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  • Mercoledì 31 luglio 2024

La campagna elettorale di Donald Trump sta facendo di tutto per distanziarsi dal Project 2025

È un piano di governo per una possibile amministrazione di destra: i Democratici la stanno associando all'ex presidente

Un cartello e alcuni palloncini alla convention dei Repubblicani a Milwaukee, in Wisconsin, 18 luglio 2024 (Andrew Harnik/Getty Images)
Un cartello e alcuni palloncini alla convention dei Repubblicani a Milwaukee, in Wisconsin, 18 luglio 2024 (Andrew Harnik/Getty Images)
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Martedì si è dimesso Paul Dans, il direttore del Project 2025, il discusso programma di governo per un’ipotetica amministrazione di destra negli Stati Uniti curato dal centro studi conservatore Heritage Foundation. Il piano è finito al centro del dibattito elettorale per le elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre: i Democratici lo presentano come una sorta di programma elettorale del candidato Repubblicano Donald Trump, che invece da settimane sta cercando in tutti i modi di distanziarsene, consapevole del fatto che alcune proposte non piacerebbero a parte del suo elettorato.

Le dimissioni di Dans sono state associate alle frequenti critiche che nelle ultime settimane il Project 2025 ha ricevuto da parte di Trump stesso e dai responsabili della sua campagna elettorale. «Saremmo felici di ricevere una qualsiasi notizia sulla fine del Project 2025», hanno detto in un comunicato Chris LaCivita e Susie Wiles, i due responsabili della campagna dell’ex presidente, dopo le dimissioni di Dans. «Serva da monito per qualsiasi gruppo o persona che voglia far credere di avere una qualche influenza sul presidente Trump e sulla sua campagna elettorale: non finirà bene per voi».

Il Project 2025 consiste in un documento da 922 pagine, presentato ad aprile del 2023 e scritto da decine di organizzazioni conservatrici coordinate dalla Heritage Foundation, un centro studi fondato negli anni Settanta molto noto e influente negli ambienti conservatori statunitensi. Il presidente della Heritage Foundation è Kevin Roberts, noto tra le altre cose per essere molto vicino all’Opus Dei, una delle organizzazioni più influenti e conservatrici della Chiesa cattolica, spesso definita come una setta o una lobby.

L’attivista per i diritti riproduttivi Amanda Zurawski durante una conferenza stampa per la campagna elettorale dei Democratici (AP Photo/Joe Lamberti)

Le molte proposte del Project 2025 sono pensate per raggiungere tre obiettivi fondamentali: riformare le istituzioni in modo da accentrare il potere nelle mani del presidente; mettere in atto un’agenda conservatrice in molti ambiti, dall’economia all’immigrazione; e ridurre i diritti civili sulla base di un’ideologia religiosa radicale.

Diverse misure sono state definite come autoritarie e distopiche da vari giornali, analisti e organizzazioni: tra le altre cose il piano prevede di rendere migliaia di posti di lavoro nelle istituzioni a nomina governativa, in modo che l’amministrazione in carica possa selezionare direttamente i dipendenti pubblici anche in base alle loro posizioni politiche; vuole spostare il dipartimento di Giustizia sotto il controllo diretto della Casa Bianca; tagliare la spesa sanitaria e aumentare quella militare; interrompere gli sforzi per far fronte al cambiamento climatico; ridurre in modo consistente l’accesso all’aborto ed eliminare l’aborto farmacologico. Propone inoltre una visione molto tradizionale della famiglia, intesa come una coppia formata necessariamente da un uomo e da una donna, e vuole vietare la pornografia punendo con il carcere le persone che la producono e la distribuiscono.

Dato che il progetto si rivolge al prossimo presidente a capo di un’amministrazione conservatrice, e che Trump è il candidato dei Repubblicani alle elezioni di novembre, Project 2025 è stato fin da subito accostato a lui. I Democratici in particolare stanno sfruttando l’occasione per presentare il piano come una sorta di programma elettorale di Trump, evidenziandone soprattutto le proposte più estremiste e radicali. È stato citato di recente anche da Kamala Harris, candidata del Partito Democratico alle presidenziali, che ha definito il Project 2025 come «la sua agenda», ossia il programma di Donald Trump.

