Nessuno credeva nel “Trivial Pursuit”

Uscì quarant'anni fa, quando l'industria dei giochi da tavolo era in grande difficoltà, e nonostante lo scetticismo iniziale fu un successo enorme

L'ex sindaco di New York Rudy Giuliani durante un evento per il 20esimo anniversario del Trivial Pursuit, New York, 24 settembre 2002 (Keith Bedford/Getty Images)
L'ex sindaco di New York Rudy Giuliani durante un evento per il 20esimo anniversario del Trivial Pursuit, New York, 24 settembre 2002 (Keith Bedford/Getty Images)
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La sera del 15 dicembre del 1979 due giornalisti canadesi, Chris Haney e Scott Abbott, stavano giocando a Scrabble, il gioco inglese a cui si ispira l’italiano Scarabeo, nel loro appartamento di Montreal. La partita fu molto breve: Haney e Abbot dovettero interromperla dopo pochi minuti, perché si accorsero di aver smarrito moltissime lettere e di non poter formare parole di senso compiuto.

Il fallimento di quella partita li spinse a ragionare su quanto i giochi da tavolo potessero essere un affare remunerativo, dato che l’unico modo per sostituire le lettere mancanti era acquistare una nuova versione di Scrabble. Cominciarono così a fantasticare sull’inventare un gioco da tavolo da zero, prendendo ispirazione dai quiz televisivi che andavano per la maggiore sulle emittenti televisivi americane, come Jeopardy!.

Il risultato finale fu Trivial Pursuit, il gioco di domande e risposte più famoso al mondo che definì più di ogni altro la cultura pop degli anni Ottanta, riuscendo a superare nelle vendite classici come Monopoly e Cluedo. Uscì in un periodo in cui l’industria dei giochi da tavolo era in grande difficoltà, e divenne un fenomeno di costume enorme già pochi mesi dopo la sua prima commercializzazione.

Per rendere il gioco accessibile a chiunque, Haney e Abbott stabilirono delle regole semplici e intuitive: abbozzarono un tabellone composto da caselle di sei colori, a ciascuno dei quali corrispondeva una certa categoria di domande (geografia, spettacolo, storia, arte e letteratura, scienza e natura, sport e tempo libero). A ciascun giocatore veniva assegnato un segnaposto suddiviso in sei spicchi, uno per ogni categoria: lo scopo è riempire per primi il proprio segnaposto rispondendo correttamente a una domanda per ogni categoria.

Nonostante il regolamento piuttosto essenziale, lavorare al Trivial Pursuit fu molto faticoso. Haney e Abbott dovettero preparare migliaia di domande per evitare che i giocatori le memorizzassero troppo facilmente, anche perché altrimenti il gioco sarebbe diventato inutilizzabile già dopo poche partite. Oggi un’operazione del genere sarebbe piuttosto semplice, ma ai tempi non esistevano motori di ricerca o enciclopedie online, e l’unico modo per scrivere le domande era consultare manualmente centinaia di fonti.

Come ha raccontato Jake Rossen su Mental Floss, per dedicarsi interamente alla scrittura dei quesiti, nel 1981 Haney lasciò il lavoro e si trasferì in Spagna insieme a suo fratello John Haney, che nel frattempo si era unito al progetto. Insieme trascorsero sei mesi a consultare enciclopedie, almanacchi e articoli di giornale, riuscendo a scrivere più di 10mila domande: alla fine ne selezionarono 6mila.

Nello stesso anno provarono a proporre Trivial Pursuit a varie società specializzate in giochi da tavolo, come Parker Brothers, il cui titolo di punta era Monopoly, e Milton Bradley, famosa per giochi come Forza 4 e L’allegro chirurgo. La loro proposta fu rifiutata da tutte le aziende, che considerarono l’investimento troppo rischioso anche per via della scarsa esperienza di Haney e Abbott, due esordienti senza alcuna esperienza nel settore.

Alla fine decisero di commercializzare Trivial Pursuit da soli: fondarono una loro società, la Horn Abbot. Raccolsero il capitale per autofinanziarsi raccogliendo fondi da parenti e amici e, alla fine del 1981, il gioco fu messo in vendita negli stati canadesi dell’Ontario e di Manitoba, al prezzo di 30 dollari canadesi (più o meno 20 euro).

I giocatori di cricket Imran Khan (a destra) e Graham Dilley durante la presentazione dell’edizione sportiva del Trivial Pursuit, 1987 (Fox Photos/Hulton Archive/Getty Images)

I produttori di giochi da tavolo non credevano nelle potenzialità di Trivial Pursuit perché lo consideravano un gioco troppo semplice e rudimentale, inadatto a catalizzare l’attenzione degli appassionati. Ma la sua fortuna fu dovuta proprio alla sua essenzialità. Era un gioco banale che si rivolgeva un po’ a tutti, ed era perfetto per coinvolgere persone che avevano poca o nessuna dimestichezza con i giochi da tavolo. «L’idea era quella di attrarre persone che solitamente non giocavano, ed è esattamente ciò che abbiamo fatto», disse Abbott in un’intervista data al Toronto Star nel 1982, ammettendo di aver realizzato un gioco dalle dinamiche volutamente un po’ sceme.

