Cosa sta succedendo nelle carceri italiane

Da settimane i detenuti di diversi istituti, dal Piemonte alla Sicilia, protestano per il caldo insopportabile e il sovraffollamento delle celle

Le fiamme appiccate nel carcere di Sollicciano, a Firenze, durante una protesta all'inizio di luglio
Le fiamme appiccate nel carcere di Sollicciano, a Firenze, durante una protesta all'inizio di luglio (ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI)
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Nelle carceri italiane sono recluse molte più persone della loro capienza prevista, e il caldo degli ultimi giorni ha reso ancora meno vivibili le celle. Un po’ ovunque in Italia i detenuti protestano per il trattamento degradante a cui sono sottoposti. Sabato sera nel carcere La Dogaia di Prato, in Toscana, si è suicidato un uomo di 27 anni, il sessantesimo dall’inizio dell’anno. Nella notte tra venerdì e sabato nello stesso carcere una ventina di detenuti del reparto di media sicurezza aveva organizzato una protesta per denunciare le condizioni di detenzione.

Nell’ultimo fine settimana in molte altre carceri ci sono state proteste per lo stesso motivo. Tra venerdì e sabato a Regina Coeli, a Roma, alcuni detenuti si sono rifiutati di entrare nelle celle a causa delle temperature eccessive: hanno bruciato dei materassi e rotto alcuni tavoli. Circa trenta detenuti sono stati poi trasferiti in altri istituti penitenziari. Domenica a Vibo Valentia, in Calabria, i detenuti hanno protestato perché per due giorni non ci sarebbe stata l’acqua potabile. A Velletri, nel Lazio, sono stati incendiati materassi e distrutte telecamere di sorveglianza: anche in questo caso la protesta è iniziata quando i detenuti si sono rifiutati di rientrare nelle celle. Lo stesso è successo a Biella, in Piemonte, e a Rieti, sempre nel Lazio. A Caltagirone, in Sicilia, alcuni detenuti sono saliti sui tetti dopo la morte di un compagno per cause naturali; a Terni 55 persone detenute hanno organizzato una protesta pacifica contro il sovraffollamento.

La scorsa settimana c’erano state proteste a Trieste, dove i detenuti avevano lanciato per strada alcuni oggetti e avevano dato fuoco ad alcuni arredi, provocando un incendio spento in pochi minuti dalle guardie carcerarie. Nel primo pomeriggio di giovedì avevano protestato i detenuti nel carcere di Cuneo, in Piemonte, seguita alla protesta di 250 detenuti nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino. Mercoledì 10 luglio c’era stata una protesta anche nel carcere di Viterbo, in Lazio, iniziata dopo la morte di un detenuto di 32 anni, e giovedì 18 luglio ce n’era stata una simile al carcere di Sollicciano, a Firenze, cominciata a seguito del suicidio di un detenuto di vent’anni e alla quale avevano partecipato circa 80 detenuti. La maggior parte di loro, detenuta in sezioni dichiarate inagibili, era stata trasferita in altre carceri.

L’associazione Antigone, che dal 1991 si occupa dei diritti dei detenuti, ha denunciato per l’ennesima volta il sovraffollamento, il caldo e in generale le pessime condizioni di reclusione, problemi segnalati ciclicamente negli ultimi anni. Lo ha fatto con un nuovo dossier che contiene diversi dati. Il livello di sovraffollamento nazionale, si legge, ha raggiunto il 130%, ma in 56 carceri italiane – un quarto del totale – è superiore al 150% con picchi di oltre 200%. Significa che 200 persone vivono in celle dove dovrebbero starcene 100. E anche nelle carceri dove il tasso di affollamento rientra nei limiti, quasi sempre il dato risulta falsato da spazi chiusi per via di lavori di manutenzione o semplicemente perché inagibili: sulla carta ci sono, in pratica no, con conseguenze sull’affollamento.