In realtà però il Project 2025 non è direttamente collegato a Trump né alla sua campagna elettorale. L’ex presidente e i suoi consulenti sanno che essere accostati a un programma così controverso può essere molto controproducente, e quindi stanno facendo di tutto per distanziarsene, almeno pubblicamente. Trump ha definito il Project 2025 «ridicolo e terribile», ha ripetuto più volte di non averci niente a che fare e di non «saperne nulla», né sui suoi contenuti né sulle persone che ci hanno lavorato. Durante un comizio in Michigan di metà luglio ha definito alcune delle misure del progetto «davvero estremiste» e ha detto che il piano è stato curato da persone «dell’estrema destra».

Lo stesso sta provando a fare chi gestisce la sua campagna elettorale. Secondo alcuni giornali statunitensi i collaboratori di Trump si sarebbero lamentati con i leader della Heritage Foundation per la loro continua promozione del progetto, che sta ottenendo una notevole copertura mediatica. Prima delle dimissioni di Dans, Wiles avrebbe chiamato più volte i responsabili della fondazione per chiedere di ridimensionare le attività di comunicazione legate al progetto, nel tentativo di spostare altrove l’attenzione pubblica. «Project 2025 non ha nulla a che fare con la campagna [di Trump], non parla a nome della campagna e non dovrebbe essere associato alla campagna in alcun modo», hanno scritto Wiles e LaCivita in un comunicato. Il Washington Post ha scritto che alcuni dipendenti della Heritage Foundation starebbero pensando di licenziarsi, in modo da prendere le distanze dal centro studi ed evitare che, qualora Trump dovesse vincere, loro possano subire delle ripercussioni sulla loro carriera per aver lavorato al progetto che l’ex presidente rinnega.

Paul Dans, l’ex direttore della Heritage Foundation (AP Photo/George Walker IV, File)

Sebbene sia vero che il Project 2025 non sia stato direttamente curato né commissionato da Trump, è a dir poco improbabile che l’ex presidente non ne sappia nulla. Molte delle persone che ci hanno lavorato arrivano dal mondo della destra statunitense e alcune sono molto vicine a Trump. Per esempio, la prefazione del prossimo libro di Kevin Roberts (il presidente della Heritage Foundation) l’ha scritta J.D. Vance, il candidato di Trump alla vicepresidenza. Lo stesso Paul Dans, il direttore dell’Heritage Foundation che si è appena dimesso, nel 2021 era stato nominato da Trump come capo dello staff di un’agenzia federale.

CNN ha anche analizzato i profili di oltre mille persone tra autori, editor e collaboratori, e ha scoperto che 240 di loro hanno legami con l’ex presidente e almeno 140 avevano lavorato nell’amministrazione Trump durante il suo primo mandato, tra il 2017 e il 2021. Tra questi ci sono Stephen Miller, il consigliere e autore dei discorsi dell’ex presidente, e Mark Meadows, il capo dello staff della Casa Bianca durante l’amministrazione Trump.

Infine, sebbene il programma elettorale di Trump non sia del tutto sovrapponibile al Project 2025 (per esempio, Trump non ha mai detto di voler vietare la pornografia, come proposto dal piano, e ha posizioni più sfumate sul diritto all’aborto), è vero però che buona parte dei princìpi fondanti del Project 2025 riflettono quello che Trump ha detto o ha fatto durante la sua presidenza o nelle sue campagne elettorali: tra le altre cose la negazione del cambiamento climatico, l’ostilità al concetto di identità di genere, la dura critica all’immigrazione. Anche per questo è difficile convincere l’elettorato che non abbia davvero nulla a che vedere col progetto.

L’Heritage Foundation ha detto che in seguito alle dimissioni di Dans ridimensionerà le sue attività dedicate allo studio e alla formulazione di proposte politiche (le policy), ma continuerà a lavorare alla stesura di un elenco di oltre 20mila funzionari conservatori che un’eventuale amministrazione conservatrice potrebbe assumere. Il progetto verrà guidato da Roberts.