In Bangladesh sono state arrestate più di 10mila persone durante le proteste antigovernative ed è stato messo al bando un importante partito di opposizione

Proteste a Dacca, Bangladesh, 30 luglio 2024 (AP Photo/Rajib Dhar)
Proteste a Dacca, Bangladesh, 30 luglio 2024 (AP Photo/Rajib Dhar)

Il governo bengalese ha messo al bando il Congresso islamico del Bangladesh (Jamaat-e-Islami), principale partito islamico e di opposizione del paese, e la sua sezione studentesca, Islami Chhatra Shibir, in base a una legge contro il terrorismo del 2009. Nei giorni scorsi il governo aveva dichiarato più volte di ritenere il partito responsabile di aver infiltrato degli estremisti nel movimento studentesco che da settimane organizza enormi proteste contro il sistema di quote degli impieghi pubblici riservate ai familiari dei reduci della guerra di indipendenza dal Pakistan del 1971: da molti e molte viene considerato discriminatorio e non meritocratico.

Secondo diversi gruppi locali per i diritti umani, almeno 266 persone sono state uccise durante le proteste, più di 7mila sono state ferite e almeno 10.372 sono state arrestate. Tra loro ci sono anche molti leader dell’opposizione politica e del movimento studentesco.

Le proteste erano iniziate all’inizio di luglio all’interno dei principali campus universitari del paese, ma si erano presto espanse ad altre fasce della popolazione. La reazione del governo guidato dalla prima ministra Sheikh Hasina è stata molto dura: ha ordinato la chiusura di tutte le scuole e delle università, ha schierato l’esercito a sostegno della polizia, ha imposto un blocco ai servizi internet e di telefonia mobile e un coprifuoco.

Il 21 luglio la Corte Suprema del Bangladesh aveva ridimensionato il criticato sistema di assegnazione degli incarichi pubblici basato sulle quote. La sentenza, tuttavia, non aveva messo fine alle proteste. I movimenti contestano ad Hasina, che a gennaio ha ottenuto il quarto mandato consecutivo, una gestione del potere sempre più autoritaria. Asif Nazrul, un professore dell’Università di Dacca, ha parlato di «arresti di massa», di «sparizioni forzate» e della «mancata presentazione in tribunale entro 24 ore» delle persone fermate, tutte «azioni incostituzionali e che violano molte convenzioni internazionali. Sembra che questo governo abbia dichiarato guerra al dissenso».