Nelle 88 visite organizzate da Antigone nelle carceri italiane sono stati rilevati casi di acqua corrente mancante, muffa, infiltrazioni d’acqua nei muri, assenza di docce, finestre in plexiglas che impediscono il passaggio dell’aria, presenza di scarafaggi e cimici.

Le condizioni penose affrontate ogni giorno dalle persone detenute sono state descritte in una lettera che i detenuti del carcere di Brescia hanno scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Si boccheggia in cella, e l’acqua che ci trasciniamo dietro dopo l’agognata doccia evaporando riempie d’umidità l’angusto luogo. L’aria satura d’umidità, sudore, miasmi, la puoi tagliare con un coltello. In verità farlo è impossibile, i coltelli sono di plastica riciclata. Il cesso è una vecchia turca fatiscente con sopra un tubo dell’acqua per farsi la doccia, che d’estate scotta dannatamente, e d’inverno è maledettamente fredda. A pochi centimetri, sempre nel bagno, cuciniamo i nostri pasti. In quindici è pressoché impossibile permanere in piedi in cella, figuriamoci seduti tutti al piccolo tavolino per mangiare, quindi facciamo a turno. Nei turni con noi si accodano cimici, scarafaggi e altre bestiacce che non ne vogliono sapere di rispettare la fila».

Il presidente Mattarella ha definito queste condizioni «angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza» oltre che «indecorose per un paese civile». Mattarella ha anche detto che il carcere non va trasformato in una palestra criminale. In un carcere sovraffollato, infatti, oltre a vivere male non vengono garantite attività lavorative e di reinserimento, perché gli operatori non riescono a lavorare come vorrebbero: anche se così viene meno lo scopo rieducativo della pena, affermato nell’articolo 27 della Costituzione.

In Italia, non a caso, il tasso di recidiva è molto alto: secondo i dati più recenti (aggiornati alla fine del 2022) diffusi dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL, un organo consultivo del governo) è al 68,7%. Significa che più di 2 ex detenuti su 3, una volta in libertà, commettono di nuovo reati. È dimostrato che la percentuale di recidiva diminuisce drasticamente se le persone che escono dal carcere hanno avuto la possibilità di lavorare durante la detenzione: tra loro, solo il 2 per cento torna a commettere reati.

Antigone ha chiesto al governo provvedimenti urgenti per ridurre il sovraffollamento e migliorare la qualità della vita delle persone nelle carceri, per esempio con l’aumento dei giorni della liberazione anticipata speciale: al momento le persone che hanno la cosiddetta buona condotta, cioè che mostrano un atteggiamento rispettoso delle regole di detenzione, hanno diritto a una riduzione di pena di 45 giorni ogni sei mesi. Il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti aveva presentato una proposta di legge per aumentare i giorni detratti da 45 a 60 ogni sei mesi di detenzione. È l’unica proposta fatta fin qui che avrebbe davvero un effetto sul sovraffollamento, perché banalmente porterebbe alla liberazione di molte più persone: ma la scorsa settimana la discussione è stata rinviata su indicazione del governo, che ha convinto al rinvio anche Forza Italia, inizialmente favorevole all’aumento dei giorni della liberazione anticipata.

Antigone ha anche chiesto la depenalizzazione di alcuni reati, la liberalizzazione delle telefonate, l’assunzione di personale di polizia e civile (in particolare educatori, psicologi, psichiatri, assistenti, sociali, mediatori culturali).

Secondo Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, il sovraffollamento è il frutto di come hanno agito i governi negli anni. «Le politiche a cui abbiamo assistito nei primi due anni di governo Meloni hanno avuto un ruolo nella crescita delle presenze in carcere con il considerevole aumento del numero di reati e un inasprimento delle pene», ha detto Gonnella. «Il sistema penale viene utilizzato a scopo di ottenere consensi nel breve periodo». Secondo i dati più recenti, ora nelle carceri italiane ci sono quasi 4.000 detenuti in più rispetto a un anno fa.

– Leggi anche: Aumentare le pene non è il sistema migliore per diminuire i reati

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.