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  • Martedì 30 luglio 2024

I violenti scontri durante le proteste contro la vittoria di Maduro in Venezuela

In diversi stati del paese sono stati contestati i risultati delle elezioni diffusi dal governo: esercito e polizia hanno ucciso almeno quattro manifestanti

Un manifestante a Caracas
Un manifestante a Caracas, 29 luglio (REUTERS/Alexandre Meneghini)
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Lunedì sera in Venezuela migliaia di persone hanno protestato contro i risultati diffusi dal governo che hanno assegnato la vittoria delle elezioni di domenica al presidente uscente, Nicolás Maduro. Le proteste si sono concentrate nella capitale, Caracas, e le autorità hanno cercato di disperdere i manifestanti sparando lacrimogeni e proiettili di gomma. A due ong locali, Encuesta nacional de hospitales e Foro penal, risultano almeno quattro persone morte negli scontri con la polizia. Il procuratore generale Tarek William Saab, precisando che «la cifra potrebbe aumentare», ha fatto sapere che sono state arrestate 749 persone.

Dopo le elezioni il governo venezuelano aveva già schierato la polizia e l’esercito, dotati di cannoni ad acqua, per prevenire le contestazioni. Le forze dell’ordine, in assetto antisommossa, lunedì hanno militarizzato il centro di Caracas per impedire ai manifestanti – che hanno chiesto in modo pacifico le dimissioni di Maduro – di raggiungere il palazzo presidenziale. Il procuratore generale del paese, nominato dal regime, ha minacciato una risposta durissima.

Secondo la ong Observatorio Venezolano de Conflictividad Social, ci sono state 187 proteste in 20 stati (su 23). Provea, un’altra ong, ha denunciato la scomparsa di 25 studenti dell’Universidad Nacional Experimental de la Seguridad, un centro di addestramento degli agenti di polizia. Maduro ha accusato l’opposizione di voler fare «un colpo di stato fascista e controrivoluzionario» e di aver compiuto un presunto «attacco hacker» che avrebbe bloccato la trasmissione dei dati del voto.

L’opposizione non ha accettato il risultato e ha invece indicato come “presidente eletto” il proprio candidato, Edmundo González Urrutia, sulla base del 73,2 per cento delle ricevute del voto elettronico a cui è riuscita ad avere accesso. González e la leader dell’opposizione María Corina Machado, a cui a marzo il regime aveva impedito di candidarsi, hanno invitato i loro sostenitori a radunarsi in modo pacifico alle 11 del mattino di martedì (ora locale), le 17 italiane. «Vi parlo con la calma della verità. Abbiamo le ricevute del conteggio che dimostrano la nostra vittoria categorica e matematica», ha detto González.

L’autorità elettorale venezuelana, il Consiglio elettorale del Venezuela, ha attribuito un terzo mandato da sei anni a Maduro con il 51,2 per cento dei voti (contro il 44,2 di González), ma non ha ancora pubblicato i risultati nel dettaglio né – soprattutto – le ricevute delle 30mila macchine usate per il voto elettronico. L’opposizione ha chiesto che vengano ricontrollati manualmente questi documenti, che vengono stampati alla fine delle votazioni e riportano quanti voti ha preso ciascun candidato in uno specifico seggio.

Nicolás Maduro al Consiglio elettorale venezuelano che gli ha attribuito la vittoria alle presidenziali, il 29 luglio a Caracas

Nicolás Maduro al Consiglio elettorale venezuelano che gli ha attribuito la vittoria alle presidenziali, il 29 luglio a Caracas (AP Photo/Matias Delacroix)

Lunedì diversi governi hanno espresso dubbi sulla trasparenza del processo elettorale e hanno chiesto una verifica indipendente dei risultati comunicati dal Consiglio elettorale del Venezuela. Richieste in questo senso sono arrivate da Stati Uniti, Unione Europea, dal segretario generale dell’ONU António Guterres e da nove paesi del Sudamerica, tra cui Argentina, Colombia, Brasile e Perù. Come ritorsione, il governo venezuelano ha ritirato il personale diplomatico dalle ambasciate in questi nove paesi.

Anche la ong americana Carter Center, l’unica autorizzata ad assistere alle elezioni (a tutti gli altri osservatori indipendenti è stato negato l’ingresso nel paese), ha chiesto al Consiglio elettorale di «pubblicare immediatamente i risultati a livello di seggi». La vittoria di Maduro è stata invece riconosciuta dai suoi alleati regionali – Cuba, Nicaragua, Bolivia e Honduras – e internazionali, principalmente altre autocrazie: Russia, Cina, Iran e Siria.

– Leggi anche: I molti dubbi sulla vittoria di Maduro in Venezuela