Sulle carceri Forza Italia sta dando qualche timido ma contraddittorio segnale

Antonio Tajani ha avviato un'iniziativa estiva per sensibilizzare sul problema del sovraffollamento, mentre in parlamento il suo partito si fa valere poco

Antonio Tajani presenta l'iniziativa "Estate in carcere" insieme al segretario del Partito Radicale Maurizio Turco e ad alcuni parlamentari di Forza Italia, il 29 luglio 2024 (Photo by Mauro Scrobogna/LaPresse)
Antonio Tajani presenta l'iniziativa "Estate in carcere" insieme al segretario del Partito Radicale Maurizio Turco e ad alcuni parlamentari di Forza Italia, il 29 luglio 2024 (Photo by Mauro Scrobogna/LaPresse)
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Lo scorso 29 luglio Forza Italia e il Partito Radicale hanno presentato un progetto chiamato “Estate in carcere”: una serie di visite nelle carceri italiane, di incontri con gli agenti della polizia penitenziaria, iniziative per valorizzare le attività culturali in favore del reinserimento sociale dei detenuti e ribadire il valore rieducativo della pena.

Il progetto è stato presentato in un momento in cui le discussioni e le polemiche sulla degradante situazione umanitaria nelle carceri italiane sono particolarmente animate. E segnala un primo parziale tentativo di Forza Italia di distinguersi rispetto agli alleati di governo, Lega e Fratelli d’Italia, che invece mantengono una linea di fermezza sul sovraffollamento e sui suicidi in carcere, negando di fatto la necessità di adottare provvedimenti urgenti per risolvere quei problemi. Dall’inizio dell’anno i suicidi in carcere sono stati 61, e nelle ultime settimane ci sono state proteste in diverse carceri italiane, da Nord a Sud, sia per i suicidi che per il caldo insopportabile nelle celle strapiene.

– Leggi anche: Cosa sta succedendo nelle carceri italiane

Ma se sul piano mediatico Forza Italia prende le distanze dal resto della destra di governo, in parlamento segue invece molto Lega e Fratelli d’Italia, assecondandone in buona sostanza le posizioni. Mercoledì, nella stessa giornata in cui Tajani ha inaugurato l’iniziativa congiunta col Partito Radicale visitando il carcere di Paliano nella sua zona di origine, Frosinone, al Senato Forza Italia ha formalmente rinunciato a portare avanti le sue richieste per intervenire sull’emergenza umanitaria in corso nelle carceri.

Mercoledì pomeriggio infatti il Senato ha iniziato a discutere il cosiddetto “decreto carceri”. È una discussione piuttosto modesta: il governo ha già annunciato che sul provvedimento porrà la questione di fiducia: significa che se il provvedimento venisse bocciato il governo cadrebbe, e significa anche che l’aula sarà costretta a votare giovedì, senza concedere spazio a ipotesi di modifica. Il decreto-legge sulle carceri era stato approvato dal Consiglio dei ministri il 3 luglio scorso. Era un provvedimento atteso da mesi, su cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva fatto vari annunci, proprio per fronteggiare la situazione nelle carceri: il 30 giugno scorso risultavano in Italia 61.480 detenuti, a fronte di una capienza effettiva delle carceri di poco più di 51mila posti letto.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio discute nell’aula della Camera con il suo vice, Francesco Paolo Sisto, di Forza Italia, il 10 luglio 2024 (Foto Roberto Monaldo/LaPresse)

Proprio la gravità di questa situazione aveva fatto crescere le aspettative intorno al decreto preparato dal governo, che però al dunque si è rivelato poca cosa. Il provvedimento prevede l’assunzione di mille nuovi agenti penitenziari tra il 2025 e il 2026, e una semplificazione delle procedure burocratiche per riconoscere ai detenuti che ne hanno diritto gli sconti di pena e per permettere ad alcuni di loro, in particolare persone con tossicodipendenze o disturbi psichici, di seguire percorsi di riabilitazione e reinserimento sociale in strutture residenziali alternative al carcere per un periodo della loro pena. Il ministro Nordio aveva del resto dovuto tenere conto degli orientamenti di Lega e di Fratelli d’Italia, i cui due sottosegretari alla Giustizia – rispettivamente Andrea Ostellari e Andrea Delmastro – hanno più volte ribadito la loro indisponibilità ad approvare provvedimenti che contenessero sconti di pena generalizzati o misure che assomigliassero anche solo vagamente a indulti o amnistie. Il decreto è dunque il frutto di un compromesso piuttosto complesso.

Forza Italia aveva espresso perplessità e riserve su questo approccio, annunciando la volontà di apportare modifiche durante la discussione parlamentare, così da rendere il decreto più efficace. Per questo Pierantonio Zanettin, membro di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato, aveva preparato nove emendamenti, alcuni dei quali erano stati apprezzati anche da una parte del centrosinistra. Avvocato vicentino, già membro “laico” (cioè non appartenente alla magistratura) del CSM, Zanettin è un parlamentare esperto e noto per il suo orientamento “garantista”, cioè rispettoso delle garanzie delle persone indagate o imputate, in opposizione all’approccio “giustizialista” degli alleati di governo, che prevede cioè un maggiore uso della carcerazione, appunto, pene più severe e via così.

