c’è un generale clima di scetticismo sul fatto che le aziende del settore riusciranno infine a trarre un profitto dagli ingenti investimenti sull’intelligenza artificiale, che stanno drenando la maggior parte delle risorse di praticamente tutte le aziende tecnologiche, da Apple a Microsoft. Per questo motivo è risultata molto penalizzata anche Nvidia, che deve gran parte del suo successo all’aver puntato sull’intelligenza artificiale.

I cali si sono fatti notare anche perché hanno interrotto un lungo periodo assai positivo per i mercati finanziari di tutto il mondo, ma soprattutto per quelli degli Stati Uniti. Erano cresciuti moltissimo nel 2020 e nel 2021, nonostante la pandemia da coronavirus, e avevano poi avuto alcuni momenti di difficoltà verso la metà del 2022, quando erano calati soprattutto i titoli delle aziende tecnologiche, e all’inizio del 2023, a causa di alcuni problemi con i titoli bancari. Da quel momento però si sono riprese e hanno continuato a crescere in modo molto soddisfacente, anche grazie all’entusiasmo per le compagnie attive nell’ambito dell’intelligenza artificiale. L’azienda che per ora ne ha beneficiato di più è Nvidia, che lo scorso febbraio è diventata la terza azienda di maggior valore negli Stati Uniti, dopo Apple e Microsoft, con una capitalizzazione da 1.830 miliardi di dollari.

Queste pessime giornate non sono comunque indicative di un cambiamento generale nell’andamento dei mercati finanziari statunitensi ed europei, anche se è fisiologico che dopo periodi di grande successo ci siano momenti di rallentamento o addirittura di calo: è la cosiddetta alternanza tra “bull market”, cioè al rialzo, e “bear market”, al ribasso. Bull e bear, toro e orso, sono le immagini che si usa nel gergo dei mercati finanziari per parlare di periodi prolungati di rialzo e di ribasso: il toro spinge con le corna verso l’alto, e l’orso con una zampata verso il basso. Da tempo gli analisti si chiedono quando finirà il bull market e quando inizierà il bear.