Cos’è il caso che riguarda la pugile algerina Imane Khelif
La sua inclusione alla categoria femminile alle Olimpiadi ha provocato proteste e molta disinformazione, specialmente dopo l'incontro con l'italiana Angela Carini
La pugile italiana Angela Carini si è ritirata meno di un minuto dopo l’inizio dell’incontro degli ottavi di finale di boxe nella categoria 66 kg contro l’algerina Imane Khelif, che da ieri è al centro di una polemica in Italia per via della decisione del Comitato olimpico di ammetterla alle competizioni femminili, nonostante fosse stata esclusa l’anno scorso dai Mondiali di boxe. Khelif ha infatti un aspetto considerato mascolino e per questo era stata sottoposta a dei test medici e valutata non adatta a competere come donna.
Da ieri diversi esponenti del governo italiano identificano Khelif come “pugile trans”, anche se non risulta in nessun modo che sia così. Al momento non sono pubblici e confermati elementi sufficienti nemmeno per dire se Khelif abbia semplicemente livelli di testosterone alti o se rientri nello spettro dell’intersessualità, la condizione di chi presenta dalla nascita caratteristiche biologiche sia maschili sia femminili. Quest’ultima è tuttavia l’ipotesi che tutti stanno dando per corretta.
Dopo l’incontro hanno criticato quanto successo tra gli altri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, secondo cui «non era una gara ad armi pari», ma anche molti commentatori conservatori di altri paesi, che hanno polemizzato sull’opportunità di ammettere Khelif alle Olimpiadi, collegando questo genere di decisioni alla cosiddetta “ideologia woke”.
Khelif in realtà rispettava i criteri per l’ammissione alle competizioni femminili delle Olimpiadi, ha ribadito giovedì sera il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), che sono stati gli stessi fin da Tokyo 2021 e per tutte le fasi di qualificazione a Parigi 2024. Il CIO ha definito «arbitraria» e «presa senza una procedura adeguata» la decisione dell’anno scorso dell’IBA, la federazione internazionale di boxe, che è un’organizzazione controversa e da alcuni anni non più riconosciuta dal CIO.
Carini ha segnalato il ritiro dopo aver ricevuto un destro di Khelif sul volto. Poi ha parlato con il suo allenatore, e ha partecipato al momento in cui è stata proclamata vincitrice Khelif, senza però salutarla né guardarla in faccia. In un’intervista dopo l’incontro ha detto: «Io sono sempre andata oltre le polemiche, per me quando scavalco quelle corde chiunque hai davanti non fa differenza. Mi sono fermata perché ho sentito un forte dolore al naso. Il secondo colpo l’ho sentito sul naso fortissimo e ho capito che o mi fermavo da sola o mi sarei potuta fare male per davvero. E ho capito che forse era meglio essere intelligente e matura».
Carini ha 25 anni, è napoletana ed è alla seconda partecipazione alle Olimpiadi. Khelif ha un anno in meno, e aveva già partecipato alle Olimpiadi di Tokyo, quando era uscita ai quarti di finale senza che ci fossero discussioni sulla sua partecipazione. In carriera è stata battuta più volte da altre pugili, compresa nella finale dei Mondiali del 2022, quando fu sconfitta dall’irlandese Amy Broadhurst. Proprio Broadhurst ha commentato la polemica alle Olimpiadi dicendo: «personalmente non penso che Khelif abbia fatto niente per imbrogliare. Penso che sia nata così, ed è fuori dal suo controllo. Il fatto che sia stata battuta da nove donne finora dice tutto».
La polemica su Khelif si è concentrata sulla sua esclusione dai Mondiali di boxe del 2023, che però risulta opaca. Secondo alcuni documenti del CIO forniti ai giornalisti, a determinarla fu un livello troppo alto di testosterone. Mercoledì invece l’IBA (la federazione internazionale di boxe) ha detto che non era stata sottoposta a un test di testosterone, senza però specificare di quale altro tipo si trattasse, per ragioni di privacy.
Giovedì sera il CIO ha difeso la decisione di ammettere Khelif alla competizione femminile, criticando duramente «l’aggressione» in corso contro Khelif (e contro un’altra pugile che come lei era stata esclusa dall’IBA) e il modo in cui fu esclusa improvvisamente poco prima della fine dei Mondiali, ai quali la pugile algerina era arrivata in finale.
