Quanto vale il commercio tra l’Italia e la Cina
I rapporti economici e industriali tra i due paesi sono al centro del viaggio di Giorgia Meloni a Pechino, dove ha incontrato Xi Jinping
Fino a mercoledì la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è in Cina per una missione diplomatica, che ha come scopo principale rinforzare per quanto possibile i rapporti tra Italia e Cina, soprattutto dal punto di vista commerciale. Martedì Meloni ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping nella residenza statale di Pechino Diaoyutai: il colloquio è durato un’ora e mezza e ha affrontato soprattutto temi economici, appunto, anche perché il viaggio di Meloni serve tra le altre cose ad ammorbidire le conseguenze diplomatiche dell’uscita dell’Italia dalla “Via della Seta”, il grande progetto cinese di espansione commerciale e politica.
Meloni ritiene di aver conseguito risultati concreti in questo senso, con la firma di sei intese bilaterali su diversi settori (dalla cooperazione industriale all’istruzione, passando per la sicurezza alimentare) e di un Piano d’azione triennale. Ma non è chiara, al momento, la portata complessiva di queste intese. Gli accordi commerciali con la Cina sono infatti molto delicati per un paese membro del G7 come l’Italia, perché inevitabilmente i rapporti economici e industriali hanno risvolti politici e diplomatici, che sono visti con circospezione dagli Stati Uniti e dagli altri paesi europei. Ma oltre a essere un avversario politico, la Cina resta anche un partner commerciale imprescindibile, per via delle dimensioni della sua economia e per il suo ruolo nell’economia globale: con un interscambio commerciale di 66,7 miliardi di euro, nel 2023 la Cina è stato il terzo paese fornitore di merci all’Italia e l’undicesimo mercato di destinazione dei prodotti italiani all’estero.
Il rapporto commerciale è sbilanciato, nel senso che l’Italia importa da sempre molti più prodotti di quanti ne esporta: ha cioè un saldo commerciale negativo, che nel 2023 è stato di 28,4 miliardi di euro. È uno squilibrio che comunque coinvolge tutta l’Unione Europea, che nel 2023 ha avuto un deficit commerciale di 291 miliardi di euro con la Cina.
Quindi, più che un importante mercato di destinazione, la Cina è innanzitutto un essenziale fornitore per l’Italia: nel 2023 ha venduto merci in Italia per 47,6 miliardi di euro, in gran parte prodotti elettronici ed elettrici, tessili, chimici e macchinari. Sono sia prodotti di consumo che materie prime e semilavorati, cioè le componenti che servono alle aziende per costruire il prodotto finale. Dalla Cina l’Italia importa soprattutto semiconduttori e chip, necessari per il funzionamento di qualsiasi prodotto elettronico, batterie elettriche per le auto, di cui la Cina è il primo produttore al mondo, e altri componenti per gli impianti di energie rinnovabili.
In più l’Italia, come del resto tutta l’Unione Europea, è anche dipendente dalla Cina per le cosiddette terre rare, un gruppo di 15 elementi chimici particolarmente necessari per il settore tecnologico e la transizione energetica: la Cina da tempo sta cercando di ostacolarne l’esportazione e di tenersele per sé, in modo da garantire lo sviluppo del suo settore tecnologico a scapito di quelli degli altri paesi.
Le importazioni dalla Cina sono comunque in calo: dopo un grande aumento nel 2021 e nel 2022, che ha portato le importazioni a quasi il doppio rispetto a prima della pandemia, nel 2023 sono diminuite del 17,8 per cento. Per le esportazioni italiane in Cina vale il discorso inverso: nel 2023 sono cresciute del 17 per cento rispetto al 2022, arrivando a 19,2 miliardi di euro. Sono in crescita da anni e nel 2023 sono state il 48 per cento più alte rispetto al 2019, prima della pandemia.
Per questo risultato è stato determinante soprattutto il settore farmaceutico, le cui esportazioni in Cina sono aumentate del 191 per cento rispetto al 2022, diventando così il primo settore per dimensione dell’export nel paese. Da qualche anno la Cina sta puntando molto sullo sviluppo di una propria industria farmaceutica, con grandi investimenti nel settore delle biotecnologie che hanno fatto aumentare tantissimo e velocemente le importazioni di questi prodotti anche da altri paesi europei e dagli Stati Uniti.
Il secondo settore per importanza commerciale con la Cina è il tessile e l’abbigliamento, le cui esportazioni nel 2023 sono cresciute del 14 per cento rispetto all’anno precedente. Altri comparti importanti per il commercio sono quello dei macchinari, stabile rispetto all’anno prima, la chimica e quello dei mezzi di trasporto, che invece sono andati male: hanno esportato merci per un valore inferiore rispetto all’anno prima, rispettivamente dell’11,4 per cento e del 26,5 per cento.
Lo squilibrio che si vede nel commercio tra Italia e Cina è presente anche sul piano degli investimenti reciproci tra i due paesi, ma al contrario: sono molto più alti gli investimenti italiani in Cina che quelli cinesi in Italia, segno che le aziende italiane sono più propense a investire in Cina di quanto lo siano le imprese cinesi per quanto riguarda l’Italia. Non sono solo investimenti puramente finanziari, come i titoli che si comprano in borsa, ma di altro tipo e di più lungo periodo, con conseguenze dirette sull’indotto locale, come l’apertura di una nuova impresa o di un nuovo stabilimento. In gergo si chiamano “investimenti diretti esteri” e nel 2022 in Cina erano presenti 15 miliardi di euro di investimenti italiani, contro 2,8 miliardi di investimenti cinesi in Italia.