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  • Mercoledì 31 luglio 2024

Fate, Farfalle, Settebello e altre creature olimpiche

Da dove viene il soprannome della squadra italiana che ha vinto l'argento nella ginnastica artistica, e le origini non sempre spiegabili degli altri

Alice D'Amato durante la finale olimpica (Photo by Jamie Squire/Getty Images)
Alice D'Amato durante la finale olimpica (Photo by Jamie Squire/Getty Images)
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La squadra italiana che martedì ha vinto una storica medaglia d’argento nella ginnastica artistica ha un soprannome che si è affermato parecchio nell’uso comune: “Fate”. I giornali, i telecronisti, ma anche la stessa federazione chiamano così le ginnaste, alcune delle quali hanno una fata tatuata sul tricipite sinistro. Non ci sono solo le Fate, ma anche le Farfalle, soprannome con cui fino a poco tempo fa venivano chiamate le componenti della squadra di ginnastica ritmica. Anche i ginnasti maschi hanno un soprannome: Moschettieri. È una peculiarità della ginnastica, ma anche della pallanuoto, dove le squadre italiane sono chiamate Settebello e Setterosa.

I soprannomi delle squadre nello sport italiano nascono e si affermano in modo spesso casuale: nella ginnastica sembrano essere più ricorrenti perché le atlete spesso costituiscono un gruppo coeso e stabile per molti anni, in cui si allenano tutto l’anno vivendo spesso insieme. Quando poi ottengono risultati considerevoli, soprattutto alle Olimpiadi, quei nomi restano negli anni, anche per generazioni di atlete successive.

Alice D’Amato, Elisa Iorio e Giorgia Villa, tre delle protagoniste della gara di martedì, fanno parte della stessa squadra da oltre dieci anni: per allenarsi in un gruppo che aveva come obiettivo le Olimpiadi di Tokyo si trasferirono a Brescia alla fine delle scuole elementari, quando avevano fra 10 e 11 anni. Iniziarono ad allenarsi insieme all’Accademia federale, ad andare a scuola insieme, a vivere insieme. Il direttore tecnico Enrico Casella ha raccontato alla Gazzetta dello Sport la scansione degli allenamenti: «La routine è 4 giorni a settimana dalle 8.30 alle 13 e dalle 14 alle 16, altri due dalle 8.30 alle 12.30. Poi c’è la scuola, e la sera a turno si dorme lì».

La squadra italiana sul podio olimpico (Photo by Dan Mullan/Getty Images)

La federazione Ginnastica e Sportissimo nel 2017 girarono una web serie sulla lunga preparazione delle ragazze verso l’Olimpiade di Tokyo. Quella serie fu chiamata Fate, Road to Tokyo 2020 e ha probabilmente contribuito in modo decisivo all’affermarsi del soprannome. Elisa Iorio l’anno scorso ha provato a spiegarlo al sito Ginnasticando.it: «Personalmente lo ricollego al fatto che una fata può volare e in ginnastica artistica il tuo corpo fluttua in aria prendendo forme sempre diverse». Ha detto anche che le ragazze lo hanno adottato fino a tatuarsi una fata sul braccio per «il senso di unione che c’è tra di noi» e «in onore del gruppo che si è consolidato negli anni».

Le Fate arrivano dopo le Farfalle, nome con cui da vent’anni sono conosciute le atlete della ginnastica ritmica. Il soprannome si affermò all’Olimpiade di Atene del 2004, quando la squadra conquistò il primo argento olimpico della sua storia, e l’origine è comunemente fatta risalire a un articolo di molto precedente del giornalista e scrittore Giovanni Arpino. Dopo aver assistito a un allenamento della squadra di ginnastica ritmica a Torino nel 1969, scrisse sulla Stampa: «Hanno la stessa spinta, lo stesso entusiasmo e la virtù di sapersi sacrificare in silenzio per diventare, in soli tre minuti e mezzo, qualcosa che sta tra la farfalla e l’atleta».

Le Farfalle ad aprile a Torino (Tonello Abozzi/Pacific Press via ZUMA Press Wire)

Dopo le denunce di tre atlete della nazionale che raccontarono di aver subito abusi fisici e psicologici quando erano adolescenti e frequentavano il centro federale di ginnastica ritmica dell’Accademia di Desio, l’allora capitana Alessia Maurelli e Martina Centofanti (una delle atlete più rappresentative) dichiararono chiusa per sempre l’era delle Farfalle e dissero che il soprannome non avrebbe più rappresentato la squadra. Non è andata così: oggi la federazione, e quindi i media, continuano a parlare di Farfalle.

Il soprannome di Moschettieri per la nazionale maschile di ginnastica artistica è più recente e meno consolidato, ma comunque molto utilizzato: non ci sono motivi chiari per la scelta del soprannome, se non un richiamo all’unità e al motto “Tutti per uno, uno per tutti”.

Il primo soprannome di una squadra olimpica italiana è però probabilmente quello della pallanuoto: la definizione di Settebello risale al 1948 e alle Olimpiadi di Londra. La squadra italiana era campione d’Europa e contava su un blocco di giocatori della Rari Nantes Napoli. Il radiocronista Nicolò Carosio aveva cominciato a chiamare quella squadra napoletana Settebello, pare perché alcuni dei suoi giocatori passavano gran parte delle trasferte a giocare a carte, a scopa, dove il sette di denari è detto appunto settebello. E nella pallanuoto si gioca in sette.

In quelle Olimpiadi del 1948 furono tre giocatori, Gildo Arena, Pasquale Buonocore ed Emilio Bulgarelli a chiedere a Carosio di estendere il soprannome alla nazionale. L’Italia vinse l’oro e diventò Settebello definitivamente.

La nazionale di pallanuoto a Fukuoka nel 2023 (Photo by Adam Pretty/Getty Images)

Le competizioni femminili di pallanuoto a livello internazionale hanno una storia molto più recente, a partire dagli anni Ottanta, e la pallanuoto femminile debuttò alle Olimpiadi a Sydney 2000. Da subito la squadra italiana diventò Setterosa, soprannome che è una declinazione di quello della squadra maschile.