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  • Mercoledì 31 luglio 2024

I rifiuti esportati illegalmente in Tunisia e riportati in Campania sono bruciati in un incendio

Erano oltre seimila tonnellate di indifferenziati, dissequestrate proprio martedì: dovevano essere spostate e smaltite

L'incendio dei rifiuti nell'area militare di Persano, in provincia di Salerno
L'incendio dei rifiuti nell'area militare di Persano, in provincia di Salerno (Vigili del Fuoco di Salerno)
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Nel tardo pomeriggio di martedì un incendio ha distrutto oltre seimila tonnellate di rifiuti stoccati in un’area militare di Persano, nel comune di Serre, in provincia di Salerno. Non erano semplici rifiuti, ma migliaia di tonnellate al centro di un’indagine avviata nel 2020 per traffico illecito tra la Campania e la Tunisia. Si tratta di rifiuti indifferenziati, quindi difficilmente riciclabili o valorizzabili, la cui importazione è vietata dalla legislazione tunisina e dalle convenzioni internazionali. Nel 2020 i container pieni di rifiuti partiti da Salerno erano stati bloccati dall’agenzia delle dogane tunisina proprio perché il materiale non era conforme a quanto stabilito dagli accordi internazionali. Nel 2022 erano stati infine riportati in Italia, nell’area militare di Persano.

La spedizione dei container avvenne dopo un accordo tra la società italiana Sra, Sviluppo risorse ambientali, e un’azienda tunisina, la Soreplast, al prezzo di 48 euro per ogni tonnellata importata. Stando a inchieste giornalistiche tunisine, dall’Italia sarebbero stati esportati in Tunisia prima 70 container con circa 1.900 tonnellate di rifiuti, che vennero depositati nell’impianto della Soreplast di Moureddine, dove si sviluppò un incendio a fine 2020; altri 212 container furono invece depositati nel porto di Sousse, in attesa di essere smistati.

La Soreplast era in realtà una società fantasma fondata nel 2009 da Mohamed Moncef Noureddin, appartenente a un’importante famiglia tunisina molto legata al regime dell’ex presidente Ben Ali. Nel 2012 era stata multata per aver falsificato documenti e per questo era stata chiusa: poi riprese le attività nel 2019 grazie ai contratti con la Sra.

Il governo tunisino annunciò l’apertura di un’inchiesta che portò all’arresto di diversi funzionari. Venne arrestato per corruzione l’allora ministro dell’Ambiente tunisino Mustapha Larou, mentre 25 funzionari del ministero furono denunciati e alcuni di loro arrestati. Fu indagata anche Beya Ben Abdelbaki, la console tunisina a Napoli.

L’indagine accertò che i container arrivati da Salerno erano classificati con il codice europeo di «rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani», ma in realtà si trattava di rifiuti indifferenziati e materiale sanitario definito pericoloso secondo l’articolo 9 della Convenzione di Basilea del 1989. Il trasferimento dei container dall’Italia alla Tunisia violava anche la convenzione di Bamako che regola la modalità di esportazione dei rifiuti urbani. Secondo le indagini tunisine, la Soreplast fece dichiarazioni false sul contenuto della spedizione, chiedendo solo un’autorizzazione per lo smaltimento temporaneo di imballaggi in plastica, non pericolosi da riciclare, e coprendo così il vero contenuto della spedizione.

Nel febbraio del 2022 i rifiuti furono riportati in Italia e stoccati nell’area militare di Persano in attesa di essere rimossi e smaltiti definitivamente. La Ecoambiente di Salerno, una società pubblica, si fece carico dei costi di trasporto e stoccaggio, in attesa di rivalersi sulla Sra, che però ha sempre sostenuto di non volersi accollare le conseguenze economiche di questa vicenda.

Nel 2022 la Regione Campania annunciò che i rifiuti sarebbero rimasti tra i 4 e i 6 mesi nell’area militare di Persano prima di trovare una soluzione definitiva, ma finora il sequestro disposto dalla procura ne aveva impedito lo smaltimento. Dopo due anni di indagini, alla fine di febbraio la procura di Potenza chiese e ottenne l’arresto di 9 persone, di cui cinque in carcere e quattro ai domiciliari: sono imprenditori legati al settore dei rifiuti, in particolare di società che avevano fatto da tramite tra l’Italia e la Tunisia. Sono indagati anche diversi funzionari pubblici. Le accuse sono traffico illecito di rifiuti, gestione illecita di rifiuti, realizzazione di una discarica abusiva e frode nelle pubbliche forniture.

Secondo la procura, l’obiettivo delle persone accusate era portare i rifiuti campani in Africa per interrarli o bruciarli a costi decisamente inferiori rispetto al consueto e legale smaltimento. Il procuratore di Potenza Fabrizio Curcio ha definito questo piano un «cannibalismo di società italiane per risparmiare quasi la metà dei costi: il costo dello smaltimento per le società coinvolte si abbatteva dai 180 euro a tonnellata a circa 90 euro».

I rifiuti sono stati dissequestrati proprio martedì, dopo la fine delle indagini. Nelle prossime settimane sarebbero stati spostati e smaltiti. La coincidenza tra il dissequestro e l’incendio ha portato il vicepresidente della Campania Fulvio Bonavitacola a parlare senza troppi dubbi di incendio doloso, un’ipotesi seguita anche da chi indaga. «È un atto palesemente doloso di una mano criminale cui gli organi competenti dovranno dare un volto e un’identità», ha detto Bonavitacola.

A Serre sono intervenuti anche i tecnici dell’Arpac, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, per verificare la tossicità della nube sprigionata dall’incendio. Le operazioni di spegnimento sono andate avanti tutta la notte. I campionamenti dell’aria interessano anche i comuni vicini, Eboli e Altavilla. Il comune di Eboli ha emesso un’ordinanza per raccomandare agli abitanti delle zone più vicino all’incendio di tenere le finestre chiuse.