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  • Giovedì 1 agosto 2024

L’uomo accusato di aver organizzato gli attacchi dell’11 settembre si dichiarerà colpevole

Insieme a due suoi complici, e in cambio eviteranno la pena di morte: è un'importante svolta nel processo sugli attentati terroristici del 2001

Una persona posa dei fiori al memoriale dell'11 settembre 2001 a New York, ventidue anni dopo gli attentati 
(AP Photo/ Yuki Iwamura)
Una persona posa dei fiori al memoriale dell'11 settembre 2001 a New York, ventidue anni dopo gli attentati (AP Photo/ Yuki Iwamura)
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L’uomo accusato di aver ideato gli attentati terroristici dell’11 settembre del 2001 negli Stati Uniti e due suoi complici hanno raggiunto un accordo extragiudiziale con gli Stati Uniti che permetterà loro di evitare la pena di morte. È uno degli sviluppi maggiori di uno dei casi più discussi e controversi che abbiano dovuto gestire gli Stati Uniti nella loro storia recente. Negli attentati dell’11 settembre, i più gravi della storia statunitense, furono uccise 2.976 persone, e questo processo va avanti ormai da oltre quindici anni.

L’accordo è stato annunciato mercoledì dal dipartimento della Difesa statunitense, ed è stato approvato da un importante funzionario del dipartimento incaricato di controllare il tribunale militare che sta seguendo il caso. Riguarda Khalid Sheikh Mohammed, considerato la mente dietro gli attentati terroristici dell’11 settembre, e Walid bin Attash e Mustafa al Hawsawi, tutti accusati tra le altre cose di terrorismo e strage, detenuti da tempo nella prigione militare di Guantánamo, a Cuba, il carcere di massima sicurezza allestito dagli Stati Uniti all’indomani della strage. Alcuni dettagli dell’accordo sono indicati in una lettera inviata alle famiglie delle persone uccise negli attentati da Aaron Rugh, il procuratore capo.

Secondo quanto si legge nella lettera, i tre si dichiareranno colpevoli delle accuse contro di loro, e una commissione di funzionari militari determinerà la loro pena «in cambio dell’eliminazione della pena di morte come possibile condanna». Nella lettera si dice anche che i tre hanno accettato di partecipare a un processo per rispondere alle domande raccolte dalle famiglie delle persone uccise negli attentati «rispetto al loro ruolo e alle motivazioni che li hanno spinti a compiere gli attacchi dell’11 settembre»: l’inizio di questo processo è previsto per l’estate del 2025.

– Leggi anche: Com’è cambiata New York dopo l’11 settembre

Secondo quanto si legge nella lettera firmata da Rugh, le negoziazioni per un accordo andavano avanti da due anni: si ritiene che con questa decisione il processo per gli attentati dell’11 settembre, lungo e travagliato, possa finalmente essere vicino al termine.

Mohammed, Attash e al Hawsawi erano stati incriminati nel 2008 assieme ad altri due uomini, ma le accuse erano cadute due anni dopo, nel tentativo poi fallito del presidente statunitense Barack Obama di far spostare il processo da Guantánamo a New York, in parte per motivi di sicurezza e in parte per le reazioni negative delle famiglie delle vittime e di buona parte della popolazione. La procura militare incriminò di nuovo i cinque uomini nel 2011 e il processo cominciò l’anno successivo.

Il fatto che il carcere sia fuori dal territorio degli Stati Uniti nel tempo ha creato molte polemiche su come sono stati trattati i detenuti e anche su come è stato gestito il processo. Le organizzazioni per i diritti umani, alcuni giuristi e anche le Nazioni Unite hanno denunciato il mancato accesso alla struttura ed episodi di abusi e torture nei confronti dei detenuti, così come la mancanza di trasparenza dei procedimenti e ritardi che hanno prolungato i tempi di tutto l’iter. Inoltre lo status legale dei detenuti nella prigione di Guantánamo, diventato un simbolo dell’emergenza contro il terrorismo, è sempre stato poco chiaro, e una legge approvata dal Congresso statunitense nel 2015 ha impedito loro di andare negli Stati Uniti, anche se per essere processati.

Al momento l’unica persona condannata per l’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001 è Zacarias Moussaoui, che sta scontando sei ergastoli nel carcere di massima sicurezza ADX Florence in Colorado, considerato il più sicuro degli Stati Uniti. Moussaoui non ha partecipato attivamente agli attentati, ma secondo la sua testimonianza faceva parte di una cellula di al Qaida attiva nel paese: è stato condannato per non aver prevenuto la strage e per aver mentito all’FBI nelle settimane precedenti all’attentato.

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