A questo proposito, Rossen ha ricordato come Trivial Pursuit fosse il gioco perfetto per lo spirito del tempo degli anni Ottanta, e che Abbott e Haney intuirono che le persone avevano «una voglia insaziabile» di far sfoggio della propria cultura generale, rispondendo al maggior numero di domande sui temi più disparati.

Alla fine Trivial Pursuit fu un successo. Nel 1982 fu il gioco più venduto in Canada, e l’anno successivo Haney e Abbott firmarono un contratto con Selchow and Righter, una società che si occupava di distribuire giochi da tavolo, per commercializzarlo negli Stati Uniti. Il lancio di Trivial Pursuit fu un successo anche grazie alle intuizioni di Linda Pezzano, la responsabile del marketing della Horn Abbot, che decise di spedire il gioco a tutte le celebrità che in qualche modo venivano chiamate in causa dalle domande (una specie di operazione di influencer marketing prima che esistessero i social). Anche grazie a questo stratagemma, Trivial Pursuit ottenne una popolarità enorme.

Nel 1984 totalizzò 660 milioni di dollari di vendite, più del doppio del fatturato dell’intera categoria dei giochi da tavolo nell’anno precedente. Negli anni Ottanta superò stabilmente le vendite del gioco da tavolo più famoso e influente di sempre: Monopoly. I giornali cominciarono a dedicare decine di articoli al successo del Trivial Pursuit, che divenne un gioco di tendenza in tutto il mondo. In particolare, il gioco di Haney e Abbott ebbe un enorme successo a New York, dove i locali cominciarono a organizzare delle serate a tema Trivial Pursuit, contribuendo ad aumentarne la popolarità.

Il successo del gioco fu così grande che Abbott e Haney dovettero escogitare un modo per renderlo potenzialmente infinito. Cominciarono così a commercializzare le prime espansioni, ossia dei set di domande aggiuntive. Le prime tre furono messe in vendita nel gennaio del 1984, al prezzo di 25 dollari l’una.

Negli anni successivi si parlò moltissimo del Trivial Pursuit anche per via delle molte cause legali che furono intentate nei confronti dei suoi inventori. In molti ritenevano che scrivere migliaia di domande in così poco tempo fosse impossibile, e che Abbott e Haney si limitassero a copiare i quesiti da fonti già esistenti. Per esempio, nel 1984 lo scrittore statunitense Fred Worth si accorse che molti quesiti contenuti nel Trivial Pursuit erano stati ripresi dalla sua The Trivia Encyclopedia, un’enciclopedia che conteneva migliaia di voci relative a curiosità che l’autore considerava «non importanti», un po’ come i quesiti tipici del Trivial Pursuit.

Worth stimò che circa il 30 per cento delle domande del Trivial Pursuit era stato copiato dai suoi libri, e nel novembre del 1984 citò in giudizio Abbott e Haney per violazione del copyright, chiedendo un risarcimento di 300 milioni di dollari. Durante il processo, Worth presentò una prova schiacciante. Nel suo libro aveva infatti inserito una voce volutamente sbagliata dedicata al detective Colombo, personaggio dell’omonima serie poliziesca statunitense degli anni Sessanta.

Colombo non aveva un vero e proprio nome, ma Worth scrisse che si chiamava «Philip». Spiegò di avere inserito quel falso aneddoto per proteggere il suo lavoro: se qualcuno lo avesse riportato, significava innegabilmente che stesse copiando dal suo libro.

Alla fine Abbott e Haney riconobbero di aver preso ispirazione dai libri di Worth, ma la difesa sostenne che le sue argomentazioni fossero inconsistenti, dato che informazioni di pubblico dominio come quelle contenute in The Trivia Encyclopedia non potevano essere protette dal diritto d’autore, e che il libro di Worth era soltanto una delle tante fonti da cui Abbott e Haney avevano preso ispirazione per scrivere le domande. Il giudice diede ragione all’interpretazione della difesa, dato che il gioco, pur prendendo spunto da diverse fonti, aveva organizzato le informazioni in un modo autonomo e originale.

Nel 2008 la Hasbro acquistò i diritti di Trivial dai due fondatori per ottanta milioni di dollari: oggi le vendite complessive hanno superato i cento milioni in tutto il mondo e il gioco è stato tradotto in decine di lingue.

– Leggi anche: Fenomenologia del giocatore di Trivial Pursuit, dal blog del direttore