Non aveva potuto disputarla per una decisione che secondo il CIO fu presa inizialmente dai soli amministratore delegato e segretario generale dell’IBA, e solo in seguito ratificata dal consiglio di amministrazione che chiese comunque di rendere più chiaro in futuro il protocollo da seguire in casi simili. Il comportamento dell’IBA fu «pessima governance», ha detto il CIO: «i criteri di ammissibilità non dovrebbero essere cambiati durante le competizioni, e le loro modifiche dovrebbero seguire procedure adeguate ed essere basate sulle prove scientifiche».
«Il Comitato Olimpico Internazionale è rattristato dal maltrattamento che queste due atlete stanno subendo», dice il comunicato, che avverte che le federazioni nazionali di boxe dovranno mettersi d’accordo su una nuova federazione internazionale affinché la boxe sia ammessa come sport olimpico a Los Angeles 2028.
A spingere molte persone a identificare Khelif come atleta trans è una dichiarazione che diede ai tempi Umar Kremlev, presidente dell’IBA, secondo cui «sulla base dei risultati dei test del DNA, abbiamo identificato un certo numero di atleti che hanno cercato di ingannare i loro colleghi e fingevano di essere donne. Sulla base dei risultati dei test, è stato dimostrato che avevano i cromosomi XY. Tali atleti sono stati esclusi dalla competizione».
Questa dichiarazione, oltre a non essere mai stata documentata, non implicherebbe comunque che Khelif sia una donna trans, visto che esistono condizioni nello spettro dell’intersessualità per cui potrebbe avere quei cromosomi sessuali pur presentando dalla nascita caratteristiche fisiche prevalentemente femminili. A questo si aggiunge che in Algeria anche solo avere rapporti omosessuali è reato, per cui sembra improbabile che Khelif sia riuscita a fare una transizione di genere, cambiare i propri documenti e poi essere selezionata come atleta olimpica per rappresentare la nazione.
Il motivo per cui CIO e IBA hanno regole diverse sull’ammissione delle atlete è che l’IBA non è più riconosciuta dal CIO, da quando fu coinvolta in una serie di gravi scandali di corruzione. Da allora l’IBA ha sede in Russia – Kremlev è un imprenditore molto vicino a Vladimir Putin – ed è finanziata principalmente da Gazprom, la compagnia petrolifera di stato russa.
Le persone intersessuali (o «intersex», come preferiscono dire molte di loro) sono nate con caratteristiche atipiche in quegli aspetti del corpo umano legati al sesso. Oltre ai genitali esterni e a quelli interni (come le ovaie e l’utero), queste atipicità possono riguardare i cromosomi sessuali (solitamente XX nelle femmine, XY nei maschi), altre parti del dna e gli ormoni, così come le caratteristiche fisiche che influenzano. Khelif tuttavia non ha mai detto di essere intersessuale, e la supposizione che lo sia, molto diffusa in queste ore, si basa essenzialmente sulla sola dichiarazione di Kremlev.
– Leggi anche: La polemica italiana sulla pugile algerina Imane Khelif
Il criterio che si è affermato di più negli ultimi anni per stabilire se un’atleta può competere nelle categorie femminili o no è quello che si basa sui livelli di testosterone, l’ormone presente in quantità maggiore negli uomini e che segna la differenza principale tra i due sessi a livello ormonale. Sia una donna trans che una donna con una certa condizione nello spettro dell’intersessualità potrebbero avere livelli di testosterone superiori alla media femminile e quindi anche una maggiore forza fisica. La priorità del testosterone nella valutazione dell’ammissibilità delle atlete negli ultimi anni è però stata gradualmente messa in discussione, anche perché non esiste al momento una posizione unanime della comunità scientifica rispetto alla correlazione tra i suoi livelli e i risultati sportivi.
L’episodio ha suscitato scandalo e proteste negli ambienti conservatori. «Il pianto inconsolabile di Angela ci colpisce ma il suo ritiro le fa onore. L’aspetto in Senato per abbracciarla» ha detto il presidente del Senato Ignazio La Russa dopo l’incontro. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che è in visita giovedì alle Olimpiadi di Parigi, ha detto che «non era una gara ad armi pari». La ministra della Famiglia Eugenia Roccella ha espresso solidarietà a Carini, «vittima di un’ideologia che colpisce lei e con lei tutte le donne».
A commentare quanto accaduto è stata anche la scrittrice J.K. Rowling, nota per negare l’identità trans e per opporsi all’inclusione delle donne trans nelle battaglie femministe, secondo cui «le Olimpiadi di Parigi saranno per sempre macchiate dalla brutale ingiustizia su Carini». Tra gli altri anche Elon Musk, proprietario di X (Twitter) e Tesla, ha criticato l’accaduto.