Israele dice di aver ucciso Mohammed Deif, leader militare di Hamas, il 13 luglio
L'esercito israeliano sospettava di esserci riuscito, ma la conferma dei servizi segreti è arrivata soltanto oggi
Giovedì l’esercito israeliano ha detto di essere del tutto sicuro di aver ucciso il leader militare di Hamas Mohammed Deif in un attacco aereo, il 13 luglio. L’attacco aveva colpito specificatamente una villa di proprietà della famiglia di Rafa Salameh, un comandante della Brigata Khan Yunis, una delle brigate che compongono al Qassam, l’ala militare di Hamas: vari funzionari dell’esercito avevano detto di essere piuttosto certi che in quel momento nella villa ci fosse Deif, che è spesso stato descritto come un «fantasma» per la sua capacità di sfuggire ai tentativi di Israele di ucciderlo.
Da allora, però, non c’erano novità sulle sorti di Deif: Israele ha detto di aver ricevuto solo oggi nuove informazioni dei servizi di intelligence che ne confermano con certezza la morte. Non ha però dato ulteriori informazioni sulla fonte della conferma: in questi casi, spesso si tratta di una spia che correrebbe grossi pericoli se fosse identificata. Già il 21 luglio, comunque, i militari si erano detti al 100 per cento certi del fatto che Deif si trovasse a casa di Salameh nel momento dell’attacco. La morte di Salameh era già stata confermata.
Secondo il Jerusalem Post, alcuni membri di Hamas e del gruppo armato Hezbollah, che opera soprattutto in Libano, sapevano da settimane della morte di Deif.
Gli Stati Uniti consideravano Mohammed Deif, il cui vero nome è Mohammed Diab Ibrahim al Masri, un terrorista. A maggio il procuratore capo della Corte penale internazionale aveva richiesto un mandato di arresto per Deif per crimini di guerra e crimini contro l’umanità in relazione agli attacchi del 7 ottobre 2023, di cui è considerato uno dei principali organizzatori. Negli ultimi vent’anni era sopravvissuto ad almeno sette tentativi di omicidio da parte dell’esercito israeliano: in uno di questi rimasero uccisi la moglie e il figlio, in un altro il fratello e la sua famiglia, mentre lui era rimasto mutilato (si ritiene abbia perso uno o più arti e forse anche un occhio). Era considerato uno degli organizzatori degli attacchi del 7 ottobre.
Il nome di Deif, che in arabo significa “ospite”, in riferimento alla sua abitudine di spostarsi spesso di casa in casa per nascondersi, era il secondo sulla lista delle persone che Israele considerava minacce alla sua sicurezza. Il primo è quello di Yahya Sinwar, capo politico di Hamas dentro la Striscia, tuttora in vita. Michael Milshtein, un ex funzionario dell’intelligence israeliana, aveva definito Deif «il cuore pulsante del braccio armato di Hamas».
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