I suoi emendamenti, però, hanno provocato subito la reazione negativa di Lega e Fratelli d’Italia. Zanettin è stato invitato dal sottosegretario leghista Ostellari a ritirare le proposte, che avrebbero altrimenti ricevuto parere negativo dal governo e sarebbero dunque stati bocciati. Interpellato da esponenti di Forza Italia, Nordio ha confidato che lui era “culturalmente” favorevole, ma che la questione era politica e dunque bisognava trovare un compromesso. Di fronte alla resistenza di Zanettin, il 24 luglio scorso la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno, leghista, ha convocato una riunione nel suo studio: erano presenti, oltre a Nordio, anche il suo vice Francesco Paolo Sisto, di Forza Italia, e i due sottosegretari. Tajani ha dovuto nel frattempo contrattare direttamente con la presidente Giorgia Meloni per ottenere qualche concessione.

E così dei nove emendamenti ben sette, e tra questi i più importanti, sono stati eliminati. I due rimasti sono stati riformulati e ammorbiditi, e sono stati poi approvati dalla commissione Giustizia.

Il senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, nell’aula di Palazzo Madama, il 17 gennaio 2024 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Uno prevede di concedere la detenzione domiciliare, alternativa a quella in carcere, per gli ultrasettantenni che abbiano una pena residua da scontare tra i due e i quattro anni (nella proposta iniziale si parlava di pene comprese tra i quattro e i sei anni) eccetto quelli condannati per reati gravi, o per i detenuti che si trovano in gravissime condizioni di salute (nella proposta iniziale si parla di gravi condizioni di salute); l’altro estende e semplifica la possibilità di essere ammessi ad attività di recupero e reinserimento sociale ai detenuti con pene inferiori ai tre anni.

Nessuno dei due interviene per ridurre il sovraffollamento carcerario in maniera sensibile, motivo per cui le opposizioni in segno di protesta non hanno partecipato ai lavori della commissione Giustizia al Senato.

Ma il decreto carceri è finito al centro delle polemiche politiche anche per un’altra ragione. Era stato infatti approvato dal governo per provare ad annullare una proposta di legge presentata dal deputato di Italia Viva Roberto Giachetti: questa prevedeva di aumentare gli sconti di pena accumulati per buona condotta, portandoli da 45 a 60 giorni ogni sei mesi di reclusione, con effetto retroattivo. La proposta avrebbe avuto un effetto immediato nel ridurre la popolazione carceraria, perché migliaia di detenuti sarebbero stati rilasciati in anticipo rispetto alla scadenza prevista. Vari esponenti di Forza Italia si erano detti favorevoli a questa proposta, mentre Fratelli d’Italia, Lega e Movimento 5 Stelle erano contrari.

Per evitare dunque che la maggioranza potesse dividersi nel voto in aula alla Camera previsto per il 17 luglio, il governo ha approvato il decreto carceri, e Fratelli d’Italia lo ha usato poi per giustificare la richiesta di rinviare la discussione sulla proposta di Giachetti. La deputata di FdI Carolina Varchi ha infatti spiegato che, siccome al Senato si stava discutendo il decreto del governo, e siccome la materia trattata era analoga, era meglio posticipare la discussione alla Camera sulla proposta di Giachetti. A quel punto Forza Italia, che pure aveva espresso dubbi su questa decisione, ha assecondato la richiesta di Fratelli d’Italia e Lega, votando insieme a loro per rinviare tutto a data da definirsi.

Il deputato di Italia Viva, Roberto Giachetti, alla Camera, il 27 luglio 2024 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Per mettere in evidenza quanto quello del governo fosse un pretesto, il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto ha presentato un emendamento al decreto carceri che di fatto riproponeva la proposta di Giachetti; «Se, come i colleghi della destra dicono, si sono rinviati i lavori alla Camera in attesa dell’esito della discussione qui al Senato, ora possono votare a favore di una misura che consente di intervenire in maniera efficace e repentina per risolvere l’emergenza nelle carceri». Ma l’emendamento di Scalfarotto è stato bocciato, e anche Forza Italia ha rinunciato a sostenerlo.

Questo atteggiamento un po’ rinunciatario, e che confligge con le posizioni di principio espresse da Tajani fuori dal parlamento, ha generato parecchi malumori dentro i gruppi di Forza Italia alla Camera e al Senato. L’oggetto delle critiche, in particolare, è la subalternità che Nordio mostra non solo nei confronti dei sottosegretari Ostellari e Delmastro (che in teoria dovrebbero essere suoi sottoposti), ma anche nei confronti della presidente della commissione Giustizia al Senato Bongiorno e di Giusi Bartolozzi. Bartolozzi è capo di gabinetto di Nordio ed ex parlamentare di Forza Italia. Negli ultimi mesi ha assunto un potere crescente, accompagna e per certi versi scorta Nordio in parlamento, allontanandolo dalle richieste e dalle pressioni di deputati e senatori che vorrebbero una linea più “garantista”.