A Napoli si sta discutendo di pagare una casa in affitto agli sfollati di Scampia

Il piano del comune però potrebbe non funzionare e non piace al comitato Vele, che da anni lotta per ottenere alloggi dignitosi

Alcune delle persone sfollate dalle Vele di Scampia all'Università di Napoli, 23 luglio 2024 (Fabio Sasso/ZUMA/ansa)
Alcune delle persone sfollate dalle Vele di Scampia all'Università di Napoli, 23 luglio 2024 (Fabio Sasso/ZUMA/ansa)
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La giunta di centrosinistra del comune di Napoli e il sindaco Gaetano Manfredi avrebbero individuato una soluzione per gli sfollati e i residenti delle Vele di Scampia: dare alle persone che vogliono trovare una sistemazione un contributo economico per l’affitto di una casa. L’ipotesi è contenuta in una bozza di una delibera citata da molti giornali, e discussa dal comune lo scorso venerdì: pur non essendo una soluzione definitiva, è una prima indicazione di come si stia muovendo il comune per risolvere la situazione. A causa del crollo di un ballatoio di una delle Vele, la celeste, avvenuto la scorsa settimana, tre persone erano morte, dodici ferite, e centinaia erano state evacuate senza poter poi rientrare nelle loro case.

Il contributo totale previsto dal piano sarebbe pari a 1 milione di euro e verrebbe prelevato dal fondo di riserva dei comuni con l’autorizzazione del ministero dell’Interno: si tradurrebbe in un sostegno fino alla fine del 2024 che va dai 400 ai 900 euro a nucleo familiare. Non è chiaro se tale sussidio riguarderà solo gli abitanti della Vela celeste, quella interessata dal crollo, o anche i residenti delle altre due Vele in emergenza abitativa, la gialla e la rossa, che dovranno essere demolite.

Su questa eventuale soluzione il comitato Vele di Scampia, movimento che dagli anni Novanta riunisce gli abitanti delle Vele che lottano per un alloggio dignitoso, ha già preso posizione: «Abbiamo appreso di una delibera che il comune starebbe approvando per stanziare un fondo destinato al sostegno alle famiglie sfollate. Non capiamo concretamente come questo stanziamento possa rappresentare una soluzione immediata e realistica per le famiglie rimaste senza casa». Da qui la decisione di scendere in piazza martedì 30 luglio alle 17.30 in una manifestazione che da Piazza Dante arriverà fino alla sede della giunta comunale: «Pretendiamo una assunzione di responsabilità immediata da parte di tutti i livelli istituzionali e chiarezza rispetto al destino delle famiglie».

Il comitato ha anche denunciato la lentezza delle istituzioni che, una settimana dopo il crollo, non sono riuscite «a organizzare e ad attivare da subito un piano emergenziale adeguato alla situazione»: è solo grazie all’autogestione degli abitanti delle Vele aiutati da cittadini e da alcuni cantanti e artisti locali, dicono, che si sta facendo fronte «ai bisogni delle famiglie che stanno dormendo all’università». Dopo il crollo gran parte delle persone evacuate dalle Vele ha infatti occupato la sede dell’Università Federico II.

Fanpage ha elencato una serie di problemi legati al piano dei sussidi per gli affitti a cui starebbe pensando il comune: innanzitutto trovare una casa a Napoli è complicato; poi, per le persone sfollate dalle Vele, potrebbe essere difficile avere tutte le garanzie richieste per affittare una casa; infine, dove andranno le persone sfollate in attesa che vengano avviate le procedure per accedere al sussidio e fino a quando non verranno materialmente trovate nuove case in affitto? L’ipotesi di comune e prefettura di trovare alcune strutture temporanee come scuole e palestre potrebbe infatti non essere sufficiente, anche perché le scuole riapriranno il primo settembre ed è poco realistico pensare che per quella data tutti gli sfollati avranno trovato una soluzione.

Il complesso delle Vele, che per decenni sono state il simbolo di molti dei problemi di Napoli, fu costruito tra il 1962 e il 1975 in seguito a una legge approvata nel 1962 per creare nuovi quartieri di edilizia popolare in diverse città italiane. Vennero usati fondi della Cassa del Mezzogiorno, un ente pubblico creato negli anni Cinquanta per finanziare interventi e opere di pubblico interesse nell’Italia meridionale.

Gli edifici si chiamano così per la loro forma: la base è larga e la struttura si restringe man mano salendo ai piani superiori. Le Vele erano inizialmente sette e ogni Vela era composta da due edifici paralleli lunghi 100 metri e alti 45, con 14 piani collegati da ballatoi e rampe di scale. Ogni Vela era denominata dagli abitanti con un colore: quella in cui è avvenuto il crollo è la Vela celeste. Tra le tre su sette rimaste dopo le demolizioni iniziate negli anni Novanta la Vela celeste è l’unica che non sarà abbattuta ma riqualificata attraverso il progetto Re-Start Scampia: è stato avviato dall’amministrazione di Luigi de Magistris e poi portato avanti da quella attuale di Manfredi.

Dopo la vittoria alle elezioni del 2021, la giunta di centrosinistra guidata da Manfredi ha ampliato il progetto con i fondi europei messi a disposizione dal PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza con cui verranno spesi i finanziamenti europei del Recovery Fund. Sono stati previsti 156 milioni di euro per completare l’abbattimento delle Vele e costruire nuovi complessi di edilizia residenziale pubblica; un asilo nido da circa 50 posti e una scuola dell’infanzia da 120; un centro civico con funzioni sociali e culturali; nuove strutture commerciali; laboratori artigianali e piccole botteghe; un nuovo parco urbano. Inoltre è prevista la riqualificazione di una grande area di fronte alla stazione della linea 1 della metropolitana. Circa 1.400 appartamenti sono già stati costruiti.

Nella Vela celeste saranno ricavati uffici pubblici del comune e della città metropolitana, l’ex provincia. Prima però dovranno essere costruiti 433 nuovi appartamenti per spostare le ultime 450 famiglie che abitano ancora nelle Vele. I lavori sono iniziati a maggio. Nel frattempo, lunedì 29 luglio, ci saranno i funerali delle persone morte nel crollo della scorsa